Elena Bonetti Ministro Famiglia

«Ai genitori prometto smart working e congedi»

Il 14 settembre riapre la scuola. E finisce il diritto, per mamme e papà, di lavorare da casa. Ma se scatteranno nuove chiusure? «Torneranno le agevolazioni» dice Elena Bonetti, ministra per la Famiglia. Che a Donna Moderna conferma anche le riforme del Family Act: assegno universale e incentivi per l’occupazione femminile

Il 14 settembre è una data su cui si concentrano tante aspettative e ansie delle famiglie italiane: è il giorno in cui si riapre la scuola, ma si chiude il diritto allo smart working previsto dal decreto Rilancio per i genitori lavoratori con almeno un figlio minore di 14 anni, mentre il bonus baby sitting e il congedo parentale straordinario sono già scaduti il 31 agosto.

Proprio di queste incognite che accompagnano la ripresa delle lezioni in classe parliamo con Elena Bonetti, che il 5 settembre festeggia il suo primo anno come ministra per le Pari opportunità e la Famiglia.

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Madre di un ragazzo e una ragazza e – prima di diventare ministra – docente di Analisi matematica all’università Statale di Milano, Elena Bonetti sottolinea il ruolo cruciale della scuola: «Ai bambini va garantito il diritto a un luogo e a una comunità educanti». Un luogo e una comunità la cui mancanza nei mesi del lockdown ha penalizzato in particolare quel 40% di bambini e ragazzini che – dicono i dati dell’Istat – vivono in abitazioni sovraffollate o non hanno gli strumenti tecnologici adatti per accedere alla didattica a distanza: «Come ministero abbiamo investito 15 milioni di euro» spiega Elena Bonetti «che verranno adesso messi a bando per progetti volti a risanare i processi di potenziale aumento della povertà educativa».

Ora che si torna alle lezioni in presenza, i genitori si chiedono: “Se la classe di mio figlio viene messa in quarantena, come farò con il lavoro?”

«La riorganizzazione dell’anno scolastico deve avvenire in piena sicurezza e serenità. Dobbiamo essere pronti ad affrontare tutti gli scenari possibili e in ogni luogo d’Italia. Le linee guida elaborate dal ministero della Salute e da quello dell’Istruzione stabiliscono che in caso di certificazione di casi positivi di Covid in una classe, tutti i compagni restano a casa per 2 settimane. Per permettere ai genitori di prendersi cura dei figli in quarantena ho fatto predisporre un emendamento per riproporre gli strumenti che già avevamo messo in atto nella prima fase del lockdown da Coronavirus, come il diritto allo smart working per chi ha figli sotto i 14 anni».

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Ma, vuoi per il tipo di mansioni svolte, vuoi per problemi di connessione alla Rete, lo smart working non è per tutti

«La mia proposta è anche riattivare i congedi parentali straordinari retribuiti per chi ha figli con meno di 12 anni, congedi che valgono per i lavoratori dipendenti e anche per le partite Iva e i liberi professionisti. Non ho proposto, invece, il bonus baby sitter perché non è uno strumento adeguato in caso di quarantena, cioè se un bambino deve stare a casa perché è entrato in contatto stretto con un positivo».

I congedi, durante il lockdown, in quasi 8 casi su 10 sono stati richiesti dalle mamme. E sono sempre le donne – lo dicono già allarmanti sondaggi – a temere di dover lasciare il lavoro se dovranno ancora seguire i figli a casa da scuola

«È vero e qui va fatta una distinzione importante. Dobbiamo adottare provvedimenti che consentano di affrontare subito situazioni straordinarie, come può essere una classe in quarantena. Ma servono interventi strutturali. Li abbiamo inseriti nel Family Act (il disegno di legge delega che prevede misure per le famiglie con figli e per i giovani, ndr) per fare in modo che ci sia una vera condivisione del carico di cura domestica ed educativa tra madri e padri. Occorre, per esempio, introdurre elementi di premialità per i congedi parentali paritari. In concreto: dove sarà possibile a entrambi i genitori prendere il permesso, se lo utilizzeranno in egual misura padre e madre questi riceveranno come “premio” o più giorni di congedo o un aumento di stipendio». 

Chi dovrebbe pagare questi ulteriori costi, l’azienda?

«No, sono misure previdenziali, sarebbero a carico dell’Inps. Vorremmo creare un sistema che riconosca che il congedo parentale non è solo un diritto del lavoratore, c’è un dovere sociale che si sta esercitando da parte del genitore e del contesto lavorativo. Ricordo che anche l’esperienza della genitorialità è un bene che viene fatto e offerto alla collettività. Un genitore che va al colloquio con i professori sta esercitando un dovere e rafforza l’alleanza scuola-famiglia per l’educazione dei giovani. Per questo, sempre nel Family Act, prevediamo che quelle ore siano retribuite pienamente».

