T shirt Dior We Should All Be Feminists

Le t-shirt femministe passate alla storia. Ieri e oggi

Da Lavender Menace a We Should All Be Feminists, ecco le iconiche magliette che rivendicano i diritti delle donne: tu quale preferisci?

Un messaggio stampato su una t-shirt non passa inosservato. Anzi, arriva forte e chiaro a tutti. E non è tanto l’indumento in sé a veicolarlo, quanto il corpo di chi lo indossa. E proprio chi lo indossa, per questo motivo, si espone senza filtri. È vero che oggi, in alcuni casi, si tratta semplicemente di frasi spiritose. Probabilmente, nel cassetto hai anche tu una di quelle magliette concepite per strappare una risata. Però questa particolare forma di comunicazione, nel corso dei decenni, è stata anche un’arma per farsi sentire, per condurre battaglie importanti. Quelle delle femministe, per esempio. Che portando magliette “parlanti” hanno lottato per veder riconosciuti i diritti economici, civili e politici delle donne; per rivendicare l’eguaglianza fra i sessi. Alcune di queste t-shirt femministe sono diventate celebri, per molti versi passate alla storia.

Lavender Menace – 1970

Betty Friedan è stata una figura chiave del movimento femminista statunitense nonché la co-fondatrice e leader di NOW (National Organization for Women). Nel 1969 utilizzò l’espressione lavender menace per etichettare un gruppo di donne lesbiche ritenuto una sorta di minaccia. Quelle donne ponevano l’accento sul fatto che fra gli obiettivi di NOW non figurasse la parità di diritti per la comunità lesbica; la Friedan e altre femministe eterosessuali, in realtà, temevano che la vicinanza di quest’ultima sarebbe stata nociva per l’immagine dell’organizzazione e avrebbe ostacolato il cammino verso l’emancipazione politica delle donne. Per tutta risposta, diverse attiviste lesbiche fra cui Rita Mae Brown e Karla Jay diedero vita a un movimento chiamato proprio Lavander Menace e parteciparono a numerose manifestazioni indossando t-shirt femministe con su stampato lo slogan in questione. Alla Friedan non rimase che scusarsi e cambiare marcia, includendo anche i diritti delle lesbiche nella sua… agenda. Le magliette Lavander Menace si trovano ancora in commercio.

The future is female – 1974

Forse la più famosa delle t-shirt femministe è quella con la frase The future is female. Risale agli anni 70, è stata disegnata per Labyris Books, la prima libreria femminista di New York, e immortalata per la prima volta dalla fotografa Liza Cowan, la quale dichiarò al Washington Post: “Se vogliamo avere un futuro, deve essere femminile perché il governo degli uomini ha quasi devastato la vita su questo bellissimo piccolo pianeta”. La maglietta in questione è ancora in voga; nel 2015 l’ex modella Cara Delevingne ne ha indossata una e nel 2017 lo stilista Prabal Gurung l’ha portata sulle passerelle newyorkesi affidando il compito, nello specifico, alla splendida Bella Hadid.

This is what a feminist looks like – 1992

Fra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90 negli Usa le femministe furono prese di mira, ovvero screditate e spesso ridicolizzate, dai leader conservatori e dai loro sostenitori; basti pensare al potente conduttore radiofonico Rush Limbaugh, colui che coniò il termine femminazi. Ma le attiviste tennero duro e continuarono a scendere in campo. Proprio in quel periodo la Feminist Majority Foundation, organizzazione senza scopo di lucro con sede in Virginia, nata con l’obiettivo di promuovere la non violenza e l’uguaglianza fra uomini e donne, ideò lo slogan This is what a feminist looks like, lanciandolo nel 1992 proprio tramite delle t-shirt durante una manifestazione a Washington per difendere il diritto all’aborto.  “Volevamo combattere contro le immagini negative che erano state create intorno al femminismo”, ha spiegato Katherine Spillar, una delle fondatrici di FMF. Nel 2003 la maglietta è stata indossata da Whoopi Goldberg, nel 2009 persino da Barack Obama.

I had an abortion – 2004

Sì, le magliette sono state usate anche nella lotta alla tutela della giustizia riproduttiva, espressione ideata diverso tempo fa dalle femministe afro-americane che volevano riconosciuto l’aborto come diritto civile. Nel 2004 la nota organizzazione statunitense a favore del controllo delle nascite Planned Parenthood ha cominciato a vendere t-shirt con la dichiarazione I had an abortion, ideate dalla regista e femminista Jennifer Baumgardner e riconducibili a un più ampio progetto nel quale si inserisce un suo film in cui racconta l’esperienza di diverse donne che hanno deciso di interrompere la gravidanza. Quella maglia è stata la prima di una serie sul medesimo argomento; via via le successive sono diventate anche più provocatorie e irriverenti.

Say her name – 2014

Nel 2014 la giurista e attivista statunitense Kimberlé Crenshaw ha lanciato insieme all’African American Policy la campagna Say her name per far conoscere all’opinione pubblica le storie di tante donne afroamericane vittime della violenza della polizia. Sono state realizzate anche in questo caso delle t-shirt femministe ad hoc. Lo slogan colpisce molto: “Pronuncia il suo nome” significa poter identificare chiaramente queste donne, in troppi casi ancora invisibili.

We should all be feminists – 2017

Nel 2016 Maria Grazia Chiuri, prima donna ad assumere la direzione creativa della maison Christian Dior, ha incluso nella collezione della primavera estate 2017 una t-shirt bianca con la scritta We should all be feminists (Dovremmo essere tutti femministi), ispirandosi all’omonimo saggio firmato dalla scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie, a sua volta tratto dal celebre discorso da lei stessa tenuto al TEDxEuston 2012. La maglietta ha riscosso grande successo ed è stata indossata da diverse star del cinema e della musica, fra cui Natalie Portman, Rihanna, Jennifer Lawrence. Si può ancora acquistare sul sito di Dior alla “modica” cifra di 620 euro.

Le t-shirt più recenti

Il nuovo femminismo ha riscoperto proprio nelle t-shirt un mezzo di comunicazione efficace e di grande effetto. Nel 2018, per fare un esempio, l’attrice statunitense Connie Britton ha scelto una maglia da 400 dollari con la scritta Poverty is sexist per la serata dei Golden Globes. Ce ne sono anche di più abbordabili, per fortuna: quella di H&M con lo slogan The revolution is female; quella di Zara, che ha scelto la frase Feeling good about yourself, e quella di Primark, su cui troneggiano le lettere WMN PWR (ovvero Women Power).

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