Cambiamento climatico e smog non rappresentano solo una minaccia per l’ambiente, ma anche una crescente emergenza sanitaria con impatti tanto diretti quanto indiretti sulla pelle. A lanciare l’allarme sono gli esperti della SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse) secondo i quali l’aumento delle temperature, l’inquinamento atmosferico e l’intensificazione di eventi climatici estremi stiano compromettendo in modo significativo la salute della pelle.

Clima e pelle: il riscaldamento globale e i danni da UV

L’esposizione prolungata a temperature elevate e radiazioni ultraviolette intensificate aumenta il rischio di scottature, invecchiamento precoce e tumori cutanei. La diminuzione dello strato di ozono è un fattore aggravante: si stima che ogni calo dell’1% dello spessore dell’ozono comporti un incremento dell’1-2% dei melanomi, fino al 4,6% dei carcinomi squamocellulari e del 2,7% dei carcinomi basocellulari.

«Le radiazioni ultraviolette sono un noto fattore di rischio per i tumori della pelle e la loro intensificazione a causa del cambiamento climatico può aggravare ulteriormente questa problematica – spiega Annunziata Dattola, professoressa associata di Dermatologia all’Università Sapienza di Roma e segretaria generale dell’Icd -. Inoltre, l’impatto dell’inquinamento atmosferico non si limita all’apparato respiratorio. La pelle è costantemente esposta all’ambiente e risente in modo diretto dell’aumento di particolato e altre sostanze tossiche che compromettono la barriera cutanea e favoriscono condizioni come acne, eczema e infiammazioni croniche. L’incidenza delle malattie cutanee infiammatorie e infettive aumenta in modo significativo dopo eventi meteorologici estremi come inondazioni e ondate di calore».

CO2 e pollini, allergie cutanee in aumento

Temperature più alte e concentrazioni elevate di CO2 stimolano la crescita di piante allergeniche, aumentando la presenza di pollini nell’aria. Un rischio concreto per chi è predisposto alle allergie cutanee, con manifestazioni come orticaria e dermatiti allergiche.

L’aumento dell’umidità relativa e delle precipitazioni in alcune regioni sta anche favorendo la proliferazione di muffe e acari della polvere, con un aggravamento di dermatiti atopiche e altre condizioni allergiche della pelle. La dermatite atopica, soprattutto in età pediatrica, colpisce i bambini tra il 5 ed il 20% e vari studi indicano un aumento del 14-31% nei ricoveri d’emergenza per dermatite atopica dopo inondazioni e un incremento del 20-40% delle esacerbazioni della dermatite atopica e della psoriasi nelle aree urbane.

Smog e clima, anche la pelle ne risente

Freddo estremo e pericoli per la pelle

Anche il freddo estremo non è meno pericoloso: in Cina è stato osservato un aumento del 160% delle visite per dermatite atopica quando la temperatura scende sotto lo zero rispetto alla media ottimale di 22,8°C. In Giappone, uno studio su oltre 100.000 bambini ha rilevato che una bassa pressione di vapore atmosferico accresce del 26% il rischio di sviluppare dermatite atopica nei primi tre anni di vita.

Acqua e igiene, risorse in crisi

Un’altra minaccia è la difficoltà di accesso, in varie aree, ad acqua pulita e sicura. La scarsità d’acqua e la contaminazione delle fonti aumentano il rischio di infezioni cutanee, specialmente dopo eventi catastrofici come le alluvioni – che non risparmiano più il nostro Paese, in particolar modo in alcune regioni centro-settentrionali. «Senza accesso ad acqua pulita e sicura – aggiunge Dattola – le persone sono più vulnerabili alle infezioni cutanee. L’acqua contaminata può contenere batteri patogeni e sostanze chimiche nocive che possono alterare il microbioma cutaneo predisponendo la pelle a irritazioni, infezioni fungine e infiammazioni croniche».

L’appello: «Strategie sanitarie e ambientali unite»

Serve un approccio integrato per affrontare questi rischi, sottolineano gli esperti: «Gli effetti del cambiamento climatico sulla pelle sono molteplici e complessi, interconnessi da vari fattori ambientali – spiega il professor Giuseppe Argenziano, presidente SIDeMaST -. È quindi necessario adottare misure di mitigazione e adattamento per affrontare queste sfide e proteggere la salute dermatologica della popolazione. Strategie di prevenzione, come l’uso di filtri solari avanzati, la protezione dall’inquinamento e il miglioramento delle abitudini igieniche, devono essere integrate con politiche ambientali volte a ridurre le emissioni di gas serra e migliorare la qualità dell’aria».

In conclusione, aggiungono Argenziano e Dattola, «promuovere la consapevolezza e l’educazione sulla cura della pelle in un’epoca di cambiamenti climatici è essenziale per prevenire rischi e migliorare il benessere delle persone. Al contempo, è fondamentale che la ricerca scientifica prosegua nell’analisi degli effetti ambientali sulla salute della pelle, al fine di sviluppare soluzioni innovative per proteggerla e prevenire patologie dermatologiche».