Può essere un orsacchiotto, una pecorella, una bambola.
O persino un pezzo di stoffa, come la celebre coperta di Linus: senza di lui, il piccolo non si addormenta né accetta di restare al nido. È l’oggetto transizionale e serve, come sostituto della mamma, a traghettare il bambino verso l’autonomia.

«Intorno all’anno il piccolo capisce di non essere più un tutt’uno con la figura materna. Così se lei si allontana, lui si sente un po’ abbandonato» spiega la psicologa Francesca Santarelli. «Per questo ha bisogno di un compagno da abbracciare e coccolare sempre, sul quale spostare il suo bisogno di contatto per sentirsi al sicuro. Un bisogno forte che continua fino ai 5-6 anni».

L’oggetto transizionale è quindi un’ancora di salvezza per lui, ma anche un grande alleato per i genitori. Che non devono considerarlo un problema, ma trattarlo seguendo i consigli della psicologa.

Aspettare il “colpo di fulmine”: imporre un particolare oggetto è sbagliato: sarà il bambino a trovarlo. No anche alle critiche, neppure se il pupazzo è rotto o sciupato.

Comprendere (e non sminuire) il dramma del bambino quando perde il suo prezioso compagno. Per consolarlo, sarebbe bene trovarne una copia identica. O proporre spiegazioni come “Bubu è partito, è andato dalla sua mamma, ma, guarda, ha lasciato un amico di fiducia”.

Coinvolgere il bambino quando, a un certo punto, sarà inevitabile mettere il pupazzo in lavatrice. Non cercando di convincerlo che è sporco e va lavato. Ma descrivendogli il favoloso viaggio che farà in centrifuga.

Inventare una storia per evitare la crisi se, uscendo, lo dimentica a casa. Per esempio: “È rimasto nella tua cameretta perché vuole prepararti una sorpresa. Forse sta scrivendo una storia che ti racconterà quando torni”.

L’oggetto transizionale: la coperta di Linus del bambino

È sempre insieme al suo pupazzo preferito? Non metterti in mezzo. Il loro rapporto è delicato. E indispensabile per la crescita

A volte però arriva il momento di intervenire, ad esempio per togliere il ciuccio

Fare i genitori è un mestiere difficile. Ecco una piccola guida che può essere d’aiuto per comprendere e rispondere ai bisogni dei nostri figli

Riproduzione riservata