Ristorante, addio. Adesso la parola d’ordine è “delivery”. Gli italiani scelgono di ricevere a domicilio sushi, hamburger, perfino menu da chef. Un po’ per risparmiare. Ma soprattutto per comodità, velocità e varietà

Dimentica le pizze fredde e i fritti cinesi nei cartocci unti. Il delivery food oggi è la nuova frontiera del mangiar bene, sano e chic. L’offerta è ampissima: dai noodles alle ostriche, dal menu veg a quello senza glutine. Solo a Milano negli ultimi 6 mesi sono sbarcate 3 nuove società (Foodora, Foodinho e Deliveroo) e a livello internazionale le startup che si occupano di cibo a domicilio sono aumentate del 55% tra il 2013 e il 2014. Non basta: secondo la multinazionale americana Baum + Whitman, il delivery è al primo posto tra le tendenze food del 2016, tanto che anche i big dell’hi-tech, come Google, Uber e Amazon, hanno appena lanciato servizi di consegna di cibo e bevande.

DA DOVE NASCE QUESTO BOOM? «La crisi e la tecnologia hanno dato nuove possibilità al vecchio take-away, ampliando la gamma e la qualità dei servizi» spiega il sociologo Vanni Codeluppi. «Mangiare fuori è un lusso. Ordinando a domicilio, si risparmia sulla benzina, il parcheggio e il rischio multe. In più, con lo smartphone che teniamo in mano tutto il giorno, bastano pochi clic per ricevere la cena dal ristorante preferito».

Ma il motivo del successo non sta solo nelle contingenze. «Oggi il valore più importante di un prodotto è la sua personalizzazione» spiega Sebastiano Grandi, coordinatore del corso di laurea in Food marketing e strategie commerciali all’università Cattolica di Milano. «Il food delivery permette di godere del servizio “su misura” per eccellenza, perché offre semplicità, comodità, velocità e varietà». Altro che surgelati!

COME FUNZIONA IL SERVIZIO? Il meccanismo è simile per tutti i marchi di delivery: vai sul sito oppure scarichi l’app, inserisci l’indirizzo, scegli il ristorante, ordini, e nell’arco di un’ora, il pranzo arriva a casa o in ufficio. Dietro ogni azienda ci sono modelli di business molto diversi. Just Eat, il colosso internazionale con 4.000 ristoranti affiliati in Italia, è un marketplace. «Favoriamo  il contatto tra i clienti e i ristoranti. Di fatto sono questi ultimi a gestire sia la preparazione del pasto sia la consegna» spiega Daniele Contini, country manager Italia. I vantaggi? Un’offerta sterminata e nessun sovrapprezzo rispetto all’ordinazione. Puntano su efficienza del servizio e alta qualità della cucina (a fronte di un sovrappiù per la consegna) compagnie come Deliveroo,  Foodora, BacchetteForchette e My Food, vere e proprie piattaforme logistiche.

«Abbiamo una rete di ristoranti selezionati e curiamo personalmente il delivery del pasto grazie a una flotta di veicoli green, attrezzati per mantenere la catena del caldo e del freddo dei cibi» dice Mario Cassoli, uno dei soci di BacchetteForchette. L’ultima frontiera del settore? Le startup che offrono una lista di specialità preparate dalla propria cucina. Negli States vanno fortissimo Maple e Munchery, in Italia c’è Diet to go: prepara e recapita menu dietetici e salutistici, dalla dieta a zona a quella vegetariana, su abbonamento. Costo per una settimana: dai 180 ai 300 euro.

CHI ASSICURA LA PUNTUALITÀ? «Ogni driver, cioè chi consegna il pasto, lavora esclusivamente all’interno di una determinata zona di competenza, di circa 4 chilometri quadrati» spiega Matteo Sarzana, general manager di Deliveroo, il servizio di food delivery attivo a Milano e a Roma che garantisce la consegna in 32 minuti dall’inserimento dell’ordine. «Questo permette al driver di avere una conoscenza perfetta dell’area e di raggiungere qualunque destinazione nei tempi stabiliti in tutte le fasce orarie. E in caso di un ritardo superiore ai 10 minuti, avvia un procedimento di rimborso». Attenzione, però: con questo sistema non si può ordinare da ristoranti al di fuori della propria zona.

QUALI SONO I PIATTI PIÙ RICHIESTI? Secondo la classifica stilata da Just Eat, il piatto più gettonato dagli italiani è la pizza, tallonata dal sushi, dal cinese e dall’hamburger. E a Milano, nella top ten delle ordinazioni di Deliveroo, la passione per il panino all’americana ha scalzato addirittura la Margherita. Come si spiega questa passione per la cucina straniera? «Nella società di oggi, in cui l’offerta è sterminata, i consumatori non acquistano solamente beni, ma cercano esperienze» osserva Sebastiano Grandi. «Il cibo è sempre più un momento di sperimentazione, da raccontare e condividere». E i numeri lo confermano: secondo JustEat, il 38 % dei clienti ordina con gli amici.

LA SICUREZZA E LA QUALITÀ DEL CIBO SONO GARANTITE? «La sicurezza assolutamente sì» dice Pietro Antonio Migliaccio, presidente della Società italiana di scienza dell’alimentazione. «Non solo non risultano tossi-infezioni da cibo da asporto, ma il delivery è più sicuro anche dei surgelati, che sono a rischio scongelamento e ricongelamento, se non si presta attenzione». Quanto alla qualità, non contano solo i tempi di consegna, ma anche le condizioni del trasporto.

Gli errori più comuni? «Mettere cibi caldi e freddi, come zuppe e sushi, nello stesso scomparto del box o nello stesso sacchetto senza isolarli termicamente» spiega Migliaccio. Occhio anche al packaging. Chi non si è mai visto recapitare patatine mollicce? Colpa del contenitore. «I cibi più freschi e croccanti, come le insalate o i fritti, dovrebbero essere serviti in pack con fori traspiranti, per far fuoriuscire il calore» dice Patrizia Storti di CHS Group, azienda leader nella distribuzione del package take away. «Se è “chiuso”, il cibo rischia di assorbire il vapore che si crea, diventando molle e poco fragrante».

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