Sport in ricetta al posto dei farmaci

Un tempo lo sport era solo un buon consiglio del medico di famiglia, ora il ministro della Salute annuncia che lo sport entra in ricetta

Lo sport entra in ricetta

Aumentano i dottori che prescrivono lattività fisica come “medicina” in caso di malattie come obesità, diabete, disturbi cardiaci, ma anche come prevenzione. Ma non solo. Il ministero della Salute ha intenzione di rendere realtà la possibilità di inserire in ricetta la prescrizione dello sport come “alternativa” e strumento in più per il benessere e la salute dei cittadini, con particolare attenzione ai più giovani. 

Lo sport come medicina

«Ci troviamo di fronte ad una sfida importante, da affrontare insieme e la chiave di volta è la prevenzione incoraggiando l’adozione di stili di vita salutari a partire da una corretta e sana alimentazione e dal contrasto alla sedentarietà». Questa la premessa del ministro della Salute, Orazio Schillaci, in occasione della Giornata contro l‘obesità, quando ha annunciato che si sta «lavorando alla definizione di un Programma Nazionale di Promozione dell’attività fisica che comprende anche la definizione delle modalità di prescrizione dell’esercizio fisico e di erogazione sul territorio nazionale, tenendo anche conto delle previsioni di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza che include la promozione dell’attività fisica quale ‘prestazione’ esigibile».

Insomma, lo sport sarà previsto dai cosiddetti Lea. 

Giovani obesi: la dieta non basta

VEDI ANCHE

Giovani obesi: la dieta non basta

La salute passa dall’attività fisica

Come spiegato dal Ministro, quindi, uno degli obiettivi del Programma “Guadagnare salute” e del Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025 è la riduzione del carico di patologie prevenibili, che porta in alcuni casi anche a mortalità e disabilità, grazie anche alla promozione di corretti stili di vita nella popolazione e nei soggetti a rischio. Uno dei passaggi chiave è la lotta a obesità e sovrappeso, la riduzione dell’inattività fisica e della sedentarietà, l’aumento del consumo di frutta e verdura, la riduzione del consumo eccessivo di sale e la promozione dell’utilizzo del sale iodato come ‘Linee strategiche di intervento’ che tutte le Regioni devono perseguire nei Piani Regionali della Prevenzione. Ma è proprio sulla maggiore attività fisica che si puntano le attenzioni, dopo che in passato c’erano state iniziative sporadiche e isolate sul territorio, come avvenuto in Liguria nel 2018. 

L’esempio della Liguria

Tra gli esempi di territori nei quali si era deciso di introdurre lo sport in ricetta c’era stata la Asl 4 di Chiavari in Liguria, dove cinque anni fa era entrato in vigore il “ricettario dell’attività fisica“, pensato per tutte le fasce di età, dai più giovani a rischio obesità alle donne adulte per prevenire l’osteoporosi. In Emilia Romagna esiste da qualche tempo una convenzione tra le aziende sanitarie e alcune strutture dove praticare sport, mentre in Veneto stanno prendendo forma le “palestre della salute”, presenti anche in Lombardia, Piemonte e Puglia con progetti simili. “Da qualche anno ha iniziato a farsi strada l’idea che il movimento non sia solo da raccomandare, come un buon consiglio, ma da indicare come terapia, con tanto di prescrizione specifica del medico” spiegava a Donna Moderna Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG).  

Le linee guida inglesi

“Da 25 anni a questa parte gli studi ci indicano l’importanza dell’attività fisica per la prevenzione di buona parte delle malattie legate a invecchiamento, fragilità ossea in particolare nelle donne, perdita di mobilità o patologie come il diabete. Quello che è cambiato di recente, però, è il fatto che il movimento non viene più solo consigliato, ma inserito in ricetta, seguendo indicazioni specifiche per tipologia di esercizio, intensità e durata, a seconda dell’età e delle condizioni fisiche dei soggetti” chiariva Cricelli. “Studi inglesi hanno portato per prima la Gran Bretagna, tra il 2010 e il 2011, a mettere a punto linee guida adottate dal servizio sanitario britannico e recepite anche da noi in Italia, che indicano in due ore e mezza la quantità minima di esercizio settimanale da praticare, per tutte le fasce di età dai 20 ai 65 anni. Le prescrizioni riguardano soggetti sani e hanno un minimo di variazione nella forma: dai 10mila passi ai 4 chilometri consigliati, che possono significare una camminata anche a passo lento, purché quotidiana” aggiungeva il presidente SIMG.

Perché e quanto muoversi

Negli ultimi anni la sedentarietà dei bambini è aumentata in modo preoccupante e correlato all’aumento del rischio di malattie cardiovascolari o legate al peso corporeo. Da qui l’allarme della comunità medica. “Per i giovani in età pediatrica, dai 5 ai 18 anni, non ci sono limiti al movimento: più ne fanno, meglio è, anche tutti i giorni: non si tratta necessariamente di sport, ma di attività che coinvolga il fisico, dalla corsa ai salti con gli amici. Dai 20 anni in poi, invece, si può pensare di regolarlo, mentre per gli over 65 è importante continuare a restare in attività, ma con ritmi più blandi. Ad esempio, noi medici di base raccomandiamo almeno 150 minuti di esercizio fisico alla settimana. Non è necessario che si facciano corse intense o sollevamento pesi, ma che il corpo si muova in modo che l’organismo metta in moto il metabolismo” diceva Cricelli.

Per incentivare l’esercizio di recente si erano moltiplicate iniziative ad hoc, come le “palestre della salute”, itinerari di urban city health (salute in città) e convenzioni tra strutture ed enti pubblici, per favorire l’attività fisica sotto controllo medico.

L’esempio di Strasburgo capofila e le palestre etiche in Emilia

La prima a sperimentare l’attività fisica come vera terapia sostitutiva di farmaci è stata Strasburgo, dove nel 2012 il Sindaco approvato un piano per contrastare la sedentarietà dei propri cittadini: attraverso la prescrizione di sport da parte dei medici di famiglia in ricette rimborsabili, gli utenti del servizio sanitario usufruiscono di strutture dove praticare esercizio fisico, esattamente come se si recassero in farmacia ad acquistare farmaci terapeutici.

In Italia l’Emilia Romagna è stata la prima a prevedere le “Palestre che promuovono salute” o palestre “etiche”: si tratta di strutture che hanno aderito volontariamente a un Codice Etico, che operano in rete e collaborano con le Aziende USL e altri enti pubblici in programmi di promozione della salute. L’idea di fondo è quella di mettere a disposizione dei cittadini degli spazi nei quali praticare esercizio fisico sotto controllo medico, con il supporto di valutazioni periodiche da parte di servizi di Medicina dello Sport e Promozione dell’Attività Fisica delle USL e su indicazioni dei medici di base, tramite ricettario del Sistema Sanitario Nazionale.

Le “palestre della salute” in Lombardia e Veneto

Sull’esempio dell’Emilia anche la Lombardia ha introdotto nel 2017 (con LR 228 TER/febbraio 2017) le “palestre della salute”, dove sotto stretto controllo medico i pazienti possono fare attività sportiva per prevenire malattie croniche. Attraverso la ricetta del medico di famiglia o dello specialista, l’esercizio è codificate in strutture e percorsi ben precisi. Lo stesso vale per il Veneto, dove l’apposita normativa regionale del 2015 sta diventando realtà in questi mesi: “Le legge c’è e le attività nelle palestre si fanno già. Stiamo mettendo a punto un sistema integrato, formando anche i medici specialisti per le patologie per le quali è stato pensato, ovvero grandi obesi, trapiantati, diabetici, malati oncologici e altri” spiega a Donna Moderna Andrea Ermolao, professore associato di Medicina Interna e responsabile dell’Unità operativa complessa di Medicina dello Sport e dell’Esercizio Fisico dell’Azienda ospedale – Università di Padova.

“Qualche prestazione di questo genere viene già erogata, a costo zero o del solo ticket in alcune strutture come a Padova e Treviso, ma si tratta ancora di un campione limitato. Sono soprattutto attività previste per patologie specifiche e per un tempo definito, soprattutto post riabilitazione, come nel caso di chi ha avuto un infarto. Credo, però, che il rimborso dell’attività fisica di questo tipo o almeno lo sgravio fiscale sarebbero necessari: il vantaggio dell’esercizio fisico è superiore ai suoi costi” spiega l’esperto.

L’obiettivo, in Lombardia come in Veneto e in realtà analoghe come il Piemonte e la Puglia dove sono stati avviati progetti analoghi, è quello di arrivare a rimborsare queste attività al pari dei farmaci, a seconda del tipo di malattia e della fascia di reddito a cui il paziente appartiene. “Al momento non sono previsti permessi per malattia per seguire queste attività, ma qualcosa in questo senso si muove, soprattutto perché c’è una maggiore consapevolezza del concetto di Exercise Medicine, l’esercizio inteso come medicina e al posto, talvolta, dei farmaci. D’altro canto, il costo delle prestazioni sanitarie grava sul sistema sanitario, già spesso in difficoltà. Ad esempio, dopo un infarto la possibilità di prevenire una ricaduta, che comporta costi in termini di cura e successiva riabilitazione, non sono ha dei benefici per la salute del paziente, ma anche per il bilancio sanitario” spiega Ermolao.

Come funzionano le ricette per lo sport

Il meccanismo di fondo è che il medico di base o lo specialista prescriva quale e quanta attività fisica un cittadino debba seguire, su un’apposita ricetta. In Liguria è stato pensato uno specifico “Ricettario dell’attività fisica”, una sperimentazione promossa dalla Asl 4 Chiavarese, con la collaborazione dei medici di Medicina Generale.

In Alto Adige da tempo è in vigore il programma “Attività fisica su prescrizione”, che prevede un cambiamento nello stile di vita dei cittadini. Il medico di base prescrive un tipo di esercizio adatto alle esigenze dei propri pazienti, stabilendo l’ambito di allenamento e il livello di intensità. Ad esempio, si stabilisce se agire sul sistema muscolo-scheletrico, su quello cardiocircolatorio, sul rilassamento e la gestione dello stress o sulla coordinazione e la motricità.

In base all’indicazione terapeutica del medico curante si sceglie il corso più adatto, tra quelli AFIP (Attività Fisica su Prescrizione), che hanno una valenza ed efficacia pari a quella di una terapia farmacologica. Dal momento che la prescrizione non rientra ancora tra le prestazioni sanitarie rimborsabili, il costo dei corsi è a carico degli utenti, ma sono state previste diverse convenzioni, a seconda delle realtà locali”.

“Ad esempio, a Savona il club del golf e la Asl locale hanno previsto un programma convenzionato per favorire questa pratica, che prevede il movimento lento, sotto forma di lunghe passeggiate, come raccomandazione data dai medici di base” spiega Crivelli, che cita un altro esempio di collaborazione proficua con l’Associazione Nazionale Impianti Sport & Fitness (Anif): “Dal 2010 come Società di Medicina Generale abbiamo siglato un progetto che prevede uno scambio di informazioni dal medico curante, tramite cartella clinica, a circa 500 palestre Anif che hanno aderito al progetto. I pazienti si presentano in una delle strutture convenzionate con una chiavetta che contiene le prescrizioni terapeutiche; una volta inserita nel tapis roulant indica al paziente quale e quanta attività seguire quel giorno, secondo un piano e indicazioni del medico di base” .

Altre iniziative prevedono invece l’utilizzo, a prezzi agevolati, di palestre in orari di minor concentrazione, come al mattino presto.

Cosa e come detrarre nel 730

Al momento sono considerate spese mediche o sanitarie solo quelle diagnosticate dal medico competente, “quando rappresentano un dispositivo medico (marcato CE) o quando sono indispensabili alla riabilitazione del paziente sempre con attestazione e prescrizione medica”. Così prevede la circolare n.19/2012 riportata sul sito dell’Agenzia delle Entrate, che spiega come la normale iscrizione ad una palestra “non può rappresentare una spesa sanitaria che possa essere detratta ai fini delle imposte nel 730 o nel modello Unico (articolo 15 del Tuir), in quanto è destinata alla cura del corpo e la sua funzione si colloca in un momento antecedente al manifestarsi di una patologia”.

Esistono però alcune voci di spesa che possono essere detratte, come i costi di terapie posturali “se effettuate presso centri riabilitativi, su prescrizione medica e sotto controllo medico o di un fisioterapista”. Il documento di spesa deve essere stato rilasciato da un centro medico specializzato in ortopedia.
Viceversa, non è invece detraibile la ricevuta fiscale o fattura rilasciata da una palestra sportiva, anche se vi era la prescrizione medica.

Le spese per le palestre, invece, come altre voci, si possono portare in detrazione solo per i figli di età compresa tra i 5 e i 18 anni (al 19% e con un massimo di 210 euro).

E’ possibile, infine, riportare in dichiarazione dei redditi, ai fini di uno sgravio fiscale, l’attività di ippoterapia e musicoterapia, a condizione che siano prescritte da un medico che ne attesti la necessità per la cura di un portatore di disabilità e che siano eseguite in centri specializzati a personale medico o esperti, come psicoterapeuti, psicologi, fisioterapisti, ecc.

L’obesità aumenta il rischio di tumore

VEDI ANCHE

L’obesità aumenta il rischio di tumore

Riproduzione riservata