Sei un caregiver? Anche tu hai bisogno di aiuto

Il caregiver spesso vive una vera sindrome da stress, ma raramente chiede aiuto e fatica a occuparsi dei propri bisogni. Invece è importante trovare un equilibrio tra le cure per il parente e quelle per se stessi, come spieghiamo in questo video e nell'intervista all'esperta 

Per gli ammalati e le persone disabili, i caregiver sono un sostegno indispensabile, i medici contano su di loro e le istituzioni non potrebbero farne a meno.

I caregiver in Italia

L’Italia è uno dei pochi Paesi in Europa a non riconoscere la figura del caregiver familiare, a non tutelarlo dal punto di vista previdenziale, sanitario e assicurativo. Il caregiver infatti gode di alcune risorse, tutele legali e detrazioni fiscali, che però restano ancora troppo poche. Tra la legge 104 e le novità che attendono di essere discusse in Senato, esistono alcune soluzioni a livello regionale e locale. La richiesta di risposte politiche è urgente e pressante, vista anche l’entità del fenomeno (che in estate, poi, diventa ancora più drammatico).

Sono più di 15 milioni gli italiani che assistono gratuitamente e volontariamente i propri cari disabili e non autosufficienti in ambito domestico, supplendo così alle carenze del sistema pubblico dei servizi di cura. Nella maggior parte dei casi (80%) si tratta di donne tra i 45 e i 60 anni, a conferma del fatto che la famiglia è ancora il luogo privilegiato della cura e che la donna in particolare continua a rappresentare la figura dispensatrice di attenzioni.

I caregiver soffrono quanto i malati

Spesso, però, il caregiver soffre quanto il malato stesso. «Si parla addirittura di sindrome da stress del caregiver» spiega la dottoressa Laura Lamera, psicologa e psicoterapeuta, membro del comitato scientifico dell’Associazione Moov-it onlus, che segue in particolare ammalati di Parkinson (e i loro familiari). «La sua giornata è scandita dai tempi della malattia del proprio caro: lo accompagna alle visite, parla con i medici, si occupa delle  formalità burocratiche, dell’alimentazione, delle terapie e dell’igiene personale, ma soprattutto cerca di sostenere il malato negli inevitabili momenti di paura o sconforto. Nelle fasi più critiche questi compiti possono occupare anche tutta la giornata, con gran dispendio di energie fisiche e mentali e un completo stravolgimento di tutti gli ambiti della vita (lavorativa, familiare e sociale). I costi, sia come spese dirette (spesso il caregiver lascia il lavoro o sceglie un’attività part-time), sia indirette, sono rilevanti, come l’impatto sulla salute e sulle condizioni psicologiche e relazionali».

Cosa prova il caregiver

L’attenzione di tutti, come è giusto che sia, si concentra sul paziente, e le decisioni, quando non sono prese direttamente da lui, sono comunque nel suo interesse. «Il caregiver può quindi sentirsi “intrappolato” anche quando l’amore con cui continua a sostenere il suo ruolo è autentico. Una situazione altamente stressante che può minare in modo serio il fisico e la mente di chi presta assistenza» prosegue la dottoressa Lamera. Oggi i casi di sofferenza fisica e psichica dei caregiver sono in aumento per il semplice fatto che sono in aumento i caregiver stessi e i compiti che si chiede loro di svolgere. Una richiesta che aumenterà in modo esponenziale. Se nel 1980 gli ultra 65enni erano 23 su 100 e nel 2017 38 su 100, nel 2050 saranno 78 e i “centenari”, che oggi sono 17mila, saranno 150mila. E così l’Italia conquisterà il non invidiabile primato del terzo Paese al mondo per anziani.

Lo stress del caregiver

In cima alle preoccupazioni, e quindi tra le principali fonti di stress di chi presta assistenza a un malato, c’è la paura “di non fare abbastanza” o di non fare le cose nel modo più giusto. «Il  caregiver  vuole  sapere se sta svolgendo tutto nel modo corretto, ma il paziente non può dare un  giudizio tecnico e spesso non è nemmeno nelle condizioni di rassicurare o ringraziare chi si sta occupando di lui» spiega l’esperta. Senza feedback dalla persona cara, la frustrazione del caregiver cresce. E rischia di andare in tilt.

Il caregiver è un paziente nascosto

Per il medico, non è facile accorgersi della situazione dei parenti. «Il caregiver principale in genere tende a nascondere i propri sentimenti e le proprie sofferenze fisiche o psicologiche per non turbare il malato o gli altri familiari, a volte persino per il timore di delegare ad altri non ritenuti all’altezza del compito» spiega la psicoterapeuta. «Accade quando una persona si identifica fino ad annullarsi nel suo compito di assistenza».

Più il caregiver è in salute, più sta meglio anche il malato

Il caregiver può avere una grande influenza sul benessere del paziente. Mantenere alto il proprio umore e cercare di preservare la propria salute fisica è quindi indispensabile per continuare ad essere d’aiuto. Ecco qualche consiglio utile, con l’aiuto della dottoressa Lamera.

Informati sui tuoi diritti

Cerca di tenerti aggiornato sulla malattia, sulle cure, sui diritti del paziente e suoi tuoi (assistenza domiciliare almeno per alcune ore al giorno, mezzi di trasporto adatti, permessi lavorativi, possibilità di part-time eccetera). Chiedi ai medici, alle associazioni di pazienti e familiari che ci sono già passati: più informazioni hai, più facile sarà capire se stai facendo la cosa migliore per te e il tuo caro.

Non trascurare sonno e alimentazione

Dormire e mangiare in modo corretto sono requisiti indispensabili per mantenersi sani e attivi.

Fai esercizio

Fare attività fisica, soprattutto se all’aria aperta e a contatto con altre persone, non giova solo al corpo ma ti aiuterà a mantenere alto l’umore.

Prenditi un tuo spazio

Conservare un po’ di tempo da dedicare a se stessi facendo qualcosa di gratificante non è un atto di egoismo, ma una necessità per la mente e per il corpo. Ne trarrà giovamento anche chi ti sta intorno.

Chiedi aiuto

Non esitare a cercare qualcuno che ti possa sostituire almeno per qualche ora. Dai fiducia anche a chi ti sta intorno e lascia che facciano qualcosa per te. E se proprio non trovi nessuno, chiedi alle associazioni di volontari o alle istituzioni della tua zona per un’assistenza qualificata.

Parla con qualcuno

Sfogarsi, tirare fuori le proprie emozioni, positive o negative che siano – soprattutto con qualcuno che ti può capire perché magari ci è già passato – può aiutarti a ritrovare un po’ di serenità. I gruppi di mutuo aiuto organizzati dalle varie associazioni non sono rivolti solo ai pazienti che vivono in prima persona la malattia, ma anche ai loro familiari.

Curati quando stai male

Se pensi di avere un problema di salute fisica o psichica non esitare a rivolgerti a un medico e se già soffri di una malattia non trascurare le tue terapie.

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