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Grounding: quanto ti senti radicato?

 Stare con la testa fra le nuvole o... trovare le radici. Ecco come riscoprire il corpo grazie alla bioenergetica

Il grounding è un concetto presente in bioenergetica, ma al tempo stesso costituisce qualcosa di cui facciamo esperienza ogni giorno. Ti capita mai di sentirti con la testa fra le nuvole, come una banderuola al vento? L’inquietudine che nasce dal sentirsi persi spesso è ben nascosta sotto l’ordine apparente con cui organizziamo la nostra vita, eppure, scrostando la superficie, emerge all’improvviso, come una ferita mai rimarginata, insieme alla nostra voglia di equilibrio.

Ecco un buon motivo per partecipare a una seduta di bioenergetica. Attraverso semplici esercizi guidati dal conduttore ritroviamo le nostre emozioni; torniamo, finalmente, a riappropriarci del nostro respiro e del sentire, vibranti come foglie, vivi e vulnerabili. Facciamo esperienza dell’instabilità e ritroviamo l’equilibrio che nasce dal percepire in modo autentico le proprie radici attraverso i sensi.

Grounding e bioenergetica

Immagina un albero. I suoi rami si espandono, maestosi e forti, quanto più le sue radici affondano nella terra, che dona alla pianta nutrimento e stabilità attraverso la linfa vitale. Anche per noi esseri umani accade qualcosa di simile, ma qualche volta dimentichiamo che i nostri piedi non sfiorano la terra solo per una mera questione legata alla forza di gravità.

Attraverso la terra accade uno scambio, un passaggio di elettricità, si istituisce come un flusso: non è un caso se le ricerche hanno da tempo evidenziato i benefici di camminare a piedi nudi, fin da bambini. Quando sperimentiamo il contatto della pelle sulla superficie del terreno le sensazioni si amplificano e, nel caso dei più piccoli, come spiegano gli esperti, aumentano capacità di equilibrio e propriocezione.

Sicurezza in se stessi

«Noi esseri umani siamo come gli alberi, radicati al suolo con un’estremità, protesi verso il cielo con l’altra, e tanto più possiamo protenderci quanto più forti sono le nostre radici terrene. Se sradichiamo un albero, le foglie muoiono; se sradichiamo una persona, la sua spiritualità diventa un’astrazione senza vita» scriveva lo psichiatra e psicoterapeuta statunitense Alexander Lowen, fondatore della tecnica bioenergetica, nata per aiutare l’individuo a tornare in connessione con il corpo.

Lo scavo interiore e il lavoro a livello psicologico possono essere strumenti molto importanti per fare ordine, soprattutto nei periodi in cui sentiamo di aver bisogno di guardare la strada fatta, analizzare e portare una luce chiarificatrice su ciò che vive nell’ombra.

Tuttavia, fino a quando non passiamo attraverso la nostra fisicità questo sapere resta sul piano della mente: è la differenza fra capire, razionalmente, e comprendere, abbracciare con tutto se stessi. Sentirsi radicati non è solo qualcosa che possiamo capire: si tratta di una condizione di cui è importante fare esperienza pratica, se desideriamo trovare sicurezza in noi stessi e costruire autostima.

Che cosa si intende per grounding?

«È una questione di sensazioni» spiega Marica Artosi, Counselor somatorelazionale e Conduttore di classi di Bioenergetica: «In bioenergetica fare grounding è imparare a sentire il contatto dei propri piedi con il terreno: una sensazione concreta, di grande intensità. Significa tornare in contatto con una realtà di base della propria esistenza». Quando siamo radicati ci percepiamo in relazione con il nostro corpo e con la sessualità, al contrario quando esiste una difficoltà rispetto al sentire significa che abbiamo bisogno di fare grounding, ovvero, per dirla con il linguaggio della bioenergetica, ritrovare le nostre radici e la connessione con la terra.

Sì, perché siamo anche un corpo, anzi nulla è possibile se non a partire dal corpo. Il vero problema è che una persona rigida non si rende conto di esserlo: passiamo gran parte del tempo nel pensiero fisso del dover andare avanti e procediamo affrontando il quotidiano come automi. Tuttavia, la rigidità che serve per corazzarsi contro gli eventi esterni, risparmiare energia e mostrarsi efficienti si ritorce contro noi stessi e finisce per trasformare l’elasticità che avevamo da bambini in una contorta maschera di tensioni.

Ginocchia, la capacità di essere flessibili

Per aiutare il grounding è fondamentale porre l’attenzione su due elementi: ginocchia e pancia. Spiega Marica Artosi: «Le ginocchia sono sempre flesse. Questa morbidezza ci ricorda di non essere rigidi e permette di utilizzare questa parte del corpo come un ammortizzatore naturale. Quando si tengono le gambe eccessivamente dritte e rigide, come molte volte accade, la forza intrappolata nella parte finale della schiena rimane bloccata: è così che progressivamente si accumula una tensione a livello del bacino. Al contrario, mantenere le ginocchia morbide aiuta a sbloccare e far passare il flusso dell’energia».

