Fidarci dei medici?

Dopo lo scandalo del Santa Rita, possiamo ancora? Truffe. Rimborsi gonfiati. Persino interventi inutili e dannosi,
pur di incassare di più. I dottori si sono trasformati in affaristi
senza scrupoli? No, assicura l'oncologo più famoso d'Italia.
Ma avverte: gli ospedali sono diventati aziende. Così si rischia che il profitto diventi più importante della salute dei malati...

Truffe. Rimborsi gonfiati. Persino interventi inutili e dannosi, pur di incassare di più. I dottori si sono trasformati in affaristi senza scrupoli? No, assicura l’oncologo più famoso d’Italia. Ma avverte: gli ospedali sono diventati aziende.Così si rischia che il profitto diventi più importante della salute dei malati.

Clamore dentro e fuori. Dentro, dove più di mille donne operate di tumore al seno, invitate in una sala congressi, applaudono il medico che le ha curate, Umberto Veronesi, l’oncologo più famoso d’Italia, promotore il 18 giugno dello «Ieo Day», il primo incontro pubblico in cui un ospedale italiano, l’Istituto Europeo d’Oncologia di Milano, si confronta con gli ex pazienti. Ma il clamore più forte è quello che si sente fuori. Sulla stampa e in tv si leggono le intercettazioni telefoniche dello scandalo che ha investito tutt’altra realtà sanitaria milanese, l’istituto Santa Rita. Il 9 giugno sono stati arrestati 13 medici e il titolare del centro di cura, con accuse che lasciano sgomenti. Rimborsi gonfiati. Interventi chirurgici inutili solo per incassare i soldi della Regione. Lesioni gravi e gravissime a decine di malati. A una ragazza di 28 anni è stato asportato il seno non per un tumore ma solo per una fibrosi. E le frasi registrate riflettono una mentalità affaristica applicata al dolore della gente: «Questa settimana mi faccio 44 mila euro, 4 polmoni». Purtroppo non è un caso isolato: dal cardiochirurgo dei bambini, Carlo Marcelletti, accusato di prendere donazioni e mazzette per i suoi interventi, a due medici della clinica San Raffaele Turro di Milano, che avrebbero ordinato ricoveri inutili per aumentare i rimborsi, la cronaca è piena di scandali che sembrano minare la fiducia nei camici bianchi. Dopo il bagno di folla, le mani da stringere, le richieste d’autografi, Umberto Veronesi, ex ministro della Sanità, non si sottrae alle domande su questo panorama preoccupante. Cosa pensa dello scandalo della clinica Santa Rita? «Sono sorpreso. Non avrei mai immaginato che si potesse arrivare a tal punto. Intendiamoci, solo alla fine delle indagini sapremo se le accuse sono reali o se la verità è ancor peggiore. Ma per quel che so della sanità la mia reazione è di sorpresa».

