Come litigare

IMPARA A GESTIRE LA RABBIA

Attenzione alle modalità di litigi e discussioni all’interno del vostro nucleo familiare. Quando volano parole grosse, o ancora peggio oggetti, ma anche se ci sono silenzi pesanti, verità non dette, tensioni che si soffocano o discutono dietro la porta, credendo di dover preservare i bambini. Da che mondo è mondo, non è mai bastata una porta per tenere lontani i bambini dalla comprensione di ciò che accade. Osserva la foto qui sopra: non possiamo sentire le parole, ma l’espressione è sufficiente per capire il momento. Sguardi saettanti pieni di rabbia, braccia che gesticolano come una minaccia incombente, postura rigida: tutti sintomi di uno stato di tensione emotiva. Questo è quello che vede un bambino piccolissimo che, a differenza degli adulti, non si concentra sulle parole, ma osserva i movimenti. Il non verbale occupa il 90% della comunicazione. Imparare a esprimere il proprio punto di vista senza urlare all’inizio può essere molto difficile, ma quando diventa un impegno di coppia accade una trasformazione a livello familiare. Il primo livello su cui agire? La tendenza a da re la caccia al responsabile e darsi la colpa a vicenda, a cui molti di noi sono stati abituati fin da piccoli.

Evita di dare la colpa

NON CERCARE UN COLPEVOLE

È un classico e probabilmente da piccolo te lo sarai sentito dire molte volte, soprattutto se eri un bambino vivace: «Di chi è la colpa?». Accade un piccolo guaio, un vetro rotto o un pasticcio, e subito da parte degli adulti scatta la domanda fatale. Abbandona l’atteggiamento inquisitorio, che accentua la pesantezza del senso di colpa, aumenta l’angoscia e blocca il bambino in una condizione di paura. In questi casi è preferibile adottare un punto di vista più ampio e informarsi dell’accaduto con una domanda del tipo «Che cos’è successo? Spiegami». Chiedere ai bambini di spiegare se stessi e il loro comportamento è qualcosa che facciamo pochissimo, ma in realtà costituisce uno stimolo importante per la crescita e l’indipendenza mentale. Evita che suoni come un’imposizione, sii autenticamente interessato, parla con un tono di voce calmo e rassicurante. L’invito a esprimere il suo personale punto di vista aiuterà il bambino a liberare le emozioni e, nel tempo, contribuirà ad accrescere il suo senso critico, migliorando la capacità di assumere la responsabilità di se stesso e delle proprie azioni.

Accetta opinioni diverse

SPIEGA LE REGOLE

Sei capace di accettare opinioni diverse dalle tue? Pensare di saperlo fare spesso soccombe alla prova dei fatti e, soprattutto quando il dissenso è in famiglia, il dramma non ha fine. Non è affatto detto che i figli debbano avere idee e desideri identici ai nostri: dimentichiamo costantemente questa semplice verità, che il periodo dell’adolescenza poi riporta immediatamente in primo piano. In fondo ciò che si scatena durante l’adolescenza è la rivendicazione a sbagliare con la propria testa, pensare da soli. Naturalmente questo non deve significare l’assenza di regole, o lasciare solo e isolato un bambino. Il passo in più da fare è aiutare i bambini, e ancor più i ragazzi, a diventare consapevoli delle ragioni profonde al di sotto dello strato superficiale di una regola. Dopo tutto, sono ben poche le affermazioni valide in assoluto: nella maggior parte dei casi adottiamo come regola ciò che si è rivelato utile nella nostra esperienza, dunque qualcosa che in fondo è relativo. Pensa a te, da giovane adolescente. Se invece di ascoltare urli e ordini, qualcuno avesse condiviso con te un frammento di vita, probabilmente l’empatia e la comprensione verso i genitori sarebbero state più facili, non una lotta all’ultimo sangue.

Educazione consapevole

SII CONSAPEVOLE

«Ciascuno cerca di presentare il suo punto di vista o comportamento o caratteristica come migliore di quella dell’altro. Ciascuno cerca di mettersi nel giusto, di vincere» spiega l’antropologa Pat Patfoort, che si occupa da anni di educazione nonviolenta e in Belgio ha creato un Centro per la gestione nonviolenta dei conflitti. Secondo l’autrice per cambiare approccio è necessario porsi in «Equivalenza» con l’altro: una condizione che richiede un lavoro interiore su se stessi, non solo come genitore, ma come individui. Fare questo passo e nutrire la propria forza interiore significa essere consapevoli di ciò che si prova, emozioni, conflitti, mancanze, desideri, angoscia, in modo da non proiettare sui bambini ciò che, in definitiva, appartiene solo a noi. Non mentire a se stessi e abbracciare la propria vulnerabilità senza vergogna, né sensi di colpa è liberante. Per noi e per i nostri figli, ma anche per il bambino che risiede nel cuore di ogni essere umano. Dentro, siamo tutti piccoli.