Appare interessante il riferimento che in psicosomatica viene indicato con questa parte del corpo: le problematiche a livello delle ginocchia possono portare un messaggio importante che ha a che fare con la mancanza di elasticità nell’affrontare una certa situazione, la tendenza a pretendere troppo da se stessi e essere rigidi sulle proprie posizioni. Il ginocchio è ciò che ci permette di piegarci, non dimentichiamolo: andare verso il basso e verso l’alto, cambiare prospettiva.

La connessione con la pancia

Insieme alle ginocchia flesse, un ulteriore dettaglio a cui prestare attenzione è il fatto di lasciare il ventre in fuori. Nella nostra società mostrare una pancia piatta è simbolo di fascino e grazia, ma in realtà tenere la pancia piatta può indicare che stiamo trattenendo delle tensioni in quella parte.

«Lasciar andare è anche lasciarsi andare, mostrarsi per ciò che si è, permettersi di respirare liberamente e in profondità» ricorda l’esperta. Questo ha come risultato l’apertura di un nuovo canale di comunicazione con se stessi e produce un lasciarsi andare che è progressivo abbandono alle emozioni profonde, morbidezza che si contrappone alla rigidità che utilizziamo come schermo per andare avanti in molte delle situazioni quotidiane.

Nella cultura dell’antica India Svadhisthana, che idealmente si trova due dita sotto l’ombelico, è il nome del secondo chakra, dove si racchiudono le emozioni primarie: le sensazioni che chiamiamo “di pancia”. L’ingrediente fondamentale per l’alchimia è il respiro, che ci accompagna verso la connessione con la nostra pancia alla scoperta della nostra parte più emotiva, una parte che quando è bloccata e imprigionata può farci avvertire un profondo malessere a livello fisico e psicologico.

Respirare con la bocca

Durante la pratica la bocca è socchiusa, mentre la mandibola appare rilassata e morbida. A differenza di altre pratiche, come lo yoga, in cui l’aria entra attraverso il naso per uscire dalla bocca, in bioenergetica si impara a respirare con la bocca. Rifletti: quante volte da bambino ti è capitato di soffermarti a bocca aperta e sei stato rimproverato per questo? Siamo abituati a respirare con il naso.

«In realtà respirare con la bocca favorisce un naturale rilassamento. Le tensioni si sciolgono. Negli esercizi esorto le persone a lasciarsi andare anche con la voce ed emettere un suono mentre esce l’aria. Il suono deve uscire senza sforzo, spontaneo e dalle profondità del corpo, in caso contrario è preferibile il silenzio. All’inizio appare difficile, ma con il tempo diventa più facile liberare sbuffi, suoni, rumori che provengono dall’interno».

Tratteniamo suoni, emozioni e rumori molesti mantenendo una facciata di apparente controllo, eppure nei momenti più intensi, quando stiamo male e abbiamo bisogno di ossigeno, di fronte alla paura o alla rabbia, mentre piangiamo o ridiamo, respiriamo con la bocca. Questo modalità di respirazione ci riporta a sensazioni ancestrali, all’inizio e alla fine della vita, quando ci appropriamo dell’esistenza inspirando il primo soffio di ossigeno e con un’espirazione lo restituiamo al termine dei nostri giorni.

Posizione di base

In bioenergetica l’obiettivo della posizione di base è fare esperienza del radicamento. Fare grounding significa abbassare il baricentro, che in giapponese corrisponde al centro della forza vitale, hara. «Le gambe sono flesse, i piedi paralleli e la distanza fra loro corrisponde alla larghezza del bacino. Il peso è ben distribuito su tutta la pianta del piede, ma leggermente spostato nell’avampiede. Con il tempo si impara a ruotare leggermente il  bacino all’indietro» conclude Marica Artosi. «Noi non abbiamo un corpo, ma siamo un corpo. In fondo è anche a questo che serve il gruppo. Osservarsi attraverso gli altri e lavorare insieme permette di vedere meglio anche il proprio corpo e acquisire una progressiva intimità nei confronti della propria fisicità».

Il senso della bioenergetica non è imparare fai da te una serie di esercizi da ripetere a casa, ma sapere che posso sperimentare il corpo in maniera differente, proprio come faremmo con uno nuovo sport. Seguire la voce del conduttore costituisce un ulteriore occasione per potersi abbandonare alle sensazioni che proviamo, in totale sicurezza, consci che c’è qualcuno che ci vede e culla con lo sguardo.

Perché riappropriarsi del corpo significa avere il coraggio di calarsi nel profondo, intraprendere un viaggio con se stessi. Per sentirsi radicati c’è bisogno di uscire dalla testa e vivere il corpo. All’improvviso ci accorgiamo che abbiamo di nuovo un bacino, collo, pancia, gambe e braccia: torniamo a sentire le singole parti che compongono la nostra fisicità per sperimentare quello che siamo, un organismo vitale in costante movimento.

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