I PERPLESSI SPOSI

I perplessi sposi: divorzio all’italiana

Abbiamo intervistato l'Avv. Gian Ettore Gassani, autore de I perplessi sposi, per fare il punto sul divorzio in Italia e capire come divorziare pacificamente, o come salvare un matrimonio da una brutta fine in tribunale

Ogni mattina i tribunali sono affollati di coppie per dibattere sull’amore. Quello che c’era e che si è consumato, quello che forse non c’è mai stato, quello che non è stato abbastanza, quello che non c’è più. In 27 minuti, viene emesso un provvedimento provvisorio di separazione, fine di un calvario e inizio di un altro.

Ma perché i matrimoni finiscono in tribunale? E cosa succede alle coppie, una volta arrivate davanti ad avvocati e giudici?

Abbiamo rivolto queste ed altre domande all’ Avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani e autore de I perplessi sposi. Indagine sul mondo dei matrimoni che finiscono in tribunale (Aliberti Editore), per fare il punto sul matrimonio e il divorzio in Italia. Quello che salta all’occhio, è che serve cambiare rotta tanto sul piano legale che su quello sociale e privato della coppia: per poter affrontare una separazione con meno lacrime e feriti, ma anche perché sposarsi non significhi – in un gran numero di casi – anche divorziare. Servono leggi nuove, presupposti più solidi su cui fondare il matrimonio e – a livello individuale – una diversa concezione dello “stare insieme”, da valutare a partire da quello che “non funziona”.

Quali sono i motivi per cui si divorzia oggi in Italia? “Soprattutto per noia e per l’incapacità di crescere insieme e di rinnovarsi come coppia, o a causa di una crescita asimmetrica dei due partner. La noia comunque è la causa principale, da cui derivano tantissimi dei motivi scatenanti di un divorzio, come il tradimento. Un altro fattore importante sono le ingerenze dei suoceri, e il fatto che uno dei partner le permetta. Ma oltre ai matrimoni che finiscono per vie legali, c’è anche un gran numero di separazioni sommerse: in molti non divorziano per motivi economici, perché sarebbe troppo oneroso. Ci sono i separati in casa, che da coniugi si sono trasformati i coinquilini, e i separati di fatto, quando ci si separa fisicamente, ma non si ricorre dall’avvocato. E poi si può decidere di non divorziare, ma solo di separarsi, per motivi etici, sociali, religiosi.”

Perché, più spesso, sono le donne a chiedere il divorzio? “Perché le donne sono più indipendenti e si sono liberate da alcuni legami culturali che prima le spingevano ad accettare situazioni di violenza fisica o psicologica, e oggi rivendicano i propri diritti con maggiore coraggio. Non si accontentano più. Poi spesso la donna lavora ed è economicamente autonoma, quindi divorziare diventa meno problematico, anche perché di solito casa, soldi e figli restano a lei. A volte gli uomini si accontentano anche di un matrimonio che non funziona perché un divorzio li ridurrebbe sul lastrico. Diventa una questione di sopravvivenza: l’assegno di mantenimento per i figli è inderogabile, “

Cosa cambia tra il divorzio e separazione? “Con la separazione si resta eredi dell’ex coniuge, e si mantiene una scintilla di speranza. Il matrimonio non viene ucciso. La separazione nasce però da un equivoco: bisogna aspettare 3 anni prima che diventi effettiva. La motivazione “ufficiale” è che magari i partner ci potrebbero ripensare e che un periodo di riflessione possa sistemare le cose. Ma significa anche passare una via crucis di 3 anni, prima di poter a tutti gli effetti iniziare una nuova vita. E questo è un precetto religioso introdotto nel diritto civile.”

Qual è la differenza tra divorzio consensuale e giudiziale? “Il divorzio consensuale implica che le parti abbiano raggiunto un accordo. Se questo accordo non viene raggiunto – ad esempio, riguardo all’affidamento dei figli, o la divisione dei beni, il mantenimento ecc… – o ci siano casi di violenze ed abusi da cui consegue anche una denuncia penale, si ricorre al divorzio giudiziale, che è molto più dispendioso sia a livello economico che di tempo, e anche in termini di sofferenze personali e per i figli.”

Come si sceglie un buon avvocato? “Ci deve essere un rapporto di fiducia, l’avvocato deve essere autorevole e non lasciarsi condizionare del proprio assistito, perché non sempre le sue richieste sono quelle più sagge o giuste, magari dettate da sentimenti negativi. Deve essere razionale e allo stesso tempo empatico, moderato. Deve cercare di prevenire conflitti aspri e di avere atteggiamenti distruttivi, senza essere offensivo né fomentare i sentimenti negativi del suo assistito. Le guerre vanno fatte solo quando non ci sono altre possibilità.”

