Prosciutto gonfiato, l’allarme della Coldiretti

La Coldiretti lancia l’allarme per il “prosciutto gonfiato” commentando il “decreto salumi”, che recepisce norme comunitarie relative alla produzione e della vendita di alcune tipologie di insaccati. Conterrà più acqua e pure aromi chimici sinora vietati. 

Più acqua nel prosciutto

“Arriva il prosciutto gonfiato, che contiene più acqua e anche aromi chimici, sinora al bando, a danno dei consumatori e degli allevatori italiani. Aumentano di un punto percentuale i tassi di umidità relativi al prosciutto cotto, al cotto scelto e al cotto di alta qualità. Il che significa che l’acqua ammessa sarà pagata come se fosse carne» commenta la Coldiretti. «L’incremento del tasso di umidità andrà a minare la qualità del prodotto a discapito del maiale italiano, le cui carni hanno caratteristiche qualitative superiori a quelle dei maiali importati dai Paesi del Nord, con una penalizzazione dei nostri allevatori”.

Via libera agli aromi chimici

Non è tutto. “Il decreto cancella poi il divieto di utilizzo di aromi chimici, aprendo così la strada alla possibilità di correggere gusto e sapore dei salumi fatti con materia prima scadente e di dubbia origine. Ad essere abolita è anche la ‘scadenza’, cioè il termine minimo di conservazione. Prima era fissato al massimo entro 60 giorni dalla data di confezionamento del prosciutto cotto, ora sarà invece deciso direttamente dal produttore”.

Come cambieranno i crudi 

“Paradossalmente –continua Coldiretti – viene mantenuta la possibilità di utilizzare le cosce di maiale congelate per produrre il prosciutto crudo stagionato, per il quale viene però ridotta a 40 giorni la fase minima di riposo (55 giorni per i tagli superiori agli 11 chili). Si tratta di norme per favorire le importazioni dall’estero di maiali più leggeri di quelli italiani, in una situazione in cui due prosciutti su tre venduti oggi in Italia provengono da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania e Spagna senza che questo venga evidenziato chiaramente in etichetta, dove non è ancora obbligatorio indicare l’origine”.

Arriva il culatello industriale?

Altra novità del provvedimento è l’inserimento del culatello nel decreto. “Ma anche qui – ulteriore osservazione più che critica dell’associazione di categoria – si apre a una ‘industrializzazione’ del prodotto (uso di involucri artificiali al posto del tradizionale budello naturale, ecc.), sempre a scapito della qualità”.

Buona notizia dal fronte caseario: per latte e derivati è obbligatorio indicare le origini

Dal fronte latteo-caseario arriva però una buona notizia. È il nulla osta della Ue all’indicazione obbligatoria dell’origine del latte e dei derivati venduti nel nostra Paese. Sulle confezioni di latte e di prodotti derivati dal latte, probabilmente a partire da gennaio 2017 e almeno per un periodo sperimentale di due anni, ci dovrà essere una etichetta con una serie di informazioni: la nazione in cui il latte è stato munto, il Paese nel quale è stato condizionato (“portato alla temperatura idonea per il trasporto ed eventualmente pastorizzato”) e quello in cui è stato lavorato e trasformato in formaggi, panna, burro, yougurt.

Qualora sia stato munto, condizionato e trasformato nella stessa nazione, andrà usata la dicitura: “origine del latte: nome del Paese”.

Nel caso in cui le fasi saranno distribuite in più Stati, saranno da scrivere etichette con le corrispondenti formule: “miscela di latte di Paesi Ue” per la mungitura, “latte condizionato in Paesi Ue” e “latte trasformato in Paesi Ue”. Idem se i passaggi avverranno fuori dai confini dell’Europa comunitaria (ad esempio,“miscela di latte di Paesi non Ue”).

Che cosa ci guadagna il consumatore?

“Con l’etichettatura di origine – risponde il presidente Coldiretti, Roberto Moncalvo – si dirà finalmente basta all’inganno del falso made in Italy. Sono stranieri tre su quattro cartoni di latte a lunga conservazione venduti in Italia. La metà delle mozzarelle è fatta con latte o addirittura con cagliate provenienti dall’estero. Ma nessuno sa queste cose perché non è obbligatorio riportarle sulle confezioni, come invece succederà a breve”. “E’ un’operazione di trasparenza – aggiunge Maria Letizia Gardoni, responsabile dei giovani agricoltori dell’associazione – che non poteva più essere rimandata. Non solo si va incontro all’esigenza dei cittadini di sapere da dove viene il latte che si consuma, ma si premiano anche gli operatori di settore, da sempre leader nelle produzioni di qualità. Tanti colleghi italiani hanno investito in questo settore ed è giusto che vengano tutelati da usurpazioni e pratiche fraudolente, quelle che rischiano di mettere in ginocchio comparti chiave del made n Italy”.

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