I milioni di ragazzi che tra qualche giorno torneranno a seguire le lezioni, a studiare, in nome di cosa lo faranno, per quale scopo? La scuola, si dice, serve a preparare per la società. Ci possono essere varie versioni di questo pensiero: la scuola serve a formare per il mondo del lavoro, la scuola serve a rispondere alle sfide della globalizzazione...
Per me la scuola non serve a questo, anzi: questo è il contrario della sua missione. La scuola non prepara a un ingresso nella società. La scuola deve immaginarsi una società diversa. Ecco perché in classe si leggono (per fortuna, finora) le poesie di Leopardi e non le interviste a Sergey Brin, fondatore di Google, e si analizzano i libri di filosofi come Nietzsche e non i discorsi di Steve Jobs, guru di Apple. Ma le cose stanno cambiando, e in peggio.
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Ci sono molti esempi della fantomatica modernizzazione che mostrano invece l’involuzione di un’idea di scuola “immaginativa”. E la riforma della Buona Scuola fa parte di questi. Allora cosa si può fare se la politica è pigra e le riforme che vorremmo tardano ad arrivare? Per le persone che la scuola la vivono, gli studenti, gli insegnanti, ma anche i presidi, i bidelli, e i genitori, i nonni, i fratelli, c’è una possibilità di cambiarla anche dall’interno, anche quest’anno, anche nei prossimi mesi.
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Uno dei più importanti passaggi della storia recente sono stati i cosiddetti Decreti delegati, una serie di provvedimenti che nel 1974 facevano proprio lo spirito di rinnovamento e di democrazia che si respirava nella società. E di fatto ripensavano la scuola non come un dispositivo governato da pochi, ma come una cosa di tutti. Nonostante tanti dubbi e malumori, è ancora così. Esistono consigli di classe, consigli d’istituto, collegi docenti dove si dovrebbero discutere non solo gli orari e le incombenze burocratiche, ma quale sia il senso dell’educazione oggi. Di fronte alle sfide di un mondo in cui, per esempio, le nazioni hanno sempre meno significato, e in cui la tecnologia ha un ruolo così dominante.
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Quando qualcuno mi chiede cosa si potrebbe fare per la scuola, io immancabilmente gli rispondo: partecipare ai consigli di classe, aiutare gli insegnanti, andare ai colloqui, alle iniziative della scuola dei propri figli, o a quella vicino a casa, promuovere iniziative. E, se si è insegnanti, attenersi a quello che chiedono i Decreti: aggiornarsi, cooperare.
Con una motivazione e un obiettivo molto semplici. La scuola non deve insegnare come integrarsi nella società attuale, come spesso si dice con una brutta retorica. La scuola deve aiutare gli studenti a immaginarne una diversa, di società. E deve farlo ricordandosi il proprio ruolo: essere una palestra di uguaglianza. Se non serve a combattere il classismo, il sessimo, il razzismo e il fascismo, la scuola non serve a nulla.