Michela Andreozzi

Michela Andreozzi: una risata contro il bodyshaming

Michela Andreozzi è la Greta Gerwig italiana («o almeno ci provo!»). Una regista che usa la commedia per esplorare la femminilità «senza dare lezioni». E nel nuovo film Pensati Sexy parte dal sesso e arriva a parlare di autostima, di come imparare a piacerci. Con l’aiuto di una star del porno

Se c’è una cosa che non manca a Michela Andreozzi è l’ironia. Un’ironia leggera, dolce, che mette in ogni cosa: nel modo in cui ti guarda, nel modo in cui ti parla, nel modo in cui racconta le storie nei film che dirige. Sempre col sorriso. Come in Pensati sexy, commedia con Diana Del Bufalo, Raoul Bova, Alessandro Tiberi e Valentina Nappi (su Prime Video dal 12 febbraio) che affronta il tema della “self confidence”, dello stare bene con se stesse, senza mai cadere nella trappola dell’how-to-do o della seduta di autoanalisi, ma con una rara delicatezza anche quando fa un piccolo salto nel recinto della sessualità.

Pensati sexy, il film con Diana Del Bufalo e Valentina Nappi

Il ruolo affidato a Valentina Nappi, professione pornostar, è quello di guidare la protagonista – Maddalena, 30enne un po’ imbranata e con l’autostima sotto i tacchi – a piacersi, a volersi bene. E anche a osare. Come un angelo custode speciale. A interpretare Maddalena, con mutandoni e felpone alla Bridget Jones, è Diana Del Bufalo. «L’ho scelta proprio perché in passato, quando partecipava ad Amici di Maria De Filippi, era curvy e non si sentiva bene con se stessa. Conosce la sensazione di disagio nei confronti del proprio corpo, che è quello che ci serviva» mi racconta Michela Andreozzi, 54 anni, romana, mentre passeggia con il suo cane Renato. Mi rivela anche che, per il ruolo, Diana ha preso diversi chili sulle braccia, sul viso, sul seno, ma in alcune scene in cui è nuda aveva una “body double” (si chiamano così le attrici che fanno da controfigura). «Se la vedi ora in tournée con Cabaret, è skinny».

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Diana del Bufalo come Bridget Jones

Si è messa in gioco.

«Lei è una che non ha mai nascosto le sue fragilità, se sta male lo dice. Ha sempre condiviso la propria vulnerabilità. Aveva l’obiettivo di sentirsi meglio, cosa che l’ha portata a dimagrire naturalmente. Ma l’ho scelta anche perché è un genio dell’umorismo. L’ha vista quanto è brava? È Renée Zellweger».

Maddalena ricorda infatti Bridget Jones.

«È una Cenerentola che va al ballo vestita di stracci. Non cambia fuori, cambia dentro. E secondo me è questa la rivoluzione di oggi: Cenerentola non ha più bisogno della fata madrina che la copre con un abito meraviglioso, ma di una fata cattiva, che le dice: “Vai bene così”».

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Valentina Nappi, la pornostar, è la madrina cattiva

E la fata madrina è una pornostar.

«L’ho sparata grandissima questa volta! (ride, ndr)».

Tornando alla self confidence…

«Diana conosceva quel disagio che si può provare nel non essere come vorresti. E che dobbiamo combattere un po’ alla volta, capendo che non c’è niente che non vada in come siamo “fuori” e che le cose da risolvere le dobbiamo risolvere dall’interno, tra noi e noi».

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Essere sexy significa stare bene con se stesse

È importante per una donna sentirsi sexy?

«È una questione che ha a che fare con la femminilità. Demonizzare la sessualità femminile, giudicare la voglia di sentirsi sexy, significa limitare il rapporto che abbiamo con noi stesse. Il corpo è nostro, lo abitiamo, ha delle possibilità, è uno strumento di contatto con l’altro. E anche di piacere. Criticare il desiderio fa parte ormai di un pensiero vetusto: essere sexy in realtà significa avere la percezione sana della propria sessualità e del proprio desiderio di interagire con altri corpi, di provare piacere senza delegarlo a nessuno. È un nostro diritto sentirci soggetti sessuali, non oggetti. Lo dice anche Valentina a un certo punto del film».