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Il Family Act non è ancora legge. A che punto siamo con l’approvazione?

«A giugno ha avuto il via libera dal consiglio dei ministri, inzia ora l’iter parlamentare. Ha 5 pilastri: assegno unico universale, riforma dei congedi parentali, incentivo al lavoro femminile, sostegno delle spese educative, incentivo al lavoro e al protagonismo dei giovani. Abbiamo voluto velocizzare il percorso parlamentare della parte che riguarda l’assegno unico universale, che verrà pagato dallo Stato dal 7° mese di gravidanza al 21° anno del figlio: è già stata approvata alla Camera dei deputati il 21 luglio con voto unanime, compreso quindi quello delle opposizioni, andrà in Senato questo mese. Conto che diventi legge entro ottobre-novembre perché dobbiamo fare i decreti attuativi per rendere lo strumento operativo dal 2021».

«Non ho riproposto il bonus baby sitter perché non è uno strumento adeguato in caso di quarantena, cioè se un bambino deve stare a casa perché è entrato in contatto stretto con un positivo»

Bene l’assegno, ma spesso le italiane rinunciano del tutto ad avere un figlio perché temono sia inconciliabile con il lavoro. Oggi, però, sono bassi sia il tasso di natalità sia quello di occupazione femminile. Alto è solo il numero di donne che si licenziano dopo essere diventate madri

«La riforma globale prevista dal Family Act mira proprio a favorire percorsi di inclusione lavorativa per le donne. Questo significa riconsegnare loro la libertà di non dover scegliere tra il lavoro e la maternità e produrrà un valore aggiunto che darà benefici economici all’intero sistema. Tra gli strumenti  ci sono i corsi di formazione in ambito digitale, Stem e finanza, settori in cui le donne sono meno presenti e meno valorizzate. Un ruolo chiave lo gioca poi la decontribuzione del lavoro femminile e questo è uno dei progetti che ho proposto per l’utilizzo del Recovery fund, il fondo Ue. Occorre anche dare forte sostegno all’imprenditoria femminile e prevedere la possibilità di scaricare spese per gli aiuti domestici. Per due ragioni: per far emergere il lavoro nero e perché per ogni donna che va a lavorare – dicono gli studi – c’è un fattore moltiplicativo di creazione di posti di lavoro aggiuntivi che è più di 1».

Quando lei era dirigente dell’Agesci, associazione guide e scout, ha coinvolto in un grande progetto 30.000 giovani che in una “Carta del coraggio” hanno indicato quale fosse il loro impegno per l’Italia e l’Europa. Quale dovrebbe essere la “Carta del coraggio” del governo Conte?

«Credo che oggi la “Carta del coraggio” del governo sia attivare il protagonismo dei giovani; lo avevamo inserito nel Family Act e lo ha detto chiaramente Mario Draghi (durante il suo intervento al Meeting di Rimini del 18 agosto, ndr). Dobbiamo essere consapevoli che le risorse che stiamo usando sono risorse che loro pagheranno. Occorre promuovere processi di miglioramento, non risposte sui bisogni solo dell’oggi. Questo è il coraggio di una politica che sa generare futuro, non rincorrere il passato».

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A chi spetta il congedo straordinario

Il congedo speciale Inps, che dovrebbe essere reintrodotto in caso di quarantena, può essere utilizzato frazionato o continuativamente, spetta in aggiunta a quello ordinario ai lavoratori con figli fino ai 12 anni di età. Garantisce il 50% della retribuzione per i dipendenti o del reddito giornaliero agli iscritti alla gestione autonoma Inps e agli autonomi. Possono beneficiarne anche i genitori che abbiano figli tra i 12 e i 16 anni, ma in questo caso non è prevista alcuna indennità. Il limite dei 12 anni di età non si applica per chi ha figli disabili in situazione di gravità accertata.

I NUMERI E LE INCOGNITE

• L’Istat conta in in Italia 3,4 milioni di bambini tra gli 0 e i 6 anni, 4 milioni tra i 6 e i 12 anni.
Il 29% dei piccoli tra gli 0 e i 6 anni ha sia la mamma sia il papà lavoratori. La percentuale sale al 45% per i ragazzini tra i 6 e i 17 anni.
I genitori single sono 2 milioni.

• Secondo una ricerca svolta dal dipartimento di Scienze umane per la formazione dell’università Bicocca di Milano, il 30% delle mamme lavoratrici pensa di lasciare il lavoro nel caso in cui l’anno scolastico 2020/2021 riprenda con la didattica a distanza.

• Un sondaggio della piattaforma di servizi alla famiglia Yoopies dice che nel 56% delle famiglie nessuno dei 2 genitori (o il genitore single) avrà la possibilità di rimanere a casa con i bambini. Dovranno così scegliere tra l’interruzione del lavoro di un genitore – disoccupazione, aspettativa non retribuita – e il pagamento di una tata full time.

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