Gianni Morandi con Paolo Kessisoglu e Luca Bizzarri

La prima cosa che noti in Gianni Morandi sono le mani. Non te le aspetti così belle; e soprattutto non te le aspetti così grandi rispetto a Gianni Morandi, che non ti aspetti così minuto. Mani nervose, cariche di energia, incapaci di stare ferme. Esattamente come lui. Ti sembra impossibile che quel ragazzo che amava i Beatles e i Rolling Stones, e che non ha mai smesso di amare la vita, abbia 66 anni. Addirittura cinque in più del Festival di Sanremo che ha accettato di presentare dal 15 al 19 febbraio.

Nella foto, Gianni Morandi con Paolo Kessisoglu e Luca Bizzarri: insieme a Elisabetta Canalis e Belen Rodriguez condurranno il 61esimo Festival di Sanremo.

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Mancano pochi giorni. È emozionato?
«Da pazzi. Qualcuno mi aveva detto: “Ma chi te lo ha fatto fare?”. E ora che siamo alle porte capisco che non aveva tutti i torti. Questa è un’esperienza nuovissima, senza precedenti».

 

Però la strada di Sanremo già la conosceva.
«Sì, ma quando ci vai con una canzone non ti rendi conto del lavoro pazzesco, di mesi e mesi, che sta dietro alla macchina organizzativa».

 

Che conduttore sarà?
«Saremo. Perché non sono solo: siamo una bella squadra, molto equilibrata. Io spero di essere spontaneo, come uno di famiglia.
Antonella Clerici, che è un Sagittario come me, mi ha detto: “Gianni vai tranquillo, qualunque cosa succeda, fai sempre quello che ti senti”».

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E lei?
«Spero di riuscirci, ma non sono mica sicuro. Ogni giorno vedo l’ansia aumentare».

 

Di cosa è fatto Sanremo: più musica o più tv?
«È una grande occasione per far sì che la tv si metta al servizio della musica. E noi vogliamo mettere la musica al centro del Festival, anche se sappiamo perfettamente che per fare tre ore e mezzo di show ci vuole anche dell’altro».

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Come ha fatto a convincere tanti big a tornare in riviera?
«Come al mercato dei calciatori: provando a convincerli uno per uno. Pezzali lo conosco da una vita, Vecchioni lo stesso… Battiato sono andato a trovarlo a casa insieme a Luca Madonia, perché da solo non ce l’avrei fatta, Anna Oxa sono andata a sentirla a Verona».

 

L’amicizia fa miracoli?
«Aiuta, però deve esserci anche un pezzo all’altezza della situazione».

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E se non c’è?
«Allora l’amicizia aiuta a dire di no».

 

È capitato?
«Eccome. Qualcuno che avrei voluto mi ha detto no. E a qualcun altro che ci teneva a venire, il no ho dovuto dirlo io».

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Chi non ha convinto a cantare è se stesso.
«Ma no, alla fine credo che canterò. Nella serata dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia».

 

Si esibirà con C’era un ragazzo…?
«Sarebbe un conflitto d’interessi troppo grosso. Sto cercando di trovare un inedito a tema: dopo le musiche del passato, una del futuro. E se non lo trovo canterò l’inno nazionale».

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Le first ladies Elisabetta Canalis e Belen Rodriguez hanno due fidanzati celebri. Ha più voglia di avere ospite George Clooney o più paura di Fabrizio Corona?
«Clooney gira un film in quel periodo, è stata proprio Elisabetta a dirmi che non potrà venire. Sull’altro, non so se verrà. So che si amano molto, ma non tocco mai l’argomento con Belen».

 

Chissà se Corona saprà resistere al richiamo del Teatro Ariston. Non sembra esattamente un tipo schivo.
«No, però credo che si renda conto che la sua fidanzata va lasciata libera e di conseguenza che la sua presenza al Festival potrebbe essere ingombrante».

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Come cantante ha partecipato a sei edizioni di Sanremo.Qual è il ricordo più bello?
«Il ricordo più bello è anche il più triste. Parliamo dell’edizione del 1987, che ho vinto con Tozzi e Ruggeri. La sera della finalissima Baudo annunciava in diretta la morte di Claudio Villa, a cui ero legatissimo. Cinque minuti prima mi avevano detto che avevo vinto, ma io scoppiai lo stesso a piangere».

 

Ancora l’amicizia.
«Con Claudio c’era un rapporto speciale. Eravamo di generazioni diverse, a Canzonissima c’era sempre guerra, ma ci volevamo un sacco di bene».

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E come spettatore, che ricordi ha di Sanremo?
«I primi Festival li ho visti con i miei al bar quando non avevamo la tv. In questi mesi mi sono riguardato soprattutto le edizioni di Pippo Baudo, Mike Bongiorno e Paolo Bonolis».

 

Il suo Festival sarà un ritorno al passato, contro la moda dei talent show?
«I talent show svolgono una loro funzione e noi ne abbiamo tenuto conto: infatti abbiamo voluto Giusy Ferreri, Emma e Nathalie. Però abbiamo modificato il modello di votazione per salvaguardare gli artisti che non godono di quel tipo di popolarità. Puntiamo a una competizione equilibrata in ogni senso: dalla canzone popolare a quella d’autore, dall’interprete giovanissimo a quello meno giovane».

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Possibile che quel ragazzo che amava i Beatles sia diventato un tradizionalista?
«Sono uno che vorrebbe salvare il palcoscenico di Sanremo. In questi 60 anni il Festival ha raccontato tanto di noi: quali canzoni ascoltavamo, ma anche che linguaggio usavamo, come ci vestivamo e come ci pettinavamo. Sanremo è una delle poche tradizioni popolari che ci restano, ed è per questo che vale la pena di volergli bene».