Educare un figlio maschio a rispettare le donne

Ogni anno, con l'avvicinamento della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre), si fanno i conti con gli allarmanti dati statistici in merito a episodi denunciati di violenza psicologica, fisica e sessuale sulla donna.

Senza considerare il "sommerso" (casi non denunciati per paura, vergogna...), secondo l'Istat e il MInistero per le Pari Opportunità sono circa 7 milioni le donne che, lo scorso anno, hanno denunciato violenze di vario tipo da parte degli uomini.

Tutto ciò riporta inevitabilmente all'importanza e al ruolo cruciale dell'educazione dei figli maschi. Cosa si può fare? Già prendersi carico del problema, con la consapevolezza di avere un dovere preciso (educare alle emozioni), è un ottimo passo in avanti per tutta la società.

Come educare i figli maschi a rispettare le donne

Gli episodi di stalking e violenza sulle donne spaventano anche chi ha figli maschi. Tra le preoccupazioni e i doveri dei genitori, l'educazione al rispetto del prossimo e la gestione delle emozioni

 

L’educazione di un figlio maschio deve passare dall’insegnamento della cultura della non violenza e del rispetto reciproco. Un percorso non sempre facile, a causa di conflitti interiori e influenze esterne negative. Ma, attraverso l‘esempio e l’accettazione delle emozioni, si può formare un futuro adulto in grado di rispettare e amare in modo sano il prossimo

Il tempo trascorso con il papà

Un rapporto da valorizzare

Per crescere un figlio che sappia rispettare il prossimo (indipendentemente dal sesso) e che sia in grado i costruire relazioni sane, la figura del padre resta sempre un punto di riferimento fondamentale.

In particolare, è importante che il bambino trascorra del tempo (anche esclusivo) con il papà e non solo per dedicarsi ad attività “maschili” (considerando anche che, nella realtà, non esiste un divertimento “di genere”).

Il tempo vissuto con il padre è  importante perché rappresenta un terreno di sperimentazione per i figli maschi. Il ruolo paterno, infatti, è fondamentale nello sviluppo morale dei figli.

Come sostengono le teorie di Terrance Olson e James Marshall, rispettivamente della Brigham Young University e della University of Kansas, il papà esercita l’influenza morale in modi differenti. A partire dall‘esempio, nonché dalle diverse modalità di gestire le emozioni e le conseguenti reazioni.

Insegnare a esprimere le emozioni

Il valore del sentire

Non solo “fare”, al bambino andrebbe insegnato anche il valore del sentire. Spesso, infatti, dietro a uomini violenti c’è un’infanzia di emozioni represse, taciute, ignorate o, meglio, non riconosciute. Dunque, durante la crescita, spetta anche ai genitori far comprendere al bambino l’importanza che riveste il suo mondo emozionale, di qualsiasi natura esso sia.

Ed è sempre compito del genitore aiutare il figlio a riconoscere ciò che prova così come a gestire ed esprimere la sensazione. La popolazione maschile, infatti, tende a confidarsi meno e pare si tratti addirittura di una sorta di questione biologica. Secondo una recente ricerca dell‘Università del Missouri, condotta su un campione di oltre duemila bambini e adolescenti, i maschi si confidano meno delle femmine già durante la prima infanzia, poiché lo considerano come “una perdita di tempo”, come un qualcosa che va archiviato e non invece valorizzato.

Imparare a riconoscere la rabbia

Gestione della collera

Come si fa a imparare a gestire al meglio una sensazione devastante e accecante come la rabbia? Riconoscendola nelle modalità soggettive in cui si presenta. E visto che la rabbia non risparmia l‘infanzia, è importante che sin da bambini si inizi a riconoscerla e a individuare le reazioni che essa provoca.

Il ruolo del genitore non è quello di indurre il figlio a soffocare sentimenti di collera nella speranza che non cresca violento. Il conflitto e la delusione sono fasi necessarie per crescere e porsi in relazione con il mondo. Il primo passo, quindi, è imparare a riconoscere la sensazione di tensione o dolore e darle il suo nome: rabbia.

Secondo uno studio pubblicato su Child Development, ad aiutare i bambini a crescere con una maggiore capacità di gestire il conflitto e la collera, sono le competenze linguistiche. Riconoscere e verbalizzare correttamente il proprio stato d’animo (tristezza, delusione, rabbia, tensione), infatti, contribuirebbe a canalizzare l’aggressività.

Trasmettere la bellezza della condivisione

Gestione condivisa? Bella e giusta

Il bambino apprende alcune modalità di comportamento in casa, osservando e “vivendo” la relazione dei genitori. Un figlio maschio che vive in una famiglia in cui il carico di lavoro e incombenze è condiviso, vedrà il rapporto paritario tra uomo e donna come condizione di normalità.

Più che la suddivisione precisa ed equa delle incombenze domestiche, si deve puntare sul valore della condivisione: il peso della famiglia e delle responsabilità non deve, dunque, gravare su uno solo tra i coniugi ma essere “portato insieme”. Questo tipo di modalità è percepita positivamente dal bambino.

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