Cosa si fa quando una coppia decide di separarsi consensualmente? “Non bisognerebbe prendere decisioni affrettate, sia quando ci si sposa, sia quando si decide di porre fine al matrimonio. Per prima cosa bisognerebbe andare insieme da uno psicoterapeuta di coppia, perché un punto di vista esterno alla coppia potrebbe aiutare i coniugi a capire non solo cosa non funziona o non ha funzionato, ma anche a ritrovare la voglia di provare a stare insieme. Se poi la decisione di separarsi persiste, si va dall’avvocato, che cerca di stabilire la possibilità di un accordo civile, e di definirlo in tutti gli aspetti, compresi quelli economici. Una volta avviato il processo di separazione, soprattutto se ci sono dei figli, sarebbe consigliabile intraprendere un percorso di mediazione familiare, per creare un equilibrio post-separazione.

Dal suo libro emerge chiaramente che le tempistiche dei divorzi italiani sono esasperanti: di quanto tempo si parla? “Se tutto va bene, tra separazione e divorzio consensuale, sono almeno 4 anni e mezzo. Se va male, un divorzio giudiziale arriva anche a 12, 13 anni. Due secondi per dire sì, 13 anni per dire no.”

Esistono modi per divorziare più in fretta? “Ultimamente si sta affermando il fenomeno del turismo divorzile, per cui si va a divorziare all’estero, grazie alle norme del diritto comunitario per cui le sentenze civili, incluse quelle di divorzio, emesse dai giudici degli stati membri hanno validità in tutta l’unione Europea. Per divorziare a Parigi o a Bucarest è necessario aver ottenuto la residenza nel paese straniero da almeno 6 mesi, cosa piuttosto facile da ottenere per coniugi benestanti: basta prendere in affitto un monolocale e chiedere subito la residenza. Si svolgono le pratiche necessarie, che durano da 3 a 12 mesi, e poi si torna in Italia con i documenti tradotti per registrarli all’anagrafe. Tempo medio: un anno.”

Come dovrebbe essere il diritto di famiglia, secondo lei? “Dovrebbe aiutare le coppie, sostenere l’amore e creare delle leggi che non generino il terrore collettivo del matrimonio. O che non rendano così esasperante scioglierlo.”

Credi che tutti i matrimoni finiscano perché non c’è più l’amore che tiene “insieme” i partner? “Basta che finisca la stima. Se manca quella, c’è poco da fare. Spesso poi manca la voglia di di mettersi in gioco, e la voglia di costruire qualcosa insieme: così i partner diventano due capsule di individualità all’interno di un immobile, e si vive come due solitudini separate. Si pensa troppo a sé stessi, troppo poco “a noi due”. E si finisce per essere soli, e annoiati. Manca la dimensione del: come posso fare per aiutarti, per aiutarti ad essere felice?”

Secondo lei che atteggiamento dovrebbero sforzarsi di avere i perplessi sposi? Non pensare il matrimonio sia finito per il fatto che sia stato celebrato. Il matrimonio è un inizio. Non c’è scritto da nessuna parte che una donna debba ingrassare 50 kg o che un uomo debba diventare un pantofolaio. Il male del matrimonio sono l’indifferenza, l’apatia e l’a-sessualità. Non a caso il matrimonio bianco è una tendenza in crescita. Il sesso non andrebbe fatto per dimostrare di aver fatto il proprio dovere coniugale. La prima regola per salvare un matrimonio è fare sesso e farlo bene. Altrimenti la strada è o l’apatia, o il tradimento.”

Perché alcuni divorzi sono così aspri? Cosa trasforma un buon coniuge in un pessimo ex? “La trasformazione inizia quando spinti dal dolore e dal risentimento si comincia a parlar male dell’altro, quando la sofferenza per il fallimento del matrimonio diventa un infangare il proprio passato. Ci dovrebbe essere una scuola che insegna a litigare: onestamente, senza trascendere, senza esagerare, senza infierire. Più che all’annientamento dell’ex partner, la guerra senza quartiere, fatta di colpi bassi, infamie e di qualsiasi mezzo portano alla distruzione dei figli, a grandissime sofferenze e alla violenza.

“La prima causa del divorzio è il matrimonio”. La fine di una relazione si può prevenire? “Il matrimonio è un compromesso. Se riusciamo a farlo vivere con gioia, può durare anche tutta la vita. Se invece il compromesso nasce nella disistima, nel rancore, nell’apatia, o da desiderio di sposarsi perché si deve, sarà un fallimento. Il fenomeno dello “speed marriage”, per cui ci si sposa in fretta e furia dopo appena qualche mese di conoscenza, produce divorzi annunciati, perché ci si sposa per non stare soli. Questo deriva dall’atteggiamento consumistico degli italiani, che vedono in molti casi il matrimonio ancora come uno status, e non come un’unione. Il matrimonio è dare qualcosa all’altro e di sacrificare qualcosa di sé alla vita di coppia. Per questo bisogna continuare fare i fidanzatini e gli amanti: andare in motorino, fare un viaggio, fare l’amore, è assolutamente legittimo vivere le proprie emozioni. C’è un diritto alla felicità che non ha limiti di età, né di ceto sociale.”

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