“Ho paura di vivere…”

Quella di vivere è una paura che si affaccia silente nelle menti di molte persone, e che si rafforza a causa della non facile situazione economica degli ultimi anni. Il Professor Roberto Pani ci spiega i motivi che sottendono la paura di vivere, tra cui la grande illusione creata dalle generazioni precedenti

Paura di vivere: emerge dal sottobosco dei blog in rete, dalle testimonianze anonime dei forum e dalle richieste agli esperti di psicologia. Sempre più persone hanno paura di vivere: dall’osservatorio privilegiato costituito dagli allievi di corsi universitari e specializzazioni post-lauream e dai pazienti, chiediamo al Professor Pani se effettivamente oggi vivere sia accompagnato dalla paura.

“Mi sembra che effettivamente l’avvenire che era stato promesso ai giovani (e non più giovani) si sia nebulizzato ” – esordisce il Dottor Pani.

In che senso avvenire promesso?

Nel senso che dal Dopoguerra in poi il boom economico ha acceso tanta ideologia e tanta illusione. Erano i favolosi anni ’60 oppure gli anni ’50, quelli della ricostruzioni post-bellica: le persone si sono illuse di poter realizzare un avvenire tanto ricco di benessere quanto di sviluppo democratico, creando dal punto di vista sociale molti valori che però, durante questi anni, sono stati disattesi.

Si trattava veramente di promesse?

Il mix di modelli sociali e illusioni delle persone di quegli anni (oggi nonni o genitori di circa 50 anni) sono alla base della promessa disattesa. Tutti coloro che avevano sopportato ristrettezze di varia natura, per ambire a un miglioramento delle condizioni di vita per i loro figli e nipoti, pare abbiano costituito una gigantesca illusione per tutti. Tale illusione che è stata tramandata sino alla generazione dei giovanissimi del 2012 che oggi hanno 15-20 anni: è diventata un boomerang che penalizza illusioni con disillusioni, ricchezza con povertà, romanticismo con freddo pragmatismo, l’artigianato con una velocissima elettronica la cui sofisticatezza aggrava il lavoro anziché alleggerirlo, perché stringe sempre di più i tempi e così, al fine di per essere competitivi, aumenta gli atteggiamenti compulsivi e patologici delle varie dipendenze che oggi vediamo.

L’illusione di vivere meglio non è un paradosso forse?

, lo è, perché metabolizzare tanto, ovvero apprendere tanti cambiamenti, in poco tempo e spazio, crea confusione e insicurezza nei genitori. Confusione che – immaginiamo – si ingigantisca nei figli, poco forniti di strumenti psichici per incamerare in modo ordinato i vari piani e i vari settori della mente, dove le informazioni subliminali, quelle virtuali e quelle reali dovrebbero essere collocate e renderle disponibili.

Perché dunque si ha paura di vivere?

L’insicurezza e la fragilità sono figlie della confusione, cioè della incapacità di tradurre tutte le esperienze apprese (i vissuti psicologici, le percezioni e tutto il materiale che ci circonda) in qualcosa di utilizzabile nel mondo reale.

Da cosa si riconosce la paura di vivere?

Dal vivere in mezzo ai fantasmi, dal crescere delle dipendenze dipendenze, come quella da Internet, gioco d’azzardo o shopping compulsivo, per esempio. In quest’ultimo caso, ciò che si compra non viene utilizzato, perché non serve come oggetto, ma è considerato nella sua effettiva importanza, in quanto placa lì per lì il bisogno urgente, ed ecco che le persone affette da shopping compulsivo non sanno riconoscere i loro autentici desideri verso la vita, e il vivere. Ecco quindi che si chiude il cerchio con la paura di vivere.

La paura di vivere è qualcosa che va contro se stessi?

Sì, la paura di vivere si esprime per esempio anche attraverso i graffiti e scarabocchi che imbrattano i muri delle città: i giovanissimi diventano passivi e masochisti, poichè hanno perso la bussola di orientamento e non sanno né cosa fare, né dove andare.

Che cosa si vuol comunicare con questo modo di vivere, anzi non vivere?

Che si ha paura di staccarsi dall’illusione che nel frattempo si è ricreata nell’ambiente protettivo familiare. Chi ha paura di vivere ha paura di staccarsi dal guscio, è una forma di difesa che nasconde la speranza che qualcuno indichi una via più sicura.

La paura di vivera ha qualcosa a che vedere con l’autostima? O con la fiducia di base?

Certo, come dicono gli psicoanalisti John Bowlby e Peter Fonagy (psicoanalisti inglesi che hanno studiato la teoria dell’attaccamento ndr) i giovani, non avendo avuto messaggi chiari, ma anzi pieni di contraddizioni camminano in un terreno del quale poco si fidano. Il punto è che oggi questa paura sta intaccando anche i meno giovani che hanno sempre più paura di non farcela.

Si può superare la paura di vivere?

Certamente sì. Fortunatamente quel che descrivo (in modo soggettivo), mi auguro possa essere cambiato dai giovani stessi nel corso delle generazioni e che nuove sicurezze possano sostituire le vecchie. Siamo in una ‘terribile e temibile’ epoca di transizione, ma spero che in seguito si trovi la luce piena.

Ed è spesso proprio dalle paure che si trovano le risorse psicologiche per farcela e per trovare alternative.

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