Violetta è una serie tv argentina trasmessa da Disney Channel.
Se anche tu hai una figlia di età compresa fra i 4 e i 14 anni, sarai senz’altro sottoposta all’esondazione di figurine di Violetta, astuccio di Violetta, puzzle di Violetta, cd di Violetta, chitarra di Violetta, crema corpo di Violetta. E probabilmente sarai presto trascinata a una delle date del nuovo tour mondiale, che arriva il 3 gennaio in Italia.

Ai miei tempi la Disney era quella di Qui, Quo e Qua. Il livello di complessità della trama era, non so, Pluto seppellisce l’osso ma poi si scorda dove l’ha messo. Topolino deve andare da Minnie ma perde il treno per colpa di Gambadilegno capostazione. Cose così.

La trama di Violetta – rapido sunto delle ultime 160 puntate – è che una ragazzina (orfana ma sexy) torna nella nativa Buenos Aires col padre (vedovo ma miliardario) dopo alcuni anni trascorsi in Europa.

Il padre osteggia la passione di Violetta per il canto in quanto la moglie, cantante, defunse in un incidente durante una tournée. E dunque un esperto di scienze statistiche dovrebbe spiegargli che – per gli assiomi della probabilità – è matematicamente impossibile che alla figlia succeda la stessa cosa.

Ma Violetta, detta Vilu, non demorde. E con l’aiuto della nuova istitutrice, che è sua zia anche se lei ancora non lo sa (è il copione, giuro!), si iscrive a una scuola tipo Saranno Famosi. Dove incontra amici, bulletti, amori. Tutta gente che canta con gli spasmi, si esprime squittendo e cambia partner più spesso di quanto mio marito cambi calzini.

Una fiesta di qua, un sueño di là, una rivalidad di su e una canción di giù, 80 puntate dopo la bella Vilu debutta sul palco, al che il padre vive quella che nella Poetica aristotelica si chiama fase dell’agnizione: «Uèla, brava! Sai che ti dico? Tu devi proprio cantare».

La cosa assurda – a parte la trama – è che Martina Stoessel, la 16enne diva planetaria che interpreta Violetta, riesce a mietere consensi anche alla scuola materna. Mia figlia a 4 anni vuole già essere Violetta: di questo passo, a 5 probabilmente vorrà sapere dove sta il punto G.

Che devo fare, assecondare il fenomeno o fare la bacchettona? L’ho chiesto a Claudia Attimonelli, sociosemiologa all’università di Bari. E madre. Suo figlio Ian, 5 anni, è un fan accanito di Chica Vampiro, altra telenovela sudamericana per ragazzi. In Chica Vampiro l’elemento vincente è quello vampiresco, mentre in Violetta è il talent show. Che, secondo l’esperta, è un archetipo ormai profondamente sedimentato nella nostra società.

Prendi X Factor. Ma prima di X Factor c’era Maria De Filippi, prima della De Filippi c’era Non è la Rai, prima di Non è la Rai c’era La Corrida di Corrado, e così a ritroso fino a Bellissima, film dove Anna Magnani spronava la figlia alla carriera di attricetta pagandole parrucchiera, sarta, corsi di recitazione e di ballo, ed era il 1951.

Insomma, il talent non è un format televisivo, è un archetipo umano. Senza contare che ogni età gestisce i propri media, quindi per una bambina è senz’altro più facile farsi dire “brava” ballando e cantando che non aprendosi un blog.

L’altro elemento vincente di Violetta è l’impianto della trama, i cui livelli di incastro sono intellettualmente accessibili anche al nostro pesce rosso. Chiamarla serie tv è improprio, Violetta è una telenovela: tragedia iniziale, lotta per la conquista, villona sudamericana, abiti di tulle rosa, lacrime e inghippi.

Spiega Claudia Attimonelli che lo spettatore non è chiamato a ricostruire un percorso di senso - non è C.S.I., non è Montalbano - ma a mordere il cuscino e angosciarsi perché lui non dice a lei che in realtà lei è la sorella della figlia di lui...

Si chiama “tweening”, fenomeno per cui i prodotti culturali mediatici sono concepiti per attirare anche le fasce di età inferiori al livello di target previsto, allargando la forbice di fruizione. In altre parole, la ragazza di 13 anni si emoziona perché Vilu ama León ma forse si mette con Tomás, mentre la sorellina di 6 si emoziona perché Vilu canta e riceve applausi.
E poi vabbè, vogliamo parlare delle canzoni? Sono uguali a tutte le hit che vanno in questi anni, da Justin Bieber in giù: 4 accordi, registri acuti e melodie facili facili. Ma dopotutto mia madre non distingueva i Cranberries dai Nirvana, per lei era tutto rumore, quindi forse sto semplicemente invecchiando.

Insomma, noi genitori che dobbiamo fare? «Inutile ergersi a moralisti. L’unica cosa utile è chiarire ai nostri figli la differenza tra fiction e realtà. Spiegare che quelli sono attori. Che qualcuno le costruisce, quelle storie» dice Claudia Attimonelli.

«Non è una realtà che può essere imitata, sono storie di fantasia nate per emozionarci e creare immedesimazione». Un po’ come far capire ai bambini la differenza fra il sangue e il succo di pomodoro.

Ciò detto, se mia figlia vuole uscire di casa vestita come Violetta, io prima tento la strategia sociosemiologica, poi se non basta passo a quella di mia madre: «Azzardati ad andare in giro così e ti stacco gambe e braccia». Con me funzionava.

E se mia figlia ha la Violetta mania?

  • 14 01 2014

È ciò che si chiedono, tra l’incredulo e il rassegnato, le madri delle bambine dai 4 ai 14 anni. Tutte fan della serie tv. Risponde qui la scrittrice, e mamma, Valeria di Napoli, in arte Pulsatilla. E dà un “consiglio di sopravvivenza"

In Italia va in onda su Disney Channel, dal lunedì al venerdì alle 14. È seguitissima anche in America Latina, Medio Oriente e Sudafrica.

Lo show arriva in Italia dal 3 gennaio: prima tappa Milano, poi Bologna, Roma, Napoli, Catania, Padova, Firenze e Torino. I biglietti sono in vendita su Ticketone.it.

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