Rientrare al lavoro senza ansia

  • 10 10 2016

Lavorare ed essere una mamma felice è possibile? Sì, abbandonando i sensi di colpa e la mania del controllo

Secondo una recente ricerca IPSOS per Kinder Cereali, le mamme tendono a soffrire la condizione di versatilità estrema a cui sono abituate, benché non sempre riescano ad ammetterlo. Grazie a interviste brevi e focus group applicati a un significativo campione di madri, lo studio evidenzia soprattutto il senso di colpa materno perenne e la mania di voler tenere sempre tutto sotto controllo.

Per quanto riguarda quest’ultima tendenza, pare siano coinvolte anche le mamme più insospettabili. Sì perché è sufficiente osservare il mondo di una mamma-tipo per comprendere quanto le altre donne siano diventate termini di paragone, più che persone con cui relazionarsi. Uno dei momenti clou in cui si genera il gap interiore tra desiderio di affermazione personale e senso di colpa materno, è quando una donna deve (e vuole) rientrare al lavoro dopo la maternità. Tra le mamme lavoratrici appena l’11% si ritiene molto soddisfatta del proprio lavoro (il 54% abbastanza, il 28% poco e il 7% per niente).

In questa fase, il senso di inadeguatezza e l’ansia del controllo possono portare anche a sviluppare disturbi psicosomatici e mettere a repentaglio la serenità familiare. Dunque, che fare? Per prima cosa, accettare ciò che si prova. Anestetizzare le emozioni negative, infatti, non è mai una buona idea.

Dialoga con le tue emozioni
Quando è tempo di rientrare al lavoro, dopo aver avuto un bambino, la donna generalmente è assalita da una sensazione generalizzata di non potercela fare. Più che avere appigli oggettivi e razionali, questa emozione destabilizzante è una sorta di tsunami, comprensivo di tante sfaccettature e in grado di investire le mamme lavoratrici in men che non si dica.

Secondo la ricerca condotta da Ipsos per Kinder Cereali, la mamma di oggi è stanca (molto spesso per il 23% delle mamme intervistate, abbastanza spesso per il 57%) e una delle cause di questa spossatezza è proprio la difficoltà nel conciliare le diverse dimensioni di sé. Infatti, benché sia consapevole che non è così, la mamma lavoratrice sente di dover fare comunque una scelta e di tradire così una delle sue dimensioni.

Se si è felici di tornare al lavoro, allora ci si sente mamme “inferiori”. Se si lascia il lavoro, per fare solo la mamma, si ha paura dei rimpianti e di aver inevitabilmente perso qualcosa. E se, invece, non si fosse costrette a una scelta interiore? In fondo, per i papà non funziona così eppure sono anch’essi genitori.

Accettare le emozioni e la pluralità di dimensioni sono due compiti ardui ma necessari per tornare al lavoro con serenità.

Allenta la mania del controllo
Una delle caratteristiche della mamma di oggi, è l‘ansia da prestazione che sfocia in mania di controllo. Come un abile giocoliere, la mamma che lavora deve tenere in piedi tanti birilli contemporaneamente. Ed è quasi incapace di delegare perché teme che, spostando uno di questi “birilli”, tutto possa crollare.

Questo richiamo continuo al multitasking è un’esigenza dettata dai ritmi attuali, eccessivamente frenetici. Ma essere sempre multitasking non fa bene alla salute. Una mamma che lavora ha bisogno di pause, necessita di tempi “vuoti” che poi così vuoti non sono: fermarsi ad ascoltare un po’ di musica, dipingere, andare a vedere una mostra, uscire da sola con il partner…

Per questi motivi, è importante abdicare al ruolo di wonder woman e imparare a delegare: che siano i nonni o la baby sitter, è cruciale che la mamma rivendichi il diritto alla pausa.

Non identificarsi con un ruolo
Non è raro che la mamma che torna al lavoro, si ritrovi a interagire con un contesto ostile e difficile. Purtroppo, siamo ancora lontani dalla vera parità di genere in campo professionale e, quindi, questo tipo di situazioni sono decisamente frequenti. E, ovviamente, compromettono la serenità della donna.

Per affrontarle nel modo migliore, è necessario essere ben “centrate”. Cosa significa? Innanzitutto, che è sbagliato identificarsi con qualcosa di esterno. In questo caso, identificarsi con il proprio ruolo nella professione. Così come non è sano identificarsi solo con il ruolo di mamma o con quello di moglie. Prima di tutto, si è persone. Uniche e inimitabili.

Prendere coscienza del proprio valore, allenta l’ansia e trasmette anche sicurezza nell’ambiente lavorativo. Essere autenticamente sicure di sé rappresenta un’ottima “protezione” nei confronti di eventuali tentativi di sabotaggio professionale.

Il partner, una risorsa di cui potersi fidare
Lo studio condotto da Ipsos, considera anche il ruolo del papà e la sua evoluzione nel tempo. Infatti, i dati raccolti evidenziano quanto i papà di oggi siano presenti ma poco proattivi. Ciò significa che il partner partecipa alla vita familiare, condividendo alcuni compiti, ma non si è ancora arrivati a un quadro di parità soddisfacente, anche se il 71% delle mamme intervistate si sentono supportate dal partner nella gestione dei figli.

Le mamme che rientrano al lavoro, quindi, non si sentono ancora completamente sostenute. Benché i papà abbiano “ampliato” i loro compiti, non vengono ancora considerati come complici alla pari. Per rivoluzionare questo tipo di tendenza, è importante dialogare in tutta sincerità con il proprio partner, imparando a chiedere ciò di cui si ha bisogno.

Ma la psicologia consiglia di utilizzare un linguaggio chiaro e circoscritto riguardo ai compiti genitoriali, evitando di “prenderla alla larga” con discorsi vaghi sulle pari opportunità: meglio richieste specifiche e dirette.

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