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Parodontite: la cura migliore è non invasiva

  • 21 05 2018

Malattia tra le più diffuse in Italia, la parodontite è non solo un problema ai denti ma anche una patologia collegata ad altre di natura sistemica. La soluzione definitiva è offerta da un protocollo terapeutico biologicamente guidato.

È capitato un po’ a tutti: ci si lava i denti e si nota un po’ di sangue dalle gengive. Magari non  è niente di doloroso, e così si passa oltre, lasciando che il fenomeno vada via insieme all’acqua con cui ci sciacquiamo. Invece dovremmo essere più attenti, perché si tratta di un segnale importante. Anzi, del segnale più importante per intercettare in tempo un problema di non poco conto: la parodontite.

Nel gergo comune è conosciuta come piorrea, ed è una malattia caratterizzata da un’infezione batterica che colpisce il parodonto, cioè l’insieme delle strutture che sostengono i denti. In Italia ne soffre oltre il 60 per cento della popolazione, di cui una parte ragguardevole – compresa tra il 10 e il 14% – in forma particolarmente grave. A determinare la parodontite sono batteri e virus che alterano il microbiota del cavo orale, provocando un’infiammazione delle gengive più o meno grave a seconda della qualità e della quantità degli agenti che ne costituiscono la causa.

Il sanguinamento è il principale dei sintomi della malattia, ma non è l’unico. Anche l’abbassamento delle gengive con scopertura delle radici, l’alitosi, la mobilità dentale, la sensibilità diffusa al caldo e al freddo e lo spostamento dei denti figurano come campanelli d’allarme importanti da non sottovalutare e, soprattutto, da prevenire con tempestività. La predisposizione allo sviluppo della parodontite è infatti genetica: per questo motivo si parla di

familiarità della patologia e si consiglia agire da subito, già in età precoce. Troppo spesso, infatti, il problema viene intercettato tardi, portando a danni irreversibili: senza un trattamento adeguato e tempestivo, il «traguardo» è inevitabilmente la perdita dei denti.

Problemi non solo ai denti

Uno degli aspetti più importanti legati alla parodontite è il suo collegamento con numerose malattie sistemiche. Tra le più note vanno ricordate diabete e sindromi metaboliche, malattie cardiovascolari, patologie polmonari, renali, oculari, otorinolaringoiatriche, osteoporosi. Un legame importante è anche con le patologie neurodegenerative: gli anziani con parodontite non trattata e che mostrano segni di demenza senile hanno un declino cognitivo sette volte più rapido rispetto agli stessi che ricevano un livello adeguato di trattamento.

Il tema che suscita maggior attenzione, tuttavia, è il collegamento tra la malattia e ben ventidue forme oncologiche. Tra queste, spiccano il carcinoma del pancreas (il rischio di insorgenza è doppio nei malati di parodontite) e il carcinoma del colon-retto, quasi sempre associato alla presenza, nel tratto di intestino interessato, del Fusobacterium Nucleatum, uno dei principali microrganismi causanti la parodontite. 

Infine, la patologia può anche causare seri problemi alle donne in gravidanza: i batteri parodontali e le loro tossine possono entrare in circolo, passare il filtro placentare e concentrarsi nel liquido amniotico ritardando lo sviluppo del feto. Il risultato può tradursi in un parto prematuro, nella nascita di bambini sottopeso e – in caso di parodontite non trattata – in poliabortività nel primo trimestre di gravidanza.

Quale terapia contro la parodontite?

La parodontite è dunque un problema importante, ma per il quale oggi esiste una soluzione definitiva. E indolore. Si tratta della terapia biologicamente guidata, che si contrappone ai cicli terapici tradizionali come alternativa decisamente più evoluta. I primi, infatti, sono basati sulla chirurgia, che comporta lo scollamento delle gengive dalle radici dentali tramite bisturi e la pulizia radicolare a cielo aperto. Questo tipo di trattamento costringe spesso il paziente a lunghi e fastidiosi decorsi post-operatori, senza assicurare una guarigione definitiva.

Di tutt’altra caratura è invece la terapia biologicamente guidata, caratterizzata da un  approfondito percorso diagnostico – costituito, tra gli altri elementi, di analisi biomolecolari di laboratorio – che consente di capire i fondamenti biologici della malattia, predirne eventuali sviluppi ed elaborare trattamenti personalizzati che mirino alla remissione totale della patologia. Parliamo in particolare di sedute di terapia meccanica, dirette a eliminare l’infezione con l’ausilio del microscopio operatorio, e di sedute di laser che debellino l’infiammazione e stimolino la rigenerazione naturale dell’osso.

Microscopio operatorio, laser e analisi biomolecolari fondano dunque il protocollo non invasivo, che approssima allo zero l’impatto chirurgico sul paziente, riducendo inoltre l’utilizzo di medicinali antibiotici. Gli studi clinici documentano che l’applicazione di questo protocollo produce risultati eccellenti sia nella riduzione della carica batterica sia nella regressione della malattia.

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Dove si applica la terapia non invasiva?

Tra le realtà più specializzate nei trattamenti non invasivi per la cura della parodontite emerge la rete di cliniche specializzate EDN-IMI. Fondata da Francesco Martelli, la rete è formata da centri dedicati alla ricerca dell’eccellenza nel campo delle alte tecnologie e dei trattamenti innovativi in tutte le procedure odontoiatriche (diagnostiche e terapeutiche), in particolare in casi molto complessi quali sono le parodontiti aggressive e le perimplantiti.

Per il raggiungimento di tale scopo, il network si avvale di un team di odontoiatri e igienisti dentali preparati e selezionati attentamente per le loro qualità umane e professionali. Lo staff medico – un team di odontoiatri e igienisti dentali preparati non solo sul piano professionale, ma anche su quello tutt’altro che secondario del rapporto con il paziente – è formato specificamente sull’utilizzo del microscopio operatorio e del laser, cioè dell’avanguardia tecnologica nelle cure parodontali.

Il protocollo terapeutico adottato dalle cliniche EDN-IMI si basa su una forte sinergia tra un sofisticato approccio diagnostico e alcune tra le più rivoluzionarie terapie non invasive. La garanzia fornita al paziente è quella di un impatto chirurgico notevolmente ridotto e un conseguente recupero post-operatorio più rapido e meno traumatico possibile. Dopotutto, una cura che sia davvero tale non deve trasformarsi nell’inizio di una nuova catena di problemi, ma essere la soluzione definitiva alla malattia.

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