fasi sessuali relazione

Quali sono le fasi sessuali di una relazione?

Scopri a che punto sei della tua storia e come affrontare ogni tappa nel modo migliore

Le fasi sessuali di una relazione

Quali sono le fasi sessuali di una relazione? Domanda fondamentale da porsi, anche perché è evidente a tutti: la passione è importantissima in una storia, ma cambia tantissimo con l’andare del tempo.

”Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo” scrisse Lev Tolstoj nel capolavoro della letteratura “Anna Karenina”. L’amore rappresenta un viaggio diverso per ognuno di noi e ogni coppia conosce nel suo intimo la felicità dell’andare tenendosi per mano, gli ostacoli, i bivi e gli orizzonti percorsi insieme. Impossibile giudicare, né fare confronti. Ma se c’è qualcosa di comune su cui possiamo forse riflettere è il tempo. Perché una relazione si trasforma passo dopo passo, nello stesso modo in cui a cambiare siamo anche noi.

Non siamo gli stessi di quando ci siamo conosciuti. A maggior ragione se il tempo insieme occupa lo spazio di decenni: anno dopo anno cresciamo, cambiamo idee, case e lavori; affrontiamo sfide, malattie, disillusioni. Invecchiamo, facciamo progetti, desideriamo… e tutto questo si riflette nei nostri rapporti d’amore. Ecco perché dovremmo conoscere di più le fasi dell’amore e interrogarci sul capitolo di vita che stiamo attraversando. Quella che pensi come una crisi o un calo della passione, potrebbe semplicemente rivelarsi l’inizio di una nuova fase, capace di portare alla coppia trasformazione e creatività nel momento in cui siamo in gradi di coglierne la portata.

Come capire in quale fase sei?

Nel 1988 ci hanno provato Ellyn Bader e Peter Pearson: i due oltre a essere psicoterapeuti sono anche marito e moglie. Considerati pionieri nel campo della terapia di coppia, insieme hanno scritto “In Quest of the Mythical Mate: A Developmental Approach to Diagnosis and Treatment in Couples Therapy”. Nel libro si sviluppa l’idea del Ciclo di Vita della coppia, secondo i due ricercatori destinata a seguire fasi di sviluppo diverse proprio come ogni essere umano cresce ed evolve, passando dall’infanzia all’età adulta tappa dopo tappa.

Simbiosi, differenziazione, sperimentazione, riavvicinamento, mutua interdipendenza: sono tutte fasi della coppia, diverse a seconda del periodo in cui ci troviamo. Vediamole una a una.

Simbiosi

Margaret Schonberger Mahler, medico e psicoanalista di origine ungherese, specializzata nell’ambito delle psicosi infantili, indicava la fase simbiotica come tipica fino al quarto mese di vita, circa, quando non esiste una sostanziale differenziazione fra il bambino e la madre. In questa fase non avremmo realmente consapevolezza del caregiver, bensì saremmo semplicemente regolati sulla base della fame e dei bisogni. Una fame d’amore che contraddistinguerebbe, secondo la teoria di Ellyn Bader e Peter Pearson, anche la nostra vita affettiva quando ci troviamo all’inizio di una storia d’amore.

All’inizio, infatti, proprio come un bambino nei confronti della mamma, il nostro neonato amore si nutre di una fusione totale. È il momento che, guardando indietro, ricordiamo con un sospiro ed è forse il più celebrato: l’attimo fatale di quando brucia inarrestabile il fuoco della passione e abbiamo la sensazione di essere un’unica cosa. La simbiosi è l’impeto dell’inizio, quando l’altro costituisce un’attrazione irresistibile. Di lui vogliamo tutto, proprio tutto. Ancora non sono emersi difetti e vedute diverse, che costituiranno ottimo materiale per una presa di distanza e (più o meno consapevole) differenziazione, tipica della seconda fase.

La fase della simbiosi all’inizio di un rapporto realizza uno stato di sintonizzazione che aiuta a creare una base comune. Tuttavia, protratta nel tempo può scontrarsi con il bisogno di autonomia individuale, altrettanto necessaria per una relazione sana e felice. Il sintomo che qualcosa non va? La condizione tipica del “non posso vivere senza di te… né con te”.

Differenziazione

Progressivamente, la fusione regolata sull’alternanza fra stimolo del bisogno e soddisfazione conosce una lenta, ma inarrestabile trasformazione. Nella vita di un bambino corrisponde al momento fra il quarto mese e l’ottavo mese di vita: un lasso temporale estremamente variabile in cui iniziamo a renderci conto di una differenziazione, invalicabile e definitiva, che ci separa dall’oggetto del nostro amore. È il momento in cui inizia lo sviluppo dell’immagine corporea. In un bambino l’individuazione segue la strutturazione del senso di identità: riguarda la percezione di sé e, al tempo stesso, la consapevolezza di essere separati.

Anche in amore stabilire un confine è fondamentale e partecipa alla costruzione della nostra identità come individui al di là della coppia. Noi non siamo l’oggetto del nostro amore: questo in una storia può coincidere con l’inizio di un momento estremamente doloroso, che porterà all’emergere di una distanza in cui si fa conoscenza anche con potenziali conflitti, difficoltà ad accettare le reciproche differenze. Una tappa pericolosa e altrettanto ricca di spunti in grado di farci evolvere come persone, purché cogliamo l’occasione per metterci in discussione noi per primi a livello personale. È un momento di disillusione ma anche di confronto e accettazione della realtà.

Come vivi l’amore?

Il processo di separazione e individuazione prevede quattro fasi, secondo la teoria sviluppata da Margaret Schonberger Mahler: differenziazione (fra quattro e otto mesi di vita), sperimentazione (tra otto e quattordici mesi), riavvicinamento (fra quattordici e ventiquattro), infine la fase in cui matura la consapevolezza della costanza dell’oggetto libidico (all’incirca il terzo anno d’età). La fase di differenziazione corrisponde alla presa di coscienza del proprio corpo: con le mani e la bocca un bambino inizia a esplorare se stesso e il mondo. Verso i sei mesi iniziamo a toccare i capelli e la bocca di mamma e papà, esploriamo il loro volto, li osserviamo sempre più a lungo e interagiamo con i loro corpi.

Non è affascinante pensare a un corrispettivo di questa fase applicata al campo delle relazioni d’amore? Tenendo la metafora del corpo, anche in questo contesto andiamo alla scoperta. Iniziamo a conoscere noi stessi attraverso l’altro. Quando verso gli otto mesi di vita il bambino comincia a distinguere la madre da tutte le persone che madre non sono, subentra la paura della perdita e anche con questo dobbiamo fare i conti nel legame di coppia: l’angoscia totale e senza spiegazioni di quando il nostro amore si allontana e non sappiamo se tornerà. In fondo si tratta di emozioni profonde, istintive e autentiche che proviamo per tutta la vita. Anche da adulti. Sebbene razionalmente si sappia di non essere più bambini, esistono paure ancestrali e profonde come l’abbandono, capace di andare al di là di ogni ragionamento. Al tempo stesso lavorare sulla distanza significa imparare a stare con la propria solitudine e ritagliarsi tempo per sé, prendersi cura non solo della coppia ma anche dei propri bisogni.

Sperimentazione

Il gioco e la capacità di mettere una distanza: nel bambino è l’età della scoperta del mondo, che Margaret Mahler individua dall’ottavo al quattordicesimo mese di vita. Questo è il momento in cui i bambini provano una curiosità sempre maggiore per l’esterno. Sempre più abili nel gattonare sebbene non completamente autonomi, cercano di arrampicarsi ovunque, fanno nuove esperienze andando alla scoperta di oggetti e ambienti. Al tempo stesso, l’assenza della mamma non è ancora addomesticata: la sua presenza è abbraccio d’amore e quando la mamma sparisce il pianto può diventare inarrestabile. È attraverso il gioco e l’esplorazione che un bambino impara a venire a patti con l’assenza… almeno per un attimo.

La voglia di esplorare e sperimentare rappresenta una pulsione importante anche nell’età adulta. Mai smettiamo di imparare e più ne siamo coscienti maggiore sarà il nostro impegno nell’offrire a noi stessi stimoli nuovi. La voglia di sperimentare e di emozionarci per le novità ci spinge a uscire dalla nostra zona di comfort, mettere il naso fuori di casa, investire in progetti che non siano solo di coppia. Per qualcuno questo può generare senso di colpa, irrequietezza e paura. La spinta verso l’esterno è controbilanciata dal timore di dare o ricevere meno impulso per la coppia. Eppure una relazione si nutre anche attraverso i momenti di distanza. Mettere la giusta distanza è un esercizio quotidiano e richiede l’ascolto profondo delle proprie emozioni. Significa venire a patti con l’assenza ed è un lavoro lungo e