fecondazione assistita

Fecondazione assistita: come funziona in Italia

Il 10 marzo ricorre il 15esimo anniversario della Legge 40 sulla fecondazione assistita. Quali sono i progressi e cosa resta ancora da fare per abbattere le discriminazioni che impediscono a molte coppie di diventare genitori?

A oltre 40 anni dalla nascita della prima “bambina in provetta” sono oltre 8 milioni i figli venuti al mondo grazie alla fecondazione assistita. Era il 25 luglio del 1978, infatti, quando nacque Louise Brown. In Italia la prima è stata Alessandra Abbisogno, nata l’11 gennaio del 1983. Nel nostro paese la regolamentazione di questo ambito medico compie 15 anni il 10 marzo, data in cui è stata firmata la Legge 40/2004 sulla fecondazione assistita e giorno in cui è nata Martina, la figlia di una coppia nata grazie al divieto rimosso per le coppie fertili con patologie genetiche di accedere alla procreazione medicalmente assistita (PMA): “Senza l’intervento della Corte Costituzionale quella bambina, che oggi ha due anni e vive con i genitori a Roma, non sarebbe mai nata” spiega l’avvocato Filomena Gallo, segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni.

La Fivet in Italia compie 15 anni

La Fecondazione assistita o PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) compie 15 anni il 10 marzo, data della legge 40/2004 su questa tecnica, che però è stata “modificata” a colpi di sentenze. “Quello di Martina è uno dei casi che ho seguito come legale, che riguarda la legge 40. In questi 15 anni, la norma è finita per ben 38 volte dinanzi ai Tribunali, 5 volte dinanzi alla Corte Costituzionale con quattro dichiarazioni di incostituzionalità e una decisione in cui si chiama il Parlamento a legiferare sulla donazione alla ricerca scientifica degli embrioni non idonei per una gravidanza. Ultimamente, poi, temiamo che il Parlamento possa intervenire riducendo ulteriormente le possibilità, soprattutto alla luce del decreto Pillon, che rischia di stravolgere il diritto di famiglia” spiega Filomena Gallo.

La Corte europea di Strasburgo ha ritenuto la legge italiana incoerente con quella sull’aborto, tanto che ha fatto scalpore, a novembre 2017, la decisione del tribunale di Cagliari che ha obbligato l’ospedale Microcitemico della città sarda a procedere con la diagnosi preimpianto su un embrione ottenuto in provetta da una donna portatrice di talassemia.

Le conquiste e nuove battaglie

Sul fronte dei progressi si ricorda la cancellazione di una serie di divieti: «Il divieto di fecondazione di più di tre ovociti, quello di un unico e contemporaneo impianto di tutti gli embrioni prodotti, il divieto di tecniche eterologhe e quello di accesso per coppie fertili portatrici di patologie genetiche che hanno bisogno di fare indagini diagnostiche preimpianto” spiega Gallo.

Resta invece la battaglia sugli ultimi divieti: “La possibilità – oggi negata – di destinare alla ricerca scientifica gli embrioni scartati dalla PMA e quella di rendere accessibili queste tecniche a tutti coloro che ne fanno richiesta, in particolare single e coppie dello stesso sesso. Su questo fronte, a maggio attendiamo ancora una volta un pronunciamento della Corte Costituzionale, proprio sul caso di una coppia dello stesso sesso” dice la segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni.

La mancanza di informazione sulla donazione dei gameti

Un altro aspetto riguarda, invece, la mancanza di campagne di sensibilizzazione per la donazione di embrioni: “Vorremmo che fosse prevista una somma per donatori di gameti come forma di rimborso, non certo per commercializzare i gameti, ma per incentivare i donatori, che in Italia scarseggiano, tanto che si è costretti a importarli dall’estero. Per loro sono previsti anonimato e gratuità, mentre ad esempio in altri paesi c’è un rimborso di circa 1.000 euro per le donne donatrici. Ci vorrebbero anche campagne informative, come quelle in Inghilterra, dove famiglie che hanno avuto accesso a tecniche di fecondazione assistita esortano a compiere un atto solidale, donando” conclude la segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni. Non a caso molte coppie si rivolgono all’estero: la Spagna è il Paese europeo col maggior numero di trattamenti (119.875, secondo i dati del congresso della European Society of Human Reproduction and Embriology, tenutosi a Barcellona nel 2018). A seguire ci sono la Russia (110.723 cicli), la Germania (96.512) e la Francia (93.918).

Il rischio “discriminazione” per età

Un altro aspetto dibattuto riguarda possibili discriminazioni: ad esempio, l’età massima prevista per l’accesso alla fecondazione assistita varia sensibilmente sul territorio, ma non solo: “Il limite identificato per l’accesso alla PMA nei LEA è in contrasto con la legge 40 che prevede l’accesso per la coppia in età potenzialmente fertile, condizione che può variare da coppia a coppia. E che varia da regione a regione. “C’è un rischio legato al federalismo sanitario: la stessa PMA non è fornita in modo uniforme su tutto il territorio nazionale a livello di strutture pubbliche, con ritardi soprattutto al sud. In Campania, ad esempio, a febbraio è stata modificata la legge regionale che risaliva al 2003. In Sardegna, sempre a febbraio è stata emanata la prima delibera per l’eterologa”.
“I progressi ci sono stati, ma non basta: chiediamo di aggiornare i livelli di assistenza del servizio sanitario nazionale e pubblico con la diagnosi preimpianto (esclusa dai LEA dall’ex ministro della Salute, Lorenzin) perché il limite economico non sia un ostacolo ad avere una famiglia con dei figli. I LEA sono fermi al 2017″ dice Gallo.

Mamme sempre più “mature”

L’età media delle donne che si sottopongono a PMA è di 36,8 anni, a fronte dei 34,8 della media europea, riferiti però all’aggiornamento più recente del 2013. Aumenta, dunque, l’età in cui si chiede l’accesso a questo tipo di tecnica: nel 2016 le over 40 che italiane a fare affidamento sulla PMA erano il 35,2%, mentre nel 2005 solo il 20,7%. Nel nostro Paese i nati grazie alla fecondazione assistita sono il 2,8% del totale.

Aumentano le nascite grazie alla PMA

In Italia aumenta il numero di chi ricorre alla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), tanto da aver raggiunto un record: in base ai dati del ministero della Salute (2016), illustrati lo scorso autunno dal ministro Giulia Grillo, sono stati 13.582 i neonati vivi dopo una PMA, a seguito di 97.656 cicli, con un tasso di riuscita della fecondazione assistita del 13,91%. I dati si riferiscono a tutte le tecniche, sia omologa che eterologa, comprendendo sia il I livello in vivo (direttamente nel corpo della donna con inseminazione intrauterina) che il II e III livello (fecondazione in vitro, ossia Fivet, e ICSI, che permette l’inserimento dello spermatozoo direttamente nell’ovulo).

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