C’è una scena in cui le donne sono chiuse nelle scatole delle bambole, messe in fila come su uno scaffale di giocattoli.

«Pazzesco, no? Lo abbiamo fatto prima di Greta Gerwig, la regista di Barbie (ride, ndr). Scherzo, naturalmente. Ma io un po’ cerco di essere la Greta Gerwig italiana, anche perché entrambe abbiamo una filmografia schizofrenica: dalla commedia indipendente a quella mainstream a quella più impegnata. La voglio prendere come modello».

Dopo quella scena Valentina dice a Maddalena: “Non farti scegliere. Sei tu che devi scegliere”.

«Che cosa può succedere se scegli? Al massimo otterrai un rifiuto. Ma cos’è rispetto alla libertà di scegliere? Significa “voglio quello” ma anche “non voglio”».

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In un film che tratta di sessualità c’era il pericolo di cadere in qualche trappola. Lei invece è riuscita a farci ridere senza scivolare.

«Pensi che i filmati porno di Valentina che ci servivano per le sequenze in cui Maddalena va a cercare su Internet consigli su come essere sexy li ho girati io (ride, ndr). Valentina ha portato un collega per simulare l’atto, ma in realtà era super vestita. E sa un’altra cosa? Avevamo anche un intimacy coordinator. Ormai ce l’hanno tutti, per mettere a proprio agio gli attori sul set mentre si girano le scene di sesso. Anche se per Valentina non ce n’era proprio bisogno: è una persona autonoma, indipendente, padrona delle sue azioni».

Questa cosa l’ha colpita?

«È una donna molto consapevole delle scelte che ha fatto. Ha un rapporto col suo corpo completamente libero. Però è anche una che ti si avvicina piano».

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«Ho fatto un film dedicato a tutte le donne»

Cosa le ha insegnato dirigere questo film?

«Sono partita con un progetto, alcune certezze e tante domande. Sono stata coinvolta da subito da Daniela Delle Foglie, un’autrice straordinaria che aveva visto in me la regista giusta per raccontare in modo virtuoso questa storia. Parlare di sesso in questa epoca di femminismo era scivoloso, quindi siamo state attente. L’abbiamo usato , in qualche modo come antidoto alle pressioni sociali di certi standard, che qui sono rappresentati dall’influencer, dalle richieste della madre… All’inizio pensavo di fare un film sulla body positivity per le Millennial. Mi sono resa conto che invece ho fatto un film dedicato alle donne anche di altre generazioni che riguarda più in generale l’autostima, l’inconscio, il modo in cui ci autosabotiamo, il nostro bisogno di dialogo. Per spiegarlo con una battuta: io vado dallo psicologo da una vita e quando a volte gli dico “Ho pensato questo…”, lui mi risponde “Ma lei perché dà retta a tutto ciò che pensa? Mica pensa sempre nel modo giusto”».

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Lei ha iniziato a girare lungometraggi nel 2017 con Nove lune e mezza…

«L’ho appena rivisto. Sa che fa ridere? Certo, quello della Gpa (gestazione per altri, ndr) è un temone ancora valido. Poteva uscire anche oggi e sarebbe stato perfetto. Comunque finora ho fatto 5 film. Posso ormai dire di essere una regista».

Sempre usando il linguaggio della commedia.

«Il mio obiettivo non è fare la lezioncina, ma condividere un punto di vista personale. Io la butto sempre sul ridere, è la mia natura. E poi credo nella nobiltà della commedia, che a volte è considerata di serie B. Un po’ come le donne rispetto agli uomini. Pensi a me che sono donna e faccio commedie per le donne…».

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