Ci sono alcuni medici corrotti o è il sistema che non funziona? «Penso che lo scandalo del Santa Rita sia un’eccezione. L’atteggiamento che sembra emergere dalle intercettazioni telefoniche non è diffuso tra i medici. Ma questa vicenda richiede attenzione. Non possiamo ignorarla. Meglio capire se c’è una ragione profonda che può aumentare il rischio della corruzione nella sanità». Lo scandalo del Santa Rita non è un caso isolato. Altre cliniche, altri medici, sono sotto inchiesta per fatti gravissimi. «Io ho questa convinzione: negli anni scorsi nella nostra sanità c’è stata una svista». Quale svista? «Tutta l’Italia sanitaria ha sbagliato indirizzo. Fino a 15 anni fa c’era un principio secondo cui tutti gli italiani dovevano essere curati gratis. Fantastico». Poi cos’è successo? «Improvvisamente è nata l’idea che l’ospedale deve essere gestito in maniera economicamente efficace. “Chiamiamolo: azienda” hanno detto. Pensando che quella parola magica avrebbe migliorato la sanità. Invece non è stato così». Cosa è successo? «Il paziente oggi ha una sensazione sgradevole. Si sente ridotto a una prestazione sanitaria per la quale l’ospedale riceve soldi dallo Stato. E anche per i medici c’è un cattivo messaggio: un’azienda ha la priorità del profitto». Non devono far quadrare i conti anche gli ospedali? «Non è la priorità. L’ospedale deve restituire la salute ed essere scientificamente avanzato ed efficace. Solo dopo ci si preoccupa di non rimetterci dei soldi». Dalle intercettazioni si sentono frasi come: “Pompare i drg”, i rimborsi pubblici. «Oggi gli ospedali ricevono rimborsi pubblici per le prestazioni offerte. Ogni intervento viene remunerato secondo un preciso tariffario. Un buon sistema, ma qualcuno può essere tentato di “pompare” i drg. Cioè di operare un malato senza che ve ne sia bisogno. O di fare un intervento più complesso e costoso del necessario. Così l’ospedale riceve rimborsi maggiori. In totale spregio delle esigenze del paziente. Terribile». Come punire i medici corrotti? «Bisogna cacciarli dall’Ordine professionale, impedir loro di continuare a operare. Hanno tradito i malati». I casi di malasanità sono in aumento? «Aumentano le denunce ma non le condanne». Lei è mai stato denunciato? «No. Ma lo considero un miracolo, perché quando un caso non va bene il malato pensa che la colpa sia del medico, non della malattia. Una reazione umana». Perché aumentano le denunce per malasanità? «La colpa è di un atteggiamento di sfiducia che vedo in molti Paesi. In America siamo all’esasperazione. Il paziente che si sente danneggiato può fare denuncia con l’intesa che se perde la causa sarà l’avvocato a pagare le spese, se la vince il rimborso viene diviso alla pari. Una bomba. Davanti agli ospedali ci sono file di avvocati». E in Italia? «Abbiamo perso la serenità. In certi casi il medico, per cautelarsi, ordina tutti gli esami possibili. Vuole la prova provata che un intervento è necessario. Come se la decisione non spettasse a lui ma fosse il responso delle analisi. Questo meccanismo fa lievitare a dismisura i costi della sanità italiana. Ma c’è un danno più preoccupante». Quale danno? «Riguarda la salute del paziente. Per paura di denunce qualche medico ricorre a una chirurgia più estesa. Se deve rimuovere un piccolo tumore al seno non si limita a tagliare una porzione della mammella, come suggerisce la scienza medica, ma toglie tutto. Per la paziente è un danno immenso ma il medico si è messo al riparo da cause legali nel caso la malattia dovesse ripresentarsi. Una mentalità contro cui mi batto da sempre». Lei si è mai trovato a dover scegliere tra due interventi, equivalenti dal punto di vista medico, sulla base di quanto rendono? «No, non mi è mai successo. E spero che non capiti ad altri medici. Invece è possibile che un amministratore di ospedale sia tentato di ricoverare più pazienti con appendicite perché rendono di più. E di ridurre gli spazi per prestazioni meno remunerative». Come si esce da questa trappola? «Con la formazione dei medici e l’elaborazione di precise linee guida. Io lo faccio da 20 anni per il tumore al seno». Perché sono una soluzione? «Le linee guida indirizzano il medico verso le terapie più aggiornate e più rispettose del malato. Un chirurgo non potrà fare una mastectomia radicale, magari solo per prendere i soldi, se le linee guida lo sconsigliano». Gli scandali hanno incrinato la fiducia dei pazienti. Nel dubbio, prima di fare un’operazione, è meglio chiedere una seconda diagnosi? «Certo. È uno dei diritti del malato. Ma è chiaro che in medicina due medici, bravi e in buona fede, possono indicare soluzioni diverse». Come scegliere, allora? «Il clima che si respira in ospedale è importante. Ci si deve fidare delle strutture dove i malati vengono ascoltati e tenuti in considerazione. I malati provano emozioni intense, bisogna indirizzarle verso il bene, la speranza, la certezza di guarire. Anche questo è parte della terapia». Dopo lo scandalo del Santa Rita, possiamo ancora fidarci dei medici, o c’è omertà? «Sono ottimista. Chi commette un errore con volontà perversa, un delitto a ragion veduta, viene isolato dai colleghi. E alla fine il bene prevale sempre sul male. I malati devono aver fiducia: per moltissimi medici il lavoro è ancora una missione».

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