Infezioni respiratorie, bronchiolite e polmonite. I neogenitori ne sentono parlare sempre più spesso. Risale infatti a circa un anno fa la notizia che la piccola di casa Ferragni, Vittoria, era stata ricoverata in ospedale per una bronchiolite causata dal virus respiratorio sinciziale (RSV). Si tratta di un virus molto diffuso e molto noto che, se nei bambini più grandi (sopra 5 anni) di solito provoca rinofaringiti, febbre o tosse, nei neonati e nei lattanti può portare invece a bronchioliti e polmoniti anche in forme severe e tali da richiedere la terapia intensiva e l’intubazione. Ogni anno sono 3 milioni e 200mila i bambini nel mondo che vengono ricoverati in ospedale per complicazioni dovute a questo virus, che nei piccoli (sotto l’anno d’età) rappresenta la causa principale di ricovero per patologia respiratoria.
Mumistheceo e la malattia della sua bambina
È successo anche alla piccola Lea Celeste, l’ultima nata di Benedetta De Perna, l’influencer di Mumistheceo. Ha raccontato le sue vicende a più di 100mila followers dal suo profilo Instagram proprio per sensibilizzare su questa malattia e aiutare altri genitori a riconoscerla, capirla e informarsi. Ora la bimba sta bene e ha 11 mesi ma ha rischiato di morire. «Lea Celeste è stata ricoverata un mese, intubata in terapia intensiva per 13 giorni e poi col casco. Ha preso antivirali, antibiotici e oppiacei per il dolore, poi un’infezione ospedaliera l’ha costretta ad altri 10 giorni in ospedale. Io con lei, le altre bimbe a casa, i turni con il mio compagno: ora queste vicende, con le immagini e le sensazioni che si portano dietro, appartengono al passato, ma il rischio è comunque sempre presente» prosegue la blogger. «È iniziato tutto con il nasino chiuso e, in un attimo, durante un lavaggio nasale la bambina è andata in apnea e non respirava più. L’ha salvata la tata della mia vicina con una manovra particolare. Da lì la corsa in ospedale e l’inizio di un calvario durato settimane». In questo calvario sono coinvolti due ospedali e due diversi ricoveri, la bimba attaccata alla bombola dell’ossigeno, la sua mamma impotente che non può neanche nutrirla. «La notte più drammatica è stata la prima, in cui lei era in terapia intensiva dove le veniva monitorato il cuore e io, lì accanto, che non potevo allattarla mentre piangeva dalla fame».
I sintomi del virus respiratorio sinciziale (RSV)
Uno strazio ormai passato, ma che pesa ancora. Benedetta De Perna, che ha anche appena scritto il libro Racconti per mamme insonni, ha altre tre figlie, Beatrice, Catia Vittoria e Nina, dai 6 ai 2 anni, e una paura che resta. Resta soprattutto la paura di non capire la malattia e non saper riconoscerne i sintomi. Ce li spiega la dottoressa Elena Bozzola, pediatra infettivologa all’ospedale Bambino Gesù e consigliera nazionale della Società Italiana di Pediatria. «I neonati e i lattanti smettono di mangiare e hanno difficoltà a respirare, il naso chiuso e il battito cardiaco accelerato. Sono importanti una diagnosi precoce e un intervento tempestivo: lattanti e neonati rischiano infatti la disidratazione se non si alimentano in modo regolare».
Il boom di casi di RSV nel 2021
Ma perché lo scorso autunno si è assistito a un vero e proprio boom di casi? «L’infezione nel 2021 è cresciuta con un ritmo molto intenso e in anticipo di due mesi rispetto agli altri anni, probabilmente anche a causa del Covid» spiega la dottoressa Bozzola. «Il virus sinciziale è uno dei virus più comuni: entro i due anni, la quasi totalità dei bambini lo incontra almeno una volta. Tutti i bambini sono a rischio di infezioni del tratto respiratorio portate da questo virus, anche se nella maggior parte dei casi non si tratta fortunatamente di forme gravi». Durante la pandemia da Covid 19 il virus sembrava essersi preso una pausa: «Le misure restrittive, il lockdown, il distanziamento, le mascherine e la maggiore igiene grazie al lavaggio delle mani, sicuramente hanno permesso la riduzione di questa, come di tante infezioni che si trasmettono per via aerea. A ciò si aggiunga il fatto che anche le mamme, che prima venivano a contatto con il virus in gravidanza e sviluppavano anticorpi, durante il lockdown non hanno incontrato quasi nulla». Ecco perché a un certo punto, con le restrizioni allentate, il virus è tornato a far parlare di sé, riempiendo gli studi pediatrici, i pronto soccorso e i reparti di degenza. «E questo è accaduto in Italia e in tanti paesi europei ed extraeuropei, dove addirittura ci si è trovati spesso di fronte a un virus ancora più aggressivo» aggiunge la dottoressa Bozzola.
