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Qual è la differenza tra stare da soli e sentirsi soli?

Si tratta di una sensazione veritiera o di una scelta? La domanda è spesso al centro del benessere psicologico delle persone. Insieme possiamo scoprire la differenza tra stare soli e sentirsi soli

Sentirsi soli e stare da soli è la stessa cosa? Capita a tutti nella vita di provare entrambe le situazioni ma è importante comprenderne a fondo le sfaccettature. La differenza tra stare soli e sentirsi soli c’è, è evidente. Tutti prima o poi attraversiamo momenti in cui sentiamo l’esigenza di stare con noi stessi, magari lontani dagli altri per ritrovarci. Si tratta di un bisogno naturale, umano e assolutamente legittimo che non deve instaurare sensi di colpa.

 A parlare della differenza tra stare soli e sentirsi soli sono numerosi psicologi del settore che hanno evidenziato quanto le due sensazioni siano differenti. La condizione di chi è solo a livello psicologico corrisponde ad una sensazione negativa: in psicologia si parla di solitudine quando ci si sente dolorosamente lontani e scollegati, quasi tagliati fuori ed isolati. Il desiderio di stare soli, cioè di ritagliare spazio per sé invece è qualcosa di diverso, del tutto sano.  

Cos’è la solitudine

Il concetto psicologico nel determinare il significato di solitudine evidenzia la sensazione come negativa e molto dolorosa. Si parla di sentirsi lasciati fuori, isolati e viene evidenziato come manchino gli appoggi che possano sostenere. Chi si sente solo accompagna l’emozione con ansia, angoscia e tristezza e spesso viene generata una forte incertezza sul futuro.  

La solitudine è quindi un sentimento fisiologico ma può diventare un’esperienza dolorosa se non affrontata in modo corretto. Se ignorata e non affrontata può diventare un problema, sfociando in qualcosa in grado di minare il benessere psicologico.

La solitudine cronica è strettamente collegata a problematiche come attacchi d’ansia, depressione e disturbi del sonno ma anche ad obesità e problemi cardiaci. Si tratta di un dolore che riesce a sfociare in qualcosa di fisico e non solo di psicologico.

La solitudine come problema sociale

Ovviamente ogni persona ha una storia a sé e i motivi per cui può intraprendere la strada verso la solitudine sono del tutto soggettivi; quello che è interessante notare è come a livello sociale questa problematica abbia assunto implicazioni sempre più marcate a livello di benessere mentale.

Al centro dell’attenzione ancora una volta ci sono i nuovi media e in modo particolare i social network che da una parte è vero portano a fare rete, a conoscere nuove persone e a dare l’impressione di essere circondati da affetti ma dall’altra spesso allargano i vuoti di relazioni già presenti. Non solo gli adulti ma anche adolescenti e bambini sembrano cadere in questa trappola. Chiaramente i social network non sono il nemico, è importante però saperli usare in modo corretto, conoscendo il mezzo ed evitando cose che potrebbero farci soffrire.

L’importanza dell’autoanalisi

Assolutamente necessario è compiere un’autoanalisi per poter guardarsi dentro e comprendere la nostra solitudine.

Si tratta di qualcosa di cercato o qualcosa che subiamo? Siamo noi stessi a cercare la solitudine o sentiamo di avere attorno poche persone davvero presenti e significative? Abbiamo la sensazione di avere appoggi importanti che possano confortarci o incoraggiarci?

Queste sono solo alcune delle domande da porsi per comprendere a fondo come ci sentiamo. Talvolta la solitudine può sfociare in uno schema mentale che clinicamente viene chiamato disfunzionale. Questo significa che se questa sensazione  è ripetuta nel tempo, potrebbe trattarsi di uno schema disfunzionale legato alla solitudine.

Perché si resta intrappolati

Rimanere intrappolati è una sensazione frequente in chi soffre di schemi disfunzionali; in questo caso le motivazioni potrebbero essere tre. La prima è che lo schema innescato faccia apparire la realtà in modo distorto e alterato; questo significa che talvolta potremmo sentirci soli senza esserlo davvero a causa di vuoti affettivi non affrontati.

La seconda ragione invece potrebbe essere legata al modo in cui viene gestita la sofferenza; ci sono persone che per evitare di soffrire tagliano i ponti e chiudono relazioni pur di non rischiare di sentirsi trascurati. Terza motivazione potrebbe essere la scelta volontaria di amici o partner non affettuosi che con il loro atteggiamento confermano quindi la sensazione di solitudine avvertita.

La gestione delle emozioni

Ancora una volta è il tema della gestione delle emozioni che viene sollevato; tutto, proprio come negli schemi mentali ha radici su come gestiamo le situazioni che dobbiamo affrontare.

Secondo gli studi è molto comune avere alcuni atteggiamenti ricorrenti come scatenare i sensi di colpa, ritenendosi gli unici responsabili di rapporti che non funzionano, oppure la tendenza a catastrofizzare cioè enfatizzare in modo esagerato anche le più piccole situazioni spiacevoli.

Stare da soli: una scelta

Non sempre la solitudine deve essere vissuta come qualcosa di negativo; talvolta siamo noi stessi a cercarla e sperimentarla volontariamente. Nel quotidiano ritagliare spazi per sé è fondamentale ma anche poter trascorrere del tempo in compagnia di una delle persone più importanti della propria vita: se stessi.

La tendenza di viaggiare soli prende sempre più piede, ma anche andare a cena al ristorante o a vedere un cinema in autonomia è un’usanza sempre più diffusa. Imparare a vivere bene la solitudine può essere una chiave di svolta.

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