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Miti 2.0: Il mito della donna emancipata

  • 07 10 2013

Carolina Bandinelli analizza l'immagine di una figura che è diventata un mito nella nostra società

La donna emancipata sa quello che vuole. La donna emancipata controlla ogni situazione. La donna emancipata sa fare dell’ottimo sesso.

Carolina Bandinelli, ricercatrice alla Goldsmiths University di Londra, riflette su questa icona, talmente diffusa nell’immaginario collettivo da diventare un mito.
«Le donne di venti, trenta, quaranta anni si trovano a dover incarnare il profilo di un’emancipazione che spesso si percepisce frustrante e conflittuale, nonché difficile da attuarsi. Per non parlare degli effettivi benefici che da essa si traggono. Siamo infatti davvero sicure che il modello della “donna emancipata” che ci propongono le riviste al femminile, la musica pop e i best-seller sia davvero emancipante? O meglio: di che tipo di emancipazione si tratta?».

Spesso i magazine femminili offrono ottimi consigli su come diventare una donna emancipata al 100%. Istruzioni tecniche che permettono, se seguite nei minimi dettagli, di portare il partner all’estasi totale. E le donne emancipate le applicano con costanza. «Tutta la perizia acquisita in anni di esperienze e letture, magari anche di riviste di fisiologia, sono dispiegati al fine di mostrare quanto si è brave a un ipotetico “lui” e per poterlo “controllare”, misurando e pilotando il suo desiderio. Il fatto che poi la donna possa raggiungere l’estasi appare secondario, la liberazione del desiderio femminile può avvenire solo dopo aver controllato e soggiogato quello maschile».

Carolina Bandinelli analizza alcune canzoni, hit dell’estate 2012, tutte interpretate da donne emancipate. In I Kissed a Girl and I liked it di Katie Perry «il bacio saffico non suggerisce alcuna empatia di genere, anzi, l’altra donna diventa oggetto di un gioco autoreferenziale tanto quanto quello proposto dal macho anni Cinquanta». Rihanna, altra icona pop, in S&M racconta un sadomasochismo mimato e glitterato, fatto di corde rosa, uomini zerbino e caramelle. «La donna agisce in uno spazio di prevedibilità in cui le reazioni dell’altro sono controllabili e innocue come in preda a una sterilizzata volontà di potenza che si nutre di tecniche ludiche dalla precisione scientifica. E dov’è il godimento?»

Infine, anche un’immagine più’ rassicurante come quella di Carly Rie Jepsen, la ragazza della porta accanto in Call Me Maybe mostra una donna solo apparentemente sicura di sé: fa la prima mossa dando il suo numero a un uomo appena incontrato, ma al contempo è molto incerta sull’esito dell’incontro, e infatti canta “questo è il mio numero/ quindi chiamami forse”.

Valori, pratiche, self branding e immaginario pop si fondono in «un’emancipazione che resta ritorta su se stessa, che non crea dinamiche dialogiche, è emancipazione allo specchio. Uno specchio dietro il quale non paiono celarsi tutte queste meraviglie».
L’autrice:
Carolina Bandinelli ha studiato filosofia a Siena, adesso vive a Londra dove fa un dottorato di ricerca in Studi Culturali. La sua tesi esplora le forme di economia, etica e politica, sottese da impresa e innovazione sociale. Insegna in Italia e in Inghilterra, e da sempre s’interessa di relazioni, amore e sessualità‘.
Societing:
Societing è una realtà culturale che raccoglie un gruppo di ricercatori, attivisti, manager e studiosi che si dedicano alla ricerca di nuovi paradigmi economici e sociali per trovare delle soluzioni, basate sulla sostenibilità e sulle possibilità che offrono le nuove tecnologie, alla crisi attuale. Per fare tutto ciò il gruppo di Societing cerca forme interdisciplinari di pratica e di ricerca che comprendano la social enterprise, l’innovazione sociale, l’economia peer-to-peer, la sostenibilità, i social media e la finanza innovativa.
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