Alla vigilia del ritorno in televisione con la trasmissione Le Iene, che l’ha lanciata prima come giornalista poi come conduttice, Nadia Toffa torna a parlare della sua malattia. E lo fa naturalmente sui social network in occasione del lancio del suo libro “Se ci sono riuscita io… Ci può riuscire chiunque. Infatti sorrido ogni giorno di più alla vita. Strano eh?! Inaspettato direi“, ha scritto su Instagram condividendo la copertina del libro. “Vi spiego come sono riuscita a trasformare quello che tutti considerano una sfiga, il cancro, in un dono, un’occasione, una opportunità“. Nadia Toffa sta combattendo contro un tumore dallo scorso mese di dicembre, da quando ha avuto un malore mentre si trovava a Trieste per la registrazione di un servizio della trasmissione che va in onda dal 1997 su Italia Uno. Da allora ha sempre cercato di mantenere vivo il rapporto con i fan e il pubblico sui social anche se lontana dalla Tv a causa delle cure.
Il suo post su Instagram ha scatenato un’infinità di risposte e tweet, rimbalzi da un social all’altro con commenti perplessi o stizziti, a partire da quello del giornalista Filippo Facci che su Libero commenta così: “Siamo alla spettacolarizzazione del tumore (il proprio) e alla sua trasformazione in core-businnes di un’attività pseudo-giornalistica: avremmo voluto non tornarci più sopra, sul penoso “caso Nadia Toffa”, ma la banalizzazione dei malati che questa signorina sta perpetuando è molto più importante di lei e della sua egolatria“.
Duro? Sì, molto. Irriverente? Parecchio. Ma vero. Troppo vero. Tanto che mentre lei racconta come sia riuscita “a fiorire d’inverno, nel periodo più difficile dell’anno. La stagione più fredda quando tutti dormono, non vivono. Stanno chiusi. Aspettano. E come invece abbia scoperto che questo sia diventato il momento più speciale e unico“; lui replica “I tumori della gente comune sono fatti di penose prenotazioni, di gente che muore senza sapere di che cosa soffrisse, di altra gente data per guarita decine di volte, di chemio e radioterapie che fanno schifo o che l’organismo rifiuta, di bambini e genitori disperati e – loro sì – eroici anche se poi, la sera, magari devono apprendere che le conduttrici guariscono in due mesi: si diano una mossa“.
Alla gente, ai malati, e anche a chi solo ci è passato di striscio attraverso il cancro, questa “ienizzazione” della malattia non piace. Stride un po’ con la fatica e la forza che tutti i giorni devi metterci per sopravvivere. Sembra esserci qualcosa di stonato, qualcosa che impedisce, almeno a me – e ci sono passata ben due volte – qualunque forma di empatia. Scrivere per metabolizzare ed esorcizzare va bene, in fondo tutti abbiamo bisogno di una speranza cui aggrapparci, ma autoeleggersi a testimonial sembra eccessivo.
Il giornalista Filippo Facci non è infatti l’unico ad essersi sentito “punto sul vivo” dall’argomento e, sui social, in tanti hanno espresso la contrarietà al tema. Così se la stima verso la conduttrice resta invariata, molte persone si sono dissociate dal pensiero che il cancro possa essere definito un dono, ricordando la continua lotta quotidiana di tutti coloro che combattono contro la malattia. E anche di chi, purtroppo, non ce l’ha fatta.
@terrypi64 scrive su Instagram “Sinceramente mi dissocio dal tuo pensiero, un dono è un figlio, è la vita stessa ma un cancro no ti prego, cambia pensiero. Ho sconfitto un osteosarcoma ma facendomi un CULO COSÌ!!!! Chemio, rigetti, interventi a go-go….anni di dolore x me e x la mia famiglia…col cazzo che è un dono, io non l’ho chiesto e neanche tutti quelli che sono morti davanti ai miei occhi e ai quali ogni mattina dedico un pensiero ed un sorriso. Mi dispiace ma veramente mi sembra ESAGERATA l’espressione DONO”.
E poi @anna_francesco_michi che replica al post della Toffa dicendo “A me il cancro ha fatto “dono” di una tetta in meno e mi ha tolto mia mamma a 58 anni”.
E ancora @paolacivile: “Sono contenta se tu hai risolto con la tua malattia ….ma definire il tumore un DONO …..prova a parlare con chi fa cicli su cicli di chemio o con chi ha perso persone care grazie al tumore…… Non credo che pensino sia un DONO. Queste perle di saggezza potresti risparmiarle”.
@alessia_marchesa: “Ciao, ti seguo e ti stimo. Non ho ben capito perché consideri questa malattia come un dono. mia sorella lo chiamava mostro e mi ha lasciata sola a 41 anni paralizzata da un cancro incurabile”.
Insomma, per la maggior parte delle persone che hanno vissuto personalmente o attraverso un loro caro, la malattia, resta molto difficile riuscire a vedere dove stia questo “benedetto” dono: magari può “aiutarti” a capire che su se stessi bisogna sempre scommettere, può avvicinarti ai veri valori della vita, può permetterti di conoscere il significato del vero amore e della parola amicizia. La malattia come una possibilità di crescita personale? Certo che sì. Ma dalla definizione di dono siamo davvero molto lontani.