I 3 fronti di ricerca per proteggere tutti i bambini
Da qui, l’esigenza di protezione per tutti i neonati e per i bambini più piccoli. Una protezione che per il momento esiste solo per i neonati prematuri e per i bambini con alcune gravi patologie, sicuramente più a rischio di sviluppare manifestazioni cliniche severe. Protezione che si sta cercando di estendere a tutti i neonati e i bambini, anche quelli nati a termine e sani, anche loro a rischio RSV, i quali rappresentano la maggior parte dei bambini che negli ultimi tempi sono stati più colpiti dal virus, proprio perché non protetti. Ci si sta lavorando da anni, con un’accelerazione proprio negli ultimi mesi. «Il CHMP dell’EMA (il Comitato per i Medicinali per uso umano dell’Agenzia Europea) ha appena raccomandato l’approvazione di un farmaco (un anticorpo monoclonale) per la prevenzione del virus respiratorio sinciziale in tutti i neonati e lattanti» prosegue la dottoressa. «Con una singola somministrazione – una puntura – si potrebbero proteggere i più piccoli per 5 mesi verso le manifestazioni cliniche più severe del virus, cioè proteggerli contro le infezioni delle vie aeree inferiori, quelle che possono portare al ricovero in ospedale o a cure in reparto di terapia intensiva pediatrica. Un’altra strategia su cui la scienza sta lavorando è il vaccino in gravidanza, che consentirebbe di far nascere neonati già protetti, oppure – ancora – si sta studiando un vaccino pediatrico, che però rischia di lasciare scoperto il neonato nei primissimi mesi di vita, quelli cioè in cui il bisogno di protezione è maggiore perché maggiore è il rischio di forme gravi».
I genitori vogliono essere informati: la sfida di #Perchésì 2022
L’allarme tra le mamme e i papà, in attesa di una soluzione di prevenzione, intanto rimane e torna ad accendersi in questo periodo, con i primi freddi alle porte e l’arrivo dell’influenza. I genitori hanno bisogno di sapere, capire, conoscere. La loro necessità di avere informazioni è dirompente e pressante come le richieste dei loro neonati, soprattutto dopo la pandemia. Lo dimostra l’indagine Genitorialità e prevenzione delle malattie infettive svolta su un campione di 1.800 genitori da DoxaPharma in collaborazione con FattoreMamma e con il supporto di Sanofi.
L’indagine è stata presentata nell’ambito della quarta edizione di #PerchéSì, il contest e hackathon ideato e sviluppato da Sanofi in collaborazione con la scuola Holden e il patrocinio di ben tre società scientifiche – Sip, Società italiana di Pediatria, SitI, Società italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica e Sin, Società italiana di neonatologia – a supporto di una comunicazione corretta ed efficace in tema di prevenzione, che quest’anno sarà dedicata alle patologie da RSV. Si tratta di un’iniziativa che sta coinvolgendo, con un vero e proprio approccio di co-creazione, gruppi multidisciplinari composti da genitori, pediatri, igienisti e comunicatori per sviluppare insieme campagne di comunicazione volte a favorire l’informazione sul tema dell’RSV. Le campagne realizzate dai diversi gruppi saranno valutate da una giuria di esperti e i vincitori saranno premiati in un evento che si terrà il 9 novembre. #Perchèsì è un’iniziativa che ha il potere di andare a creare un forte impatto permettendo alle persone, genitori in primis, di essere informate con chiarezza e senza pregiudizi sui potenziali rischi dell’RSV nei primi anni di vita e sulla relativa prevenzione.
La paura dei genitori di non saper riconoscere le malattie
I genitori cercano informazioni chiare sulle malattie infettive. In seguito proprio al Covid, più di 1 neogenitore italiano su 3 (il 37 per cento) ricerca informazioni sulle malattie infettive che colpiscono i bambini da 0 a 3 anni. Solo il 10 per cento di loro, infatti, si ritiene adeguatamente informato. Oltre il 40 per cento vorrebbe avere informazioni chiare e corrette.
Il 35 per cento delle mamme vorrebbe ricevere queste informazioni già in gravidanza o durante il corso preparto e un elemento di preoccupazione dei genitori riguarda la difficoltà di riconoscere le malattie stesse, in particolare rispetto alle loro manifestazioni iniziali (9%), aspetto che non permetta ai genitori di intervenire tempestivamente. E per una mamma e un papà, proteggere il proprio bambino è la priorità assoluta.