Con la bolletta della luce non paghi solo i tuoi consumi

Forse non tutti sanno che con la bolletta della luce non paghiamo solo l’energia che consumiamo e la rete di distribuzione. Ma molto altro. Compresi i costi dell'inquinamento

Anche per questa volta riusciremo ad evitare una maxi stangata in bolletta, in particolare per quanto riguarda la luce. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, aveva preannunciato un rincaro record del 40% da ottobre sulle bollette della corrente elettrica. Ma con un intervento in extremis il Governo ha deciso di compensare gli aumenti previsti, con uno stanziamento di almeno 3 miliardi. L’obiettivo è sostenere le famiglie e le piccole imprese, intervenendo su una specifica voce di costo: gli “oneri di sistema”, che non riguardano i consumi degli utenti. Da tempo le associazioni dei consumatori, però, chiedono un intervento definitivo spostando sulla fiscalità generale (e dunque le tasse) questi costi, che per la maggior parte non hanno nulla a che fare non solo con i consumi effettivi dei singoli, ma neppure con l’elettricità.

Perché rincarano le bollette

L’aumento era ampiamente previsto, esattamente come accaduto anche nel trimestre precedente. In parte è dovuto ai rincari delle materie prime, in particolare del gas che incide sui costi della corrente elettrica. In parte, però, sono legati agli “oneri di sistema”, come era già accaduto a luglio, quando il decreto Lavoro e Imprese aveva previsto 1,2 miliardi di euro per la loro riduzione. Ma la situazione, dopo tre mesi, si è ripresentata in modo identico, aggravata dalla prospettiva di un rincaro doppio, pari al 40%. Da qui l’esigenza di rivedere il metodo di calcolo delle bollette.

Cosa sono gli “oneri di sistema”

«Nelle bollette, e soprattutto in quelle della luce, non paghiamo solo l’energia che consumiamo e la rete di distribuzione che serve a fornirla, ma anche altre voci che finiscono per trasformare le bollette in bancomat, cioè strumenti per raccogliere fondi da destinare ad altri servizi e scopi. In pratica nel corso degli anni sono state inserite voci di prelievo che solo in parte hanno a che a fare col mondo dell’energia, ma che servono a finanziare politiche industriali generali. Il problema è che sono arrivate a pesare per un quarto, ossia il 25% della bolletta del consumatore domestico tipo» spiega Marco Vignola, responsabile del settore Energia dell’Unione Nazionale Consumatori.

A cosa servono gli “oneri di sistema”

«La maggior parte di questi proventi serve a finanziare le fonti rinnovabili, ad agevolare le imprese energivore cioè quelle a forte consumo di energia, a promuovere l’efficienza energica, ma è servito e serve anche a mettere in sicurezza il nucleare. Addirittura il governo Renzi inserì negli oneri di sistema 135 milioni di euro all’anno da destinare genericamente al bilancio dello Stato. Tra le voci che concorrono agli oneri generali c’è persino una quota che serve a sostenere il servizio ferroviario con particolari regimi tariffari, e c’era (per fortuna ora non più) quella per incentivare la produzione di energia da fonti non biodegradabili, In tutto si parla del 93-95% degli oneri totali» spiega Vignola.

Solo una parte della bolletta serve al servizio elettrico

«Solo una quota minoritaria serve a migliorare il servizio elettrico, per esempio con la ricerca, oppure a sostenere le impese elettriche minori come quelle sulle isole non collegate al continente (per non far pagare ai residenti in modo eccessivo e sproporzionato rispetto agli altri cittadini). È incluso negli oneri di sistema anche il finanziamento del bonus sociale, che serve a combattere la povertà energetica, dunque offrire un servizio standard a tutti. Ma tutte insieme queste voci rappresentano appena il 5-8%» prosegue l’esperto.

Dalla bolletta alle tasse

Da queste considerazioni e da questi numeri arriva la richiesta di modifica del calcolo delle bollette: «È da anni che chiediamo un intervento strutturale e definitivo: gli oneri di sistema che nulla hanno a che fare con i reali consumi dei singoli utenti domestici. Dovrebbero passare alla fiscalità generale, dunque alle tasse, che seguono un criterio di capacità contributiva, perché si tratta di politiche industriali, magari anche giuste e necessarie, ma che non dovrebbero gravare sui consumatori, specie quelli fragili» spiega l’esperto dell’Unione Nazionale Consumatori.

Cosa c’entra il clima

«Una revisione del calcolo delle bollette si rende necessaria anche in vista nuovi rincari futuri, legati anche alla congiuntura internazionale e ai cambiamenti climatici» sottolinea Mignone, richiamando le parole del Ministro Cingolani. Uno dei motivi dei rialzi dei prezzi, infatti, ha a che fare con le cosiddette “aste di CO2”: «Si tratta del meccanismo messo in atto per ridurre le emissioni inquinanti. Prevede delle quote massime di emissione di anidride carbonica per le imprese: quelle che ne producono di più, sforando i limiti, possono acquistare dei crediti dalle aziende più virtuose, per compensare. Il problema è che questo mercato fisico, fatto di tonnellate di CO2, si è trasformato in mercato finanziario, che come tale è soggetto a speculazioni. Di fatto, nell’ultimo anno il costo dell’anidride carbonica è raddoppiato, anche di fronte all’esigenza di limitare le emissioni per contrastare il riscaldamento globale» spiega l’esperto. Il risultato è che il costo delle “aste di CO” è finito col ricadere sui costi generali dell’energia elettrica, pesando per circa il 20%, dunque una percentuale non trascurabile. Forse anche su questo tema il Governo potrebbe chiedere un ripensamento all’Europa» conclude Vignola.

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