Rosaria, la giornalista nel mirino della camorra

"Ho paura per la mia famiglia. Ma mai nessuno di loro mi ha detto: Rosaria statti zitta. Mai". Le sue inchieste danno fastidio ai boss, che l'hanno messa nel mirino. Ora è sotto scorta. Ma non ha nessuna intenzione di fermarsi: "Non morirò se mi uccideranno, ma se smetterò di cercare la verità"

Rosaria Capacchione è una giornalista coraggiosa. Tenace e verace. Nata a Napoli, vive da sempre a Caserta, dove lavora come cronista giudiziaria al quotidiano Il Mattino. Da 29 anni indaga sugli affari illeciti della criminalità organizzata. Le sue inchieste precise e circostanziate danno fastidio ai clan. Troppo. Tanto che, qualche giorno fa, la camorra in un’aula di Tribunale è arrivata a minacciarla. E proprio come era già successo allo scrittore Roberto Saviano, dopo il libro “Gomorra” (Mondadori), anche a lei è stata appena assegnata la scorta.

Rosaria, chi ce l’ha con te?

“Due imputati del Processo Spartacus: Francesco Bidognetti e Antonio Iovine. Nell’ultima udienza, per voce dei loro legali, mi hanno accusato di influenzare la Corte d’Appello con i miei articoli. Letta nel linguaggio mafioso è una minaccia pesante. I due boss intendono dire ai compari rimasti fuori: “Togliete di mezzo quella lì, altrimenti vi farà condannare”. Con i Casalesi c’è poco da scherzare”.

Chi sono i Casalesi?

“Sono un clan camorristico potentissimo in Campania. Comandati da quell’Antonio Iovine che mi vuole eliminare e da Michele Zagaria, latitanti da oltre dodici anni. Un’anomalia italiana”.

In che senso?

“Dei pizzini di Provenzano si occupano i giornali internazionali. Questi due, invece, fanno i fantasmi e non gliene frega niente a nessuno”.

Come te lo spieghi?

“Caserta deve rimanere lontana dai riflettori, perché in questa provincia girano grossi flussi di denaro”.

Ti riferisci all’emergenza rifiuti?

“L’emergenza non è colpa dei clan. Ma la camorra è una struttura parassitaria: già vent’anni fa ha capito che i rifiuti sono una ricchezza da sfruttare. Ci è campata sopra per tanto tempo. E continua a farlo. Io cerco di denunciarla, questa situazione”.

Per questo sei nel mirino dei camorristi?

“Mi temono perché so tutto quello che hanno combinato dal 1985 a oggi. Ma i Casalesi non ce l’hanno solo con me. Minacciano anche il giudice Raffaele Cantone, che ha sequestrato beni ai clan per migliaia e migliaia di euro. E lo scrittore Roberto Saviano, che li ha sputtanati in tutto il mondo”.

Ti senti più sicura con la scorta?

“Vedremo quando sarà operativa. Ora mentre parlo con te, cammino e non vedo uno straccio di nessuno al mio fianco”.

Conosci personalmente Saviano?

“Da quando era ancora ragazzino e voleva fare il giornalista, si interessava di camorra e veniva in redazione a chiedere qualche pezzo mio”.

A parte l’episodio in aula, hai ricevuto altre minacce?

“Telefonate, lettere… Nel ’96 il pentito Dario De Simone ha svelato che c’era un piano per “sopprimermi”. Ha usato proprio questa parola. “Uccidere” mi avrebbe fatto meno effetto”.

Hai paura?

“Sai, io ho 48 anni e a quest’età non si cambia. Non mi piego e faccio la vita di sempre. Sono fatalista. Prima o poi la mia vita finirà. Intanto sto sempre “buttata” al giornale”.

Quando non lavori cosa fai?

“Leggo, dormo, faccio shopping. E cucino: mi vengono bene i primi”.

Riesci ad avere una vita privata?

“Non sono sposata, non ho figli. Ma adoro la mia famiglia. Mamma, i miei fratelli e i miei nipoti sono i più esposti e alla fine non c’entrano niente. Ma mai nessuno di loro mi ha detto: Rosaria statti zitta. Mai”.

Da chi hai ricevuto solidarietà?

“Dai miei vicini di casa, dagli amici”.

Il ministro dell’Interno ti ha chiamata?

“No. Mi ha telefonato il presidente della Repubblica, ma nessuno dei parlamentari che conosco si è fatto vivo”.

Le istituzioni locali?

“La signora Mastella mi ha scritto una lettera di solidarietà. Anche se è un gesto formale, lo apprezzo. Ma serve poco a tutelarmi”.

Cosa dovrebbero fare i politici?

“Capire il pericolo, proteggere non me, la giornalista “star”, ma i comuni cittadini. E promuovere un’economia pulita, che blocchi quella sporca”.

E i bravi giornalisti?

“Ignorare i comunicati stampa e capire, oltre al “chi” e “che cosa” dei fatti, anche il perché. Se tutti facessero così, sarebbe una svolta. Non possono ammazzarci tutti, no? Ma sai che ti dico? Io non morirò quando mi uccideranno i camorristi, ma se smetterò di avere la curiosità nel mestiere. E la voglia di scoprire la verità”.

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