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La terapia di coppia che si ispira alle arti marziali

Aiuta marito e moglie. Ma anche genitori e figli, colleghi, bulli e vittime. È un nuovo metodo che attinge dalle discipline marziali e insegna a vincere e a perdere. In palestra come nella vita

«Un movimento che a me può sembrare gentile e lento, per mia moglie può essere veloce e aggressivo». L’uomo che ho di fronte indossa ancora la giacca ma tra le mani ha un kimono scuro e la voglia di iniziare la lezione. «Quando mio marito mi attacca, sul tappeto, mi viene in mente quando a casa mi innervosisco per alcuni suoi atteggiamenti. Allora capisco come un gesto possa infastidirmi solo se sono io per prima a considerarlo un attacco» risponde la moglie.

Le coppie entrano con rispetto in questa piccola palestra di Desenzano del Garda (Bs). «Vuoi sapere cosa mi ha aiutato di più del corso?» irrompe una giovane manager prima di togliersi i tacchi per restare a piedi nudi sul tatami. «Imparare a cadere».

IN PALESTRA SI “SFIDANO” ANCHE COPPIE SPOSATE DA 30 ANNI CHE VOGLIONO SCOPRIRE QUALCOSA DI NUOVO SULL’ALTRO

Alessandro Fossati (nella foto) è l’ideatore del metodo “Arte della pace”

Si ispira alla disciplina giapponese dell’Aikido

“Arte della pace” è il nome del metodo innovativo che sarà presto attivato anche in altre palestre del Nord Italia (www.artedellapace.it). Affonda le sue radici nella disciplina giapponese dell’Aikido, ma declina questa pratica marziale in una modalità nuova per permettere a coniugi, genitori e figli, colleghi, perfino bulli e vittime «di trovare una relazione, capendo insieme dove sbagliano» spiega Alessandro Fossati, istruttore di Aikido, disciplina che pratica da oltre 18 anni in 15 Paesi, per un totale di quasi 9.000 ore.

«Dopo avere preso la cintura nera, nelle arti marziali inizi a capire come il vero obiettivo sia la pace, non l’attacco. Così ho creato dei corsi che si ispirano agli stessi principi, ma sono adatti anche a chi non ha alle spalle 20 anni di pratica».

La “classe” di questa sera non potrebbe essere più eterogenea: un padre con suo figlio, marito e moglie al 20esimo anno di matrimonio, una coppia di motociclisti. Alcuni in kimono, altri in tuta. Tutti a piedi nudi. L’ora e mezza di allenamento si svolge nel più completo silenzio.

«Nessuno dei partecipanti racconta quali problemi ha con il partner, ma facendo gli esercizi è come se ogni coppia trovasse le proprie soluzioni interiormente» racconta Paolo, dirigente aziendale di 48 anni. Accanto a lui Elena, sua moglie, counselor 47enne. Elena e Paolo hanno chiesto di non dire il cognome, avendo partecipato al corso perché in crisi coniugale. Lui, assente e assorbito dal lavoro. Lei, aggressiva nei suoi confronti. «Poi, durante un allenamento, sono riuscita far comprendere a Paolo che il suo modo di attaccarmi – del tutto normale per lui – per me era eccessivo».

Un primo passo che ha permesso anche a Elena di comprendere quando aggrediva suo marito senza rendersene conto. «In un allenamento ho visto mia moglie cadere e rialzarsi con il sorriso» racconta Paolo, accanto a lei. «Ci siamo abbracciati forte, ricordando quante volte io l’ho aiutata a risollevarsi, mentre ora era in grado di farlo da sola».

Nel gruppo ci sono un prete e 2 promessi sposi

Le persone «hanno sempre più bisogno di tempo per osservarsi e scoprire che l’altro è diverso da sé» racconta don Alessandro Turrina, prete di Valpolicella, in provincia di Verona: è tra i partecipanti dell’allenamento, anche se è arrivato qui in veste di accompagnatore di 2 giovani a un passo dalle nozze.

In palestra, infatti, le storie sono tante e diverse: ci sono mariti e mogli che desiderano separarsi consapevolmente, padri che vogliono migliorare il loro rapporto con i figli, partner felici ma curiosi di scoprire cos’altro possono imparare del compagno dopo 30 anni di matrimonio.

Enrica Zurviello Nigri, libera professionista 56enne, ha deciso partecipare ad Arte della pace pensando al suo lavoro. «Sembrerà banale, ma in una quotidianità fatta di scadenze è stato importante capire quanto sia importante focalizzarsi sui miei movimenti e il mio respiro, oltre che imparare a rallentare nel mio rapporto con gli altri» confessa.

Le questioni di cuore, però, restano la spinta principale per mettersi “al tappeto”. «Troppo spesso ci dimentichiamo che una coppia deve danzare insieme: capita di frequente che uno dei 2 si muova più velocemente dell’altro o addirittura gli pesti i piedi mentre balla» spiega la psicoterapeuta Mariavittoria Giusti.


«Bisogna imparare ad ascoltarsi, e per farlo è utile avere uno spazio ben definito dove potersi confrontare. In questo senso, il metodo che si ispira all’Aikido può aiutare a rendersi conto delle esigenze altrui, a sentirsi liberi di esprimere anche con il corpo che ci sono cose che non vanno nella relazione. Se si ha paura di affrontare i problemi e si resta bloccati nell’immaginario di innamoramento iniziale, la coppia non evolve. Il mio consiglio è di affidare la risoluzione delle difficoltà non al tempo ma alla possibilità di confrontarsi. E di non temere di dirsi anche che è finita: l’opportunità di separarsi nel rispetto di se stessi e dell’altro esiste. E la si raggiunge proprio attraverso il confronto».

Foto di Chiara Asoli

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SE L’AMORE È SOFFERENZA

Secondo la ricerca Eurispes “Amore malato: dinamiche disfunzionali di coppia”, il 50% dei giovani tra i 18 e i 30 anni dichiara di aver voluto proseguire, almeno una volta nella vita, una relazione anche se era fonte di sofferenza costante o molto ricorrente. È successo più alle donne che agli uomini (59,5% contro il 52,3%). La stessa percentuale di giovani afferma anche di aver avuto una relazione con una persona che, con parole e atteggiamenti, ne ha diminuito l’autostima.

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