Il vero valore della cucina del senza

Il vero valore della cucina del senza

  • 02 05 2019

Ecco perché semplicità ed essenzialità dei piatti che portiamo in tavola sono parametri importanti per una alimentazione sana, al di là di mode e false credenze

Quante volte sei stata attratta da cibi con riportato sulla confezione un “senza” in bella vista? Senza lattosio, senza uova, senza glutine, senza olio di palma, senza zucchero: l’elenco è davvero infinito. Oggigiorno l’offerta alimentare è sempre più caratterizzata da prodotti “senza”.

Esistono ragioni ben precise per cui togliere ingredienti è un’operazione sempre più frequente. Ma, aldilà da chi è affetto da disturbi metabolici, intolleranze e allergie, purtroppo sempre più frequenti, c’è chi fa leva su questo tipo di sottrazioni per fare presa sui consumatori. Guarda caso gli alimenti demonizzati sono quelli spesso considerati (a torto o a ragione, a volte anche semplicemente per moda) responsabili di aumento di peso e di peggioramento della salute. Insomma in questo magma alimentare c’è evidentemente molta confusione.

La cucina del senza tra salute e moda

Vi sono casi specifici in cui un “senza” in etichetta è essenziale. Per esempio, il caso di chi non può consumare cibi con glutine perché affetto da celiachia. O, ancora, di coloro a cui è vietato il lattosio per intolleranza. Oppure di chi soffre di ipercolesterolemia ed è meglio si orienti su cibi poveri di grassi. In tutti questi casi, i “senza” in etichetta sono doverosi perché riguardano un certo tipo di indicazione alimentare necessaria.

Esiste poi tutto un mondo di “senza” che fanno riferimento a mode o tendenze del momento. Pensiamo, per esempio, ai cibi considerati erroneamente dimagranti: è evidente che non esistono alimenti che fanno dimagrire, nemmeno se riportano sulla confezione le diciture “senza zucchero” o “con il 50% di grassi in meno”. Soltanto una dieta sana ed equilibrata affiancata a una costante attività fisica può aiutare a perdere peso. Ma c’è di più!

Prendiamo ad esempio i prodotti senza burro: spesso questo ingrediente viene sostituito nella produzione con margarina industriale che può contenere emulsionanti, coloranti e aromi industriali. Idem per gli alimenti senza zucchero, al cui posto si impiegano in linea di massima edulcoranti. E, dal punto di vista nutrizionale, emulsionanti, coloranti, aromi industriali ed edulcoranti non spiccano certo per naturalità e salubrità.

Etichette “trasparenti” e prodotti naturali

Diverso è, dunque, il discorso del “senza” per quanto riguarda gli additivi. L’attenzione alla presenza o all’assenza di additivi in etichetta, infatti, passa spesso erroneamente in secondo piano rispetto ad altre diciture che attirano maggiormente l’attenzione del consumatore. E questo è un grave errore se si desidera avere una alimentazione naturale! Uno dei primi “senza” a cui bisognerebbe prestare attenzione coinvolge proprio le voci degli additivi, delle aggiunte, nella lista degli ingredienti.

Dunque è meglio leggere con attenzione le etichette alimentari e scegliere prodotti con etichette trasparenti che mettano in mostra esplicitamente l’assenza di additivi. Dunque prodotti senza aromi “naturali” (spesso inrealtà creati in laboratorio), prodotti senza coloranti, prodotti senza esaltatori di sapidità, prodotti senza emulsionanti, prodotti senza stabilizzanti, prodotti senza amidi modificati chimicamente e prodotti senza grassi idrogenati. Meno additivi trovi in etichetta, più sei sicura di consumare un prodotto naturale.

Ma mettiamo ulteriormente “i puntini sulle i”: eccezion fatta per nitriti e nitrati che se accumulati nell’organismo possono predisporre a diverse patologie, la maggior parte degli additivi, dal punto di vista della salute, non è dannosa. L’assenza in etichetta però garantisce l’acquisto di un alimento dalle caratteristiche organolettiche integre e originali.

Gli additivi, infatti, oltre a non essere naturali, svolgono spesso un’azione che potremmo definire “cosmetica”. Sono usati per mantenere nel tempo una stabilità di colore o sapore o, peggio, per camuffare l’impiego di materie prime non proprio eccellenti. L’acido citrico, per esempio, molto utilizzato nella conservazione degli ortaggi surgelati, è un additivo presente in natura (negli agrumi) ma che nella produzione industriale viene impiegato nella sua versione chimica associata alla sigla E330. Così accade anche per altre tipologie di additivi.

Per questi motivi, per il gusto e per la salute, il consiglio è sempre quello di puntare sulle etichette brevi e chiare. E sui “senza” di valore, quelli che sottolineano la naturalità di un cibo e che fanno della semplicità una questione di genuinità.

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