Il tumore al seno è la più frequente neoplasia femminile (1 tumore su 3 è mammario). In Italia colpisce poco più di 50mila donne all’anno, con un’incidenza pari al 14% di tutte le nuove diagnosi di cancro della popolazione.

Nonostante questi numeri, non mancano le buone notizie: il cancro al seno è anche uno di quelli che presenta i più alti tassi di guarigione. Le probabilità di guarire aumentano quanto più la diagnosi è precoce. «Se un tumore viene diagnosticato tempestivamente – quindi in forma piccolissima – porta alla guarigione nell’80% dei casi. Ecco perché le due parole chiave da tenere a mente sono prevenzione e diagnosi precoce, a qualsiasi età» – rassicura la dottoressa Doris Maria Mascheroni, Responsabile dell’Unità Operativa di Medicina e Oncologia dell’Istituto Clinico Villa Aprica di Como, di Gruppo San Donato, ospedale Bollini Rosa ONDA.

Prevenzione e diagnosi precoce del tumore al seno

«In linea generale, la prima prevenzione del tumore al seno riguarda lo stile di vita corretto, come per tutti i tumori. È bene, cioè, evitare il fumo, l’eccesso di alcol, la vita sedentaria e il sovrappeso o l’obesità, poiché il tessuto adiposo produce estrogeni, coinvolti nella formazione delle neoplasie mammarie» – ricorda l’oncologa.

Per quanto concerne, invece, gli esami diagnostici bisogna fare alcune distinzioni in base alle fasce di età, perché queste incidono sulla probabilità di insorgenza. «Il cancro al seno è il tumore più frequente fino a 49 anni con il 41% di incidenza, mentre dai 50 ai 69 anni le diagnosi scendono al 35% per poi ridursi ulteriormente al 22% nelle donne over 70» – precisa la dottoressa.

In Italia lo screening del tumore al seno offerto dalla sanità nazionale è rivolto a donne dai 50 anni in poi, anche se in alcune regioni si stanno sperimentando programmi di prevenzione a partire dai 45 anni. Ma cosa suggerire alle donne più giovani? «Al di fuori delle fasce di età considerate a rischio, e anche delle pazienti con fattori di rischio, non sono indispensabili dei controlli di routine, a meno che una donna non riscontri disturbi particolari. Per questo motivo è importante eseguire periodicamente l’autopalpazione, che è il primo step di prevenzione, oltre che di attenzione alla propria salute che consiglio già a 20 anni».

L’autopalpazione, primo step di prevenzione

In cosa consiste? «L’autopalpazione si effettua la settimana dopo il ciclo, e prevede 2 operazioni semplicissime: osservare e palpare la mammella, sia supine che in piedi, davanti allo specchio. Guardare permette di individuare eventuali cambiamenti della pelle o del capezzolo, come ulcerazioni, raggrinzamenti tipo buccia d’arancio, indurimenti e arrossamenti, soprattutto se localizzati in un’aerea. E poi bisogna fare attenzione a secrezioni di sangue dal capezzolo che possono essere segni di precancerosi (le secrezioni siero o latte sono benigne)» – spiega la dottoressa.

La palpazione si esegue con mano abbastanza leggera in senso rotatorio, e permette di notare se ci sono noduli che prima non c’erano, che possono essere duri, mobili, in profondità o in superficie. Tutti questi segnali devono invitare subito la donna a rivolgersi al proprio medico o al senologo, anche perché nella maggioranza dei casi da sola non è in grado di valutare l’entità del sintomo. «Spesso lei teme di avere noduli sospetti e invece sono cisti benigne».

Visita, ecografia e mammografia, secondo step

Il passo successivo riguarda gli esami diagnostici «la famosa tripletta di visita, ecografia e mammografia che il medico prescrive sotto i 40-45 anni in caso di sospetto, ma anche in caso di familiarità, quando cioè in famiglia è presente la mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2 che predispone allo sviluppo del tumore al seno. Quest’ultimo fattore non indica la certezza di ammalarsi, ma una probabilità, e per questo sono consigliati controlli regolari anche sotto i 45 anni». Nulla vieta però di effettuare una consultazione con il proprio medico anche solo per chiedere un parere.

Per quanto riguarda gli strumenti diagnostici, negli ultimi anni si sono molto perfezionati, riuscendo a evidenziare formazioni neoplasiche più piccole di 1 cm o microcalcificazioni patologiche senza un nodulo preciso, che possono indurre a sospettare la presenza di un cancro. «Naturalmente la certezza della diagnosi la sia solo attraverso l’esame citologico, cioè l’analisi al microscopio del tessuto prelevato con l’ago aspirato o attraverso l’esame istologico con una biopsia.

Gli esami a cui sottoporsi? «In genere, alle donne giovani è suggerita l’ecografia, più indicata nel rilevare eventuali anomalie del tessuto ghiandolare denso, tipico delle under 40, anomalie che potrebbero sfuggire alla mammografia. In caso di sospetti o noduli, si passa alla mammografia vera e propria.

In alcuni casi, si prescrive anche la risonanza magnetica, come ad esempio in presenza di alto rischio per motivi genetici o di protesi al seno, che potrebbe ostacolare la visualizzazione nitida da parte dell’ecografia e della mammografia» – conclude la dottoressa Mascheroni.