Diventeremo tutti vegani?

Lo ha sentenziato il prestigioso settimanale “The Economist”: il 2019 sarà l’anno vegano. Le premesse ci sono: Veganuary, la sfida lanciata in Inghilterra (a cui hanno aderito anche Beyoncé e Jay-Z) che consiste nel convertirsi al “credo” solo per il mese di gennaio, ha fatto il botto con oltre 250.000 iscritti in 193 Paesi. Mentre a Los Angeles, dal 1° al 4 febbraio, va in scena la prima Vegan fashion week, che sancisce l’ingresso della moda etica nell’Olimpo del fashion system. Infine, parola di Nielsen, in Italia questo mercato vale 850 milioni di euro. Numeri a parte, a far riflettere è un fenomeno sotto gli occhi di tutti: il veganesimo sta influenzando il nostro modo di vivere e pensare.

Nella foto: Beyoncé e Jay-Z hanno lanciato un messaggio su Instagram a favore di GreenPrint, un programma a favore della dieta vegana. Chi aderisce potrà assistere gratis per 30 anni ai loro concerti (ma l’offerta è valida solo per i fan statunitensi)

Aiuta a costruire abitudini ambientaliste

Anche se non abbiamo abolito le proteine animali, quante volte durante la settimana rinunciamo a una bistecca o assaggiamo il latte di soia? Le idee cruelty free sono già penetrate nella nostra quotidianità. Perché? «Il veganesimo è un movimento radicale nato negli anni ’70 che rifiuta di infliggere sofferenze agli animali e mette in discussione gli stili di vita occidentali» spiega Leonardo Caffo, docente di Filosofia teoretica al Politecnico di Torino e autore del saggio Vegan. Un manifesto filosofico (Einaudi). «Sempre più persone sono convinte che consumismo e scarsa sensibilità green porteranno il Pianeta alla deriva. Del veganesimo piace l’impegno: offre una strada percorribile con cibi, materiali e abitudini a basso impatto ambientale. L’etica, poi, ora va a braccetto con l’estetica, così stilisti e designer studiano la nuova attenzione dei consumatori e puntano su tessuti e prodotti non animali. Chi si avvicina a questi principi magari non li mette in pratica al 100% ma lo fa con curiosità e perché sente di compiere un gesto importante».

Mette sotto accusa il sistema di produzione mondiale del cibo

Il legame tra movimento e futuro del Pianeta è confermato da parecchi studi. L’ultimo, firmato da 40 scienziati per la rivista Lancet, dimostra come cambiamenti climatici, obesità e malnutrizione abbiano un denominatore comune: il sistema di produzione mondiale del cibo. Una dieta erbivora, che raddoppia i consumi di frutta, verdura e legumi e riduce di oltre il 50% quelli di zuccheri e carni rosse, fa bene alla salute e dimezza inquinamento e sprechi. Ma se la soluzione è questa, allora ha senso essere veg un solo mese all’anno? «A livello ideologico no» spiega il filosofo Leonardo Caffo. «È come essere pacifisti per 30 giorni e poi dichiarare guerra a chiunque per gli altri 11 mesi. Però, se anche poche decine di persone cambiassero idea dopo aver provato sarebbe un successo». Anche perché diventare all’improvviso tutti veg non sarebbe sostenibile per il Pianeta. Secondo l’università di Oxford se il mondo intero smettesse di mangiar carne entro il 2050, le emissioni di anidride carbonica dovute alla produzione di cibo calerebbero del 60%, ma riconvertire i campi oggi usati per l’allevamento non sarebbe semplice, sia per l’impoverimento del suolo sia per il drastico impatto economico sulle popolazioni locali.

È meno ideologico di un tempo e piace ai millennials

«Oggi moltissime persone mangiano vegetale perché lo ritengono più salutare, ma non si riconoscono nel movimento vegano» dice Federica Giordani, direttore di Vegolosi.it, il webmagazine più seguito del settore. «Calano i “puristi”, però le vendite di prodotti raddoppiano e persino marchi storici come Citterio e Beretta propongono alternative senza carne». E se al supermercato spopola l’hamburger green, il veganesimo contagia altri settori. «La cosmesi è in ascesa» spiega Francesca Mininni, sociologa all’università Bicocca di Milano. «Sulle Dolomiti è nato il primo hotel 100% cruelty free e sempre più agenzie organizzano viaggi rispettosi degli animali. I clienti tipo? millennials, non solo vegani».

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