Amore... e famiglia

Lei scrive che la sua famiglia sono Carlo, Andrea, i quattro carlini. E Lucrezia, sua figlia? Le sue nipoti? «La mia famiglia è quella che trovo ogni sera quando torno a casa. Sono le persone che mi danno calore, che mi stanno appiccicate e trepidano quando sto male. Io amo Lucrezia e le mie nipoti, però non sono la mia famiglia, sono parenti alla lontana. Mia figlia poteva essere più generosa con me, non l’ha fatto; forse avrò dato poco anch’io, pazienza. Ma Andrea, che abbiamo adottato, si è dedicato a me più di chiunque altro. Non so come avrei fatto senza di lui e senza Carlo quando mi sono ammalata di cancro: non si è mai allontanato dalla mia stanza d’ospedale».

Invecchierò ma con calma: il libro di Marina Ripa di Meana

«Ho un motto: non perdere tempo. Inventati ogni minuto». A 71 anni, Marina Ripa di Meana è ancora unvulcano. Ed è ancora capace di stupirci. Lo fa anche nel suo nuovo libro. Dove racconta la lotta contro la malattia, il rapporto senza sesso con il marito. Edi quando ha mandato in bianco Jack Nicholson

Marina Punturieri: 70 anni e non sentirli

«Il fatto è che mi sono arrivati addosso all’improvviso. Un cappuccino, un cornetto e mi sono ritrovata a 70. Anzi, oramai a 71» dice facendo ricadere sugliocchi, con un femminilissimo gesto della mano, l’onda obliqua dei suoi capelli rossi. La verità è che l’irrequieta Marina Punturieri, già duchessa Lante della Rovere e poi marchesa Ripa di Meana, non se li sente proprio tutti questi anni («gli uomini, per strada, ancora si voltano»).

Tanto che ha cavalcato il fatidico traguardo con un libro dal titolo provocatorio: Invecchierò ma con calma (Mondadori). Con cui, ancora una volta, quella che Gianni Agnelli definì «la donna più bella del mondo», riesce a stupire. Perché, diciamolo, non solo i 70 incutono a tutti una certa soggezione, ma le cose che Marina racconta di sé nessuna di noi, o forse soltanto pochissime, avrebbero il coraggio di raccontarle.

Marina Ripa di Meana: il libro

Allora, ha già un’idea di quando invecchierà? «Quando non avrò più passioni, mete da raggiungere, programmi da realizzare, curiosità, vanità… Del resto, la vecchiaia è un’opzione sociale: serve per i biglietti scontati nei musei e nei cinema».

Orgoglio di donna

È ancora vanitosa? «Molto. E non lo ritengo un sentimento superficiale: gli devo la vita». Racconti… «Nel 2002, a pochi giorni dalla morte di mia sorella, è stata proprio la mia illimitata vanità a salvarmi dall’impulsodi gettarmi nel Tevere e farla finita dopo una diagnosi di tumore al rene. Di colpo, guardando l’acqua giallastra del fiume, mi sono ricordata del cadavere di una donna ritrovato nel lago di Albano e pubblicato anni prima da Il Messaggero. Con un brivido, ho immaginato il mio corpo livido e gonfio galleggiare sull’acqua sporca comeuna vecchia damigiana e ho trovato ilpensiero insopportabile: “Oddio, me tengo il cancro e vado avanti!” mi sono detta. Da allora sono passati dieci anni, ho subito tre interventi, di cui due ai polmoni, a pochissima distanza l’uno dall’altro e continuo a lottare contro la malattia con risultati confortanti».

Superare gli ostacoli

C’è stato un momento più duro? «L’inverno scorso, quando mi sono dovuta sottoporre alla chemioterapia perché, oramai, non è possibile intervenire chirurgicamente: è stato più doloroso esfiancante di tutte le operazioni».

Eppure, invece di piangersi addosso, lei, cappellini e tacchi a spillo, non ha mancato una prima, una mostra, un viaggio, una festa… «Mi viene naturale, sono sempre stata una donna battagliera. E ho un motto: non perdere tempo, inventati ogni minuto. Del resto, che devo fare? Finché non è terminale, il cancro si taglia, si cura, non è nulla. Per come sono io, sarebbe molto più faticoso se non viaggiassi, non uscissi, non mi impegnassi in tante battaglie che mi tengono lontana dalle malinconie della vita».

Marina Ripa di Meana e il matrimonio

In questo libro lei mette in piazza proprio tutto, compresa la latitanza sessuale di suo marito ad appena due anni dal matrimonio. «Be’, avevamo già vissuto insieme otto anni… Però, certo, innamorata, vitale e desiderabile come può esserlo una belladonna nel pieno del fulgore dei suoi 40anni, ho sofferto non poco per un maritoche, passata la grande passione, mi respingeva, o quasi. È stato per me un tale sfregio che, da quel momento, non l’ho cercato nemmeno con un gesto».

Marina Ripa di Meana e l'amore

E lui? «Nemmeno. Però, dopo avere incassato il colpo, ho realizzato che, in fondo, poteva essere un privilegio un marito che desiderava di me non la cosa più ovvia, ma quello di cui, fino a quel momento, nessuno si era mai preoccupato: l’anima. Per la prima volta un uomo mi rendeva partecipe dei suoi pensieri, mi coinvolgeva nei suoi progetti, mi dimostrava affetto ma anche stima e fiducia. Così, oltre a Carlo e grazie a lui, ho scoperto un’altra me stessa. E paradossalmente, finita la passione, fra noi è nato un rapporto vero, un amore profondo. Solo gli illusi, del resto, sostengono che la passione dura in eterno: la vita è fatta di stagioni e, quando si è in là con gli anni, niente vale di più che avere vicino una persona che ti vuole bene».

Il passato che ritorna

È vero che ha mandato in bianco il divo Jack Nicholson? «Sì. Ci eravamo incontrati in un locale e lui iniziò subito un flirt spintissimo. Tanto che dimenticai di avere un marito e una famiglia e partii con lui diretti a un mio pied-à-terre. Ma quando Jack scese dall’auto per comprare qualcosa in una farmacia, nella sua camminata traballante, rividi all’improvviso tutti gli ubriaconi, gli strafatti e i violenti della mia vita. Così, mi misi al volante e ripartii velocemente lasciandolo solo sul marciapiede».

Amore... e famiglia

Lei scrive che la sua famiglia sono Carlo, Andrea, i quattro carlini. E Lucrezia, sua figlia? Le sue nipoti? «La mia famiglia è quella che trovo ogni sera quando torno a casa. Sono le persone che mi danno calore, che mi stanno appiccicate e trepidano quando sto male. Io amo Lucrezia e le mie nipoti, però non sono la mia famiglia, sono parenti alla lontana. Mia figlia poteva essere più generosa con me, non l’ha fatto; forse avrò dato poco anch’io, pazienza. Ma Andrea, che abbiamo adottato, si è dedicato a me più di chiunque altro. Non so come avrei fatto senza di lui e senza Carlo quando mi sono ammalata di cancro: non si è mai allontanato dalla mia stanza d’ospedale».

La vita e la morte: l'amore

Marina, che cosa è per lei il pudore? «È mettere a nudo l’anima. I sentimenti».

Alla fine, riesce a scherzare anche sulla morte. Quanto ci pensa? «Quanto una che è avanti con gli anni. Però, più che la morte, mi fa paura l’ideadi restare sola. Ci sono notti in cui mi sveglio e il pensiero che uno dei due, o io o Carlo, lascerà l’altro mi sgomenta».

Un’altra cosa che le fa paura? «Il mio coraggio».

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