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Dopo l’allattamento meglio il latte di crescita o quello vaccino?

  • 26 02 2018

Fino all’anno di età sono tutti concordi ma dai 12 mesi la situazione si complica. Finito l’allattamento che tipo di latte dare al proprio bambino? Il dibattito è aperto

Quando il bambino compie un anno, lo svezzamento si è compiuto e mangia quasi tutto.

Ma il latte? Finito l’allattamento è meglio il latte di crescita o il latte vaccino? Se per l’alimentazione del bambino fino all’anno di età sono tutti concordi – latte materno se possibile fino ad almeno sei mesi, poi formule artificiali – dopo i 12 mesi la situazione si fa un po’ meno chiara e le idee sono sempre più confuse. Il dibattito è apertissimo.

Il latte di crescita

Il latte di crescita è un prodotto pensato espressamente per i bambini di età compresa tra uno e tre anni, già svezzati, che hanno ormai lasciato il latte materno o quello artificiale per lattanti, ma che, secondo alcuni, non sarebbero ancora pronti per il latte vaccino.

Il latte di crescita infatti contiene meno grassi e soprattutto meno proteine mentre è più ricco di particolari micronutrienti come vitamine e minerali, ha un maggiore contenuto di ferro ed è quindi in grado di prevenire il rischio di carenza e i problemi derivanti da questa mancanza. Questa posizione è sostenuta da molti pediatri e nutrizionisti.

Il latte vaccino

Il latte vaccino fino ai 12 mesi di vita del bimbo non è adatto, è un alimento troppo povero di ferro e troppo ricco di proteine in questa fase della vita del bambino, anche se, dopo i 6 mesi lo si può utilizzare come ingrediente all’interno di ricette e preparazioni varie.

Dopo i 12 mesi, l’alimentazione del bambino è certamente più varia e il latte non è più l’alimento principale ma solo uno dei cibi che vanno a costituire l’intera dieta, sempre più ricca ed equilibrata: si tratta però di un’ottima fonte di calcio, grassi e proteine che però essere sostituito da yogurt e formaggio.

Rischi e vantaggi

Leggendo l’etichetta delle numerose marche in circolazione, il latte di crescita sembrerebbe avere meno proteine rispetto al vaccino e questo è un vantaggio direttamente connesso al rischio obesità.

Ma in realtà non è esattamente così: laddove sono presenti meno proteine, ci sono anche molti zuccheri aggiunti, aromi artificiali e carboidrati complessi, che annullano il vantaggio del minor apporto proteico in cambio di un sapore più gradevole per invogliare il bambino a berne di più.

I dubbi

L’Istituto tedesco per la valutazione del rischio, BfR, un ente governativo che si occupa di sicurezza degli alimenti ha tuonato il suo giudizio: “Nell’ambito di una dieta equilibrata, il latte di crescita per bambini tra uno e tre anni è superfluo. Non ci sono prove scientifiche definitive che mostrino come una riduzione dell’apporto proteico nei primissimi anni si accompagni davvero a un rischio minore di obesità“.

Insomma, da un punto di vista nutrizionale e fisiologico il latte di crescita non è necessario. Meglio puntare sul latte di mucca scremato, in modo che contenga meno grassi.

Le prove

Di tutt’altro parere il risultato dello studio IDea, pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition, che ha preso in analisi proprio l’apporto di ferro e vitamina D, entrambi nutrienti, come visto, importanti per lo sviluppo cognitivo, per il sano sviluppo di ossa e denti e per la regolazione della risposta immunitaria.

Lo studio ha stabilito che il latte di crescita, rispetto a quello vaccino, conserva lo stato del ferro e migliora lo stato della vitamina D, contribuendo a ridurre del 58% il rischio di carenze tra i 12 e i 36 mesi di vita.

Parla l’esperto

Nella delicata finestra dei primi mille giorni di vita, le richieste di ferro e di vitamina D possono essere davvero difficili da assicurare. È proprio in questa fase della vita che un’alimentazione adeguata è fondamentale; la scelta e il ruolo del latte può influire non solo sulla crescita, ma anche sul benessere futuro dell’individuo“, spiega Marcello Giovannini, professore emerito di Pediatria dell’Università degli Studi di Milano e Fondatore della Società Italiana di Nutrizione Pediatrica, “Il latte vaccino, che ha un contenuto di proteine triplo rispetto al latte materno ed è povero di ferro, è il meno indicato per i lattanti e non deve essere dato prima dei 12 mesi. Un atteggiamento ancora più prudente suggerisce di rimandarne l’introduzione dopo i 24-36 mesi”.

Non bisogna considerare quindi il bambino come un piccolo adulto, perché necessita di nutrienti specifici adatti a un periodo critico di crescita e sviluppo. E il latte di crescita può essere considerato quindi una valida opzione dopo l’allattamento materno.

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