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Miti 2.0: il mito di Londra

  • 04 11 2013

Alessandro Gandini ci parla di come la metropoli britannica attragga i giovani

Quando non ci sono più alternative, quando qui non è rimasto nessuno, quando non ci siete mai stati. Andare a Londra è l’unica cosa da fare.

«Da un po’ sembra essere diventato un must, “il periodo a Londra” », scrive Alessandro Gandini nelle prime righe de Il Mito di Londra, terzo Mito 2.0 pubblicato da Societing. «Una sorta di Erasmus-extended, una fuga esistenziale ed esperienziale che accomuna una pletora di giovani da tutto il mondo, soprattutto italiani, i quali ogni anno con flusso costante piovono nella più importante metropoli europea in cerca di fortuna».

Londra è complessa e molteplice. Continua Gandini: «Il primo piano del mito di Londra è simbolico, trasfigurativo. Bourdieu forse potrebbe dire “distintivo”. Si emigra perché si cerca un altrove culturale in cui identificarsi. Vivere a Londra è un processo simbolico identificativo di appartenenza sociale e culturale fortissimo. Una rivendicazione da ostentare con orgoglio quasi un po’ snob, come quando torni per le vacanze nella tua piccola città di provincia e conosci un ragazzo, o una ragazza, e speri di fare colpo dicendo “sai, vivo a Londra”. Come se questo significasse “ehi, bellezza, non puoi capire”».

Il mito di Londra si è costruito nel tempo, a ritmo di musica. Una storia che parte dai Beatles e arriva alle band «che nessuno conosce» tanto amate dagli hipster. Passando per la sottocultura mod, il Cool Britannia e naturalmente il punk. Ogni genere porta con sé stili, linguaggi e politiche.

«Il punk – ad esempio – è stato un impianto narrativo talmente forte da essere il terreno perfetto su cui si è innestata con successo, secondo Stuart Hall, la susseguente ondata perbenista e conservatrice rappresentata da Margaret Thatcher».  

Ma i generi musicali e le sottoculture nate nella City in breve tempo attraversano il paese e il mare, infiltrandosi in luoghi anche lontanissimi, perché ciò che si fa a Londra è terribilmente cool ed esportabile. Si tratta di quello che Gandini chiama « Londonizzazione: una globalizzazione del mito di questa città in cui è risaputo, da sempre, che si può incontrare qualunque tipo di abbigliamento e di stile, anche il più estremo, senza incorrere nello sguardo di biasimo del vicino di posto in metropolitana».

L’autore si chiede: «Cosa resta del mito di Londra, quindi, che si può trovare solo qui?» Il calcio, la cucina – «e non è vero che quella inglese non esista» – e la pioggia. O forse nemmeno quella.

L’autore

Alessandro Gandini sta completando un dottorato in Sociologia all’Università Statale di Milano, dove studia le nuove forme del lavoro ai tempi della Rete, il lavoro freelance e la reputazione. Partecipa alle attività del Centro Studi Etnografia Digitale (www.etnografiadigitale.it) e cura il blog ‘Lavoro Digitale’ su Wired Italia (blog.wired.it/lavorodigitale)

Societing:

Societing è una realtà culturale che raccoglie un gruppo di ricercatori, attivisti, manager e studiosi che si dedicano alla ricerca di nuovi paradigmi economici e sociali per trovare delle soluzioni, basate sulla sostenibilità e sulle possibilità che offrono le nuove tecnologie, alla crisi attuale. Per fare tutto ciò il gruppo di Societing cerca forme interdisciplinari di pratica e di ricerca che comprendano la social enterprise, l’innovazione sociale, l’economia peer-to-peer, la sostenibilità, i social media e la finanza innovativa.

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