Il gelato non sostituisce il pasto

Il gelato non è ideale come sostituto del pasto. E dal punto di vista delle calorie, tra artigianale o industriale non c'è grande differenza. Ecco cosa devi sapere di gelati e sorbetti

Il gelato è uno dei piaceri dell’estate, re dei dolci di stagione, consumato come dessert o come merenda, è diventato anche un sostituito del pasto. Ma sappiamo davvero cosa mangiamo quando scegliamo un cono, una coppetta da passeggio o un prodotto confezionato?

Come si prepara il gelato: base bianca e base d’acqua

Acqua, zucchero, latte… E poi? Con cosa viene fatto il gelato? Quanti eccipienti ha? Servono addensanti? Se vogliamo sapere cosa mangiamo dobbiamo partire dalla base per il gelato. Ce ne sono due: una bianca e una “d’acqua”. La prima è composta da latte, panna, latte in polvere, burro, proteine in polvere oppure pasta, e infine zuccheri. Questi ultimi possono essere glucosio, destrosio o saccarosio. La base bianca è il punto di partenza per la preparazione delle creme, a cui sono aggiunti aromi differenti a seconda dei gusti. Sia i gelati artigianali sia quelli industriali partono da questa base che si differenzia nella qualità e nella scelta di ingredienti naturali. Nei gelati artigianali, poi, il burro non si usa.

La base d’acqua, invece, è utilizzata per i gusti alla frutta, e per le creme senza lattosio e il cioccolato fondente (che non ha latte). Prevede l’uso solo di proteine in polvere (o in pasta) e zuccheri.

Gelati artigianali e industriali

Una volta ottenuta la base, cosa si aggiunge? «La maggior parte dei gelatieri aggiunge ciò che dà il gusto specifico al gelato, oltre a ingredienti che permettono di migliorare la cremosità o la spatolabilità, ma sempre prodotti naturali» spiega Claudio Pica, segretario generale dell’Associazione Italiana Gelatieri. «Per esempio, al posto degli addensanti proteici industriali sono usati i semi di carruba oppure altre fibre naturali. Invece dei grassi idrogenati si utilizza la panna».

La miscela finale del gelato artigianale è frutto di un lavoro accurato, che porta a selezionare ogni singolo ingrediente: «I gelatieri tradizionali come mia mamma, per esempio, usano un solo tipo di zucchero, ossia il classico saccarosio, mentre col tempo se ne sono aggiunti altri: glucosio, ma anche stevia, per ridurre l’apporto calorico, ma occorre fare attenzione al bilanciamento finale, in modo da mantenere la freschezza ed evitare la formazione di ghiaccio» aggiunge l’esperto.

Sorbetti e semifreddi

Quando si parla di gelati spesso si fanno rientrare in questa categoria anche i sorbetti (più o meno liquidi, da sorseggiare o gustare al cucchiaio) e i semifreddi. Ma che differenze ci sono? «I sorbetti sono gelati a tutti gli effetti, con la particolarità di avere una maggiore quantità di frutta: si può arrivare persino all’80%, senza ricorrere ad acqua aggiuntiva perché si utilizza quella della frutta» spiega Claudio Pica, segretario generale dell’Associazione Italiana Gelatieri. «Oggi, però, i sorbetti non sono più solo alla frutta, ma anche al cioccolato o al pistacchio. Lo stesso vale per i semifreddi, nati come prodotto negli anni ’80. Hanno la caratteristica di avere una maggiore quantità di latte, sono più pannosi rispetto a un normale gelato. Ci sono però varianti anche senza lattosio, che permettono una migliore digeribilità».

La novità: il gelato gastronomico e il gelato cocktail

«Ormai oggi i gelatieri sono piccoli chimici, molto attenti alla qualità, ma anche alle novità. Se i gusti più richiesti in Italia rimangono cioccolato e pistacchio (in Calabria anche la nocciola), si fanno largo tendenze nuove come lo zenzero e la vaniglia del Madagascar. Tra gli stessi cioccolati si contano fino a 30 varietà differenti. In occasione di una manifestazione nel 1980 a Rimini raggiungemmo il record di 30 gusti diversi, oggi penso che non faticheremmo a toccarne 3.000. Tra queste ci sono i gusti dei cosiddetti gelati gastronomici, come quello al parmigiano reggiano» spiega il segretario dell’Associazione italiana gelatieri. «Si tratta di gelati serviti in abbinamento ad alcuni piatti particolari. A me è capitato, per esempio, di mangiare pesce con un gelato al bergamotto».

«Un’altra novità è rappresentata dal gelato allo Spritz o al Mojto. Sono preparati utilizzando spezie come la menta e i barman li aggiungono agli apertivi, per renderli più freschi. Ma in alcuni casi si trovano anche come gelato da gustare a passeggio. Nello stesso filone ci sono i gelati alla grappa o al vino: nella Regione Lazio ne sono state realizzate 18 varietà differenti, riuscendo a mantenere il gelato intatto, senza che si sciogliesse a causa dello zucchero presente nel vino stesso» racconta Claudio Pica.

Il gelato non sostituisce il pranzo

Infine,
l’annosa questione: il gelato è un dolce da gustare a fine pasto oppure lo
sostituisce?

«Il gelato non va considerato un sostituto del pasto perché non è un equivalente né da un punto di vista nutrizionale né calorico. A volte si può fare, ma va ricordato che da un punto di vista nutrizionale il gelato è ricco di zuccheri, ma povero in proteine, vitamine, fibre e grassi, specie se si scelgono gusti alla frutta. Un altro aspetto da non sottovalutare è che il gelato solitamente non sazia a lungo e può dare un picco di glicemia» chiarisce Luca Piretta, Nutrizionista, Gastroenterologo, specialista in Scienza della Nutrizione Umana dell’Università Campus Biomedico di Roma.

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Qual è l’apporto calorico ed energetico

In generale i grassi di un gelato,
artigianale o industriale, possono variare da 3/4 grammi ogni 100 nel caso dei
gusti alla frutta fino ai 15 delle creme più elaborate. Attenzione, però, anche
all’apporto di zuccheri e carboidrati: in media i gelati ne hanno un quarto
(circa 25 grammi ogni 100 sia che si tratti di gusti alla frutta che di creme).
Se la quantità di proteine non varia molto (circa 7 gr. Su 100) l’apporto
calorico complessivo oscilla dalle 200/270 kcal in caso di prodotti non
eccessivamente ricchi di cioccolato o cialde ricoperte di cioccolato.

Volendo pensare alla linea, meglio un gelato sfuso e uno industriale, in termini calorici? «Da questo punto di vista non cambia molto. La vera differenza tra l’artigianale e l’industriale sta negli ingredienti: solitamente per realizzare prodotti sfusi si presta maggiore attenzione qualità delle materie prime, soprattutto per i gusti alla frutta, per i quali generalmente i gelati artigianali prevedono una maggiore ricerca. In termini strettamente calorici, invece, essendo i gelati industriali più gonfi di aria, a parità di peso hanno un apporto inferiore. La differenza non è comunque sostanziale» spiega il nutrizionista Luca Piretta.

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