Tumore al seno metastatico: arriva il rimborso per il nuovo farmaco

L'anticorpo farmaco-coniugato per il tumore al seno metastatico, come viene definito, ora viene rimborsato. Secondo uno studio dello IEO è più efficace, meno tossice, più comode e non fa perdere i capelli. Per chi è adatto

Il farmaco “coniugato” contro il tumore metastatico può essere rimborsato dal Servizio sanitario nazionale. A stabilirlo è stata l’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa). Si tratta della cura che prevede l’offerta di un anticorpo monoclonale e il trastuzumab-deruxtecan. La terapia è stata ritenuta non solo adatta, ma in grado di migliorare in modo sostanziale la sopravvivenza nelle pazienti con tumore al seno metastatico e bassa espressione della proteina Her2 (Her2 low). A beneficiare del rimborso saranno le donne con questa patologia oncologica che hanno ricevuto in precedenza la chemioterapia o che hanno sviluppato recidiva della malattia durante o entro 6 mesi dal completamento della chemioterapia adiuvante.

Tumore al seno metastatico: il farmaco riduce il rischio di morte del 36%

L’efficacia dell’anticorpo farmaco-coniugato, come viene definito, è stata dimostrata dai risultati di uno studio di fase 3, il Destiny-Breast04, pubblicati sul New England Journal of Medicine: mostrano una riduzione del 36% il rischio di morte, con un miglioramento di oltre 6 mesi della sopravvivenza globale. Nello studio, che ha coinvolto 557 pazienti, trastuzumab deruxtecan ha anche dimezzato ( – 50%) il rischio di progressione rispetto alla chemioterapia.

Un altro nuovo farmaco per il tumore al seno triplo negativo

Intanto arrivano dati incoraggianti anche da un altro studio, di fase preclinica, condotto dalle Università di Adelaide e dell’Australia Meridionale insieme al Dipartimento di Chirurgia e Cancro dell’Imperial College di Londra. In questo caso la terapia riguarderebbe il tumore al seno triplo negativo e avrebbe il vantaggio di ridurre gli effetti collaterali tossici della chemio. Come pubblicato sulla rivista Oncogene, il nuovo farmaco denominato “CDDD11-8” era stato sviluppato nel 2022 per trattare la leucemia mieloide acuta. Agisce inibendo una proteina specifica nel tumore, coinvolta nella crescita cellulare, arrestando la progressione del tumore. Si assume per via orale e al momento è stato testato su un modello animale, dimostrandosi efficace nell’eliminare solo le cellule cancerose del tessuto mammario.

La chemioterapia metronomica

Mentre proseguono gli studi, dunque, si apprezzano anche gli effetti positivi della cosiddetta “chemioterapia metronomica”, di cui si parla da qualche tempo come di un trattamento contro il tumore al seno metastatico in grado di impattare meno sulla vita delle pazienti, permettendo loro di assumere il farmaco a casa invece di doversi recare in ospedale. Non solo: evita la classica perdita di capelli e risulta meno tossico, ma egualmente efficace, se non di più. A dimostrarlo è uno studio accademico, coordinato dall’Istituto Europeo di Oncologia sotto l’egida dell’IBCSG (International Breast Cancer Study Group).

Lo studio: terapia più efficace e meno tossica

Lo studio, pubblicato in autunno sulla rivista scientifica Jama Oncology, non lascia dubbi: «La terapia con lo schema VEX si è dimostrata superiore rispetto alla chemioterapia standard relativamente all’efficacia e ad alcuni effetti collaterali: per esempio non causa la caduta dei capelli», come spiegato dalla dottoressa Elisabetta Munzone, oncologa della Divisone di Senologia Medica IEO e prima firma del lavoro. Come spiegato dai ricercatori, la terapia metronomica offre un miglior controllo della malattia per due motivi: rallenta il tempo di progressione di circa 4 mesi e riduce il rischio di interruzione della cura a causa degli effetti collaterali. Questo porta a “guadagnare” 3 mesi e mezzo di tempo. Ma in cosa consiste?

La terapia metronomica: cos’è e come funziona

A condurre il primo studio sulla terapia metronomica (che prende il nome dal “metronomo”), era stato sempre lo IEO. Avrebbe minori effetti collaterali, come lalopecia data dalla chemioterapia tradizionale. «Pur trattandosi di una terapia di tipo chemioterapico, non avviene per via venosa come quella tradizionale, ma tramite farmaci orali, con basso dosaggio e in modo continuativo o con brevi interruzioni. È un trattamento studiato da 20 anni, proprio qui in Istituto. Ma mentre inizialmente si pensava che inibisse i nuovi vasi sanguigni, di fatto togliendo nutrimento alle cellule tumorali, oggi sappiamo che è in grado di agire a più livelli. Questo la rende una possibile terapia per moltissime donne che hanno un tumore alla mammella metastatico» spiega Emilia Montagna, assistente senior della divisione di senologia medica dello IEO.

Le studio sulle donne con tumore al seno metastatico

Come era emerso dalla ricerca coordinata dalla dottoressa Montagna e pubblicata sulla rivista scientifica Anti-cancer drugs, la terapia metronomica ha dato ottimi risultati su un campione di 67 pazienti dello stesso IEO. Le donne, con tumore mammario metastatico con recettore ormonale positivo e HER2 negativo (detto “luminale”), sono state analizzate in modo retrospettivo, cioè a posteriori, dopo un’attenta osservazione e una durata della terapia di almeno un anno. In un quarto dei casi, però, si è arrivati anche a 3/7 anni di terapia. Il gruppo era composto da pazienti di età media di 53 anni.

Meno effetti collaterali con la terapia metronomica

Un primo vantaggio è la cronicizzazione della malattia: «Questa terapia permette di tenere sotto controllo la malattia anche per anni. Sappiamo, infatti, che il tumore al seno non è di un solo tipo. Nel caso di un tumore metastatico, cioè non più localizzato solo alla mammella, l’obiettivo è allungare il più possibile la sopravvivenza della paziente, tenendo sotto controllo la malattia e permettendo la miglior qualità di vita possibile. È una situazione, infatti, con cui convivono molte donne – spiega l’esperta – Inizialmente si somministrano farmaci inibitori di cicline, cioè biologici di tipo orale, associati alle terapie ormonali. Quando, però, è necessario valutare il ricorso alla chemioterapia e se ci sono le caratteristiche previste, tra le opzioni possibili c’è la terapia metronomica, che può cronicizzare la malattia, offrendo una buona qualità di vita» spiega l’esperta.

La cura si fa a casa

Un primo vantaggio, infatti, è che porta a un notevole miglioramento nella gestione della cura da parte delle pazienti, perché il farmaco si può assumere direttamente da casa senza doversi recare in ospedale. «Esatto. Gli accessi in ospedale sono limitati, in media una volta al mese solo per la visita, gli esami e la consegna delle compresse, che poi la paziente può assumere da casa» conferma la dottoressa Montagna.

Si limita la caduta dei capelli

Si tratta di un aspetto importante da un punto di vista emotivo: la terapia metronomica permette di evitare la caduta dei capelli, come invece accade con la chemioterapia classica: «Questo dipende anche dal tipo di farmaco chemioterapico che viene somministrato – prosegue Montagna – Non tutti, infatti, causano l’alopecia e quelli orali utilizzati con il trattamento metronomico sono quelli che non provocano la caduta di capelli».

Si può usare per lunghi periodi

Quanto all’efficacia, il precedente studio dello IEO mostrava come «l’uso prolungato non provoca tossicità cumulativa. Questo, infatti, è uno dei rischi delle terapie tradizionali a base di chemio, che nel tempo possono risultare meno tollerate e possono dar luogo a effetti collaterali più importanti – continua Montagna – In questo caso, invece, abbiamo visto che la malattia può essere tenuta sotto controllo anche per anni permettendo alle pazienti di condurre una vita affettiva, lavorativa e sociale non troppo diversa da quella di prima della malattia». Ora il team di ricercatori ha proseguito con ulteriori approfondimenti, grazie allo Studio Meteora, mettendo a confronto la chemioterapia in vena con il trattamento metronomico. L’obiettivo è arrivare a una medicina sempre più mirata e “personalizzata”.

Un altro farmaco per le donne giovani con tumore al seno metastatico

Sempre nei mesi scorsi, in occasione del congresso mondiale di oncologia (ASCO), era stato mostrato anche un altro studio, ASCENT, su un farmaco che si è dimostrato efficacie contro il tumore triplo negativo metastatico al seno, uno dei più aggressivi e che colpisce soprattutto donne giovani. «Lo studio ASCENT è importante perché dimostra che, grazie a una terapia mirata, è possibile migliorare significativamente non solo la sopravvivenza globale, ma anche la qualità della vita» ha spiegato il presidente AIOM, Saverio Cinieri, in un intervento per la LILT, la Lega italiana per la lotta contro i tumori. Al momento, quindi, prosegue la ricerca per poter aumentare il numero di terapie e trattamenti disponibili da offrire alle donne con tumore al seno, differenziando in base alle caratteristiche della malattia sui singoli individui.

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