A tu per tu con lo Chef Rubio

Abbiamo intervistato Gabriele Rubini, lo chef più tatuato della tv, che ci ha parlato del suo nuovo libro e film, di donne e progetti futuri

Litorale romano, è domenica mattina e il sole splende: sulla spiaggia si gira la scena di apertura del film tv con protagonista Chef Rubio, quello del cooking show “on the road” Unti e bisunti. Il programma è partito su DMax nel 2013 e in 3 stagioni, è diventato un piccolo cult. Merito in gran parte suo, di Gabriele Rubini, 33 anni, ex rugbista passato ai fornelli, capace di bucare lo schermo con la sua autenticità, e di piacere un po’ a tutti. Così ora arriva anche un film che lo racconta, prodotto da Pesci Combattenti per Discovery e intitolato appunto Unto e Bisunto – La vera storia di Chef Rubio, che andrà in onda sempre su DMax il 20 dicembre.

Seduto davanti al mare, Gabriele è truccato da “anziano”, capelli bianchi e barba lunga, perché la storia comincia con lui settantenne che ricorda la propria vita insieme a un paio di ex fan. Ma quando ci fermiamo per una chiacchierata, davanti a un piatto di spaghetti alle telline, chiosa: “Non credo sarò così figo da vecchio, di sicuro finirò grasso e pelato”.


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Crediti: Barbara Ledda/Photomovie


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Fai un biopic a trent’anni: non ti sembra un po’ prematuro?
Macché, la storia è una specie di favola all’amatriciana, per chiudere la trilogia del cooking show. Racconterà il personaggio Chef Rubio da quando è bambino fino alla vecchiaia, con i suoi amori, le sconfitte, i successi. Ma di Gabriele non c’è quasi nulla.

E invece Gabriele chi è?
Sempre Chef Rubio, anche perché il personaggio l’ho creato io e il nome ce l’avevo già prima di fare la tv. Però la mia è una storia in divenire, che potrebbe cambiare rotta in qualsiasi momento. Per ora sono uno che fa tantissime cose, non ha una casa né una macchina e vive con lo zaino in spalla, dormendo nei bed & breakfast o sul divano degli amici.

Uno che non ha neanche una donna, mi pare di capire.
Donne ce ne sarebbero a decine, anzi, è quasi una condanna. Il punto è che in questo particolare momento della vita sono così concentrato su me stesso e quello che faccio, che non solo non ho il tempo per una storia d’amore, ma neanche per del sano autoerotismo. E poi, fondamentalmente, voglio stare da solo.

Davvero?
Sono uno che smania, devo sentirmi libero di seguire il flusso di quello che capita senza dover rendere conto a nessuna. Probabilmente sono anche in fuga dalle donne, non dico di no, ma ormai non sopporto più né quelle che mi controllano, né quelle che mi dicono sempre di sì. Quando giocavo a rugby in Nuova Zelanda sono stato quattro anni con una ragazza, forse l’unica con cui valeva la pena, ma alla fine sono scappato pure da lei. La sua accondiscendenza mi urtava.

Quindi rimarrai senza figli.
Ecco, quello forse no, mi piace pensare che questa è solo una fase, e che arriverà il momento in cui sarà bello svegliarsi con una persona al fianco. E poi vorrei crescere un bambino, sono sicuro di poter essere un buon padre. Ma ora, non ci riesco.

Comunque piaci tanto alle donne, ti inseguono anche sui social.
Guarda, i primi due anni dello show sono stati un incubo, mi arrivavano messaggi veramente fantasiosi, corredati da foto agghiaccianti. Ora si sono calmate, è rimasto solo un gruppetto, le ho soprannominate le “stalker buone”.

La copertina del libro "Unto e bisunto", edito da Rizzoli 

La copertina del libro “Unto e bisunto”, edito da Rizzoli 

La tua vita lavorativa, le cose che fai in tv, invece, ti soddisfano?
Molto, tranne quando devo sottostare a certe formalità. Io sono un impulsivo, e ogni tanto devono riportarmi nel mondo dei format “educati”. Avrei tante cose da dire sulle multinazionali dell’alimentazione, per esempio, ma non posso. Però sto imparando ad eludere la censura, non sono così svegli come credevo.

E c’è uno chef che ti ispira?
Jamie Oliver, proprio per la sua guerra all’industria dei fast food.

È appena uscito anche un tuo libro, Le ricette di Unti e Bisunti, pubblicato da Rizzoli.
Ho preparato l’introduzione e supervisionato maniacalmente tutte le ricette, sono 130, tratte dal programma. E sto pensando anche a un libro veramente mio, che non parli di cucina.

Un romanzo?
Una raccolta di racconti, ne ho già scritti diversi, è il genere col quale mi sento più a mio agio. Qualche amico li ha letti, dicono che ricordo un po’ Charles Bukowski.

A proposito, sei molto attivo nel sociale, fai lezione ai carcerati, cucini per i disabili. La politica ti interessa?
Sì, ma non ho mai votato in vita mia, e non credo che un voto serva a qualcosa. I cambiamenti vengono dalle azioni concrete. Io mi sono sempre dato da fare, e ora che la mia cassa di risonanza è più ampia, spingo duro. Mi spiace solo di non avere abbastanza persone con me, magari certi colleghi che invece se stanno a prendere il sole sulle loro barche. Se ci fosse una vera unità, basterebbe un attimo per sistemare tante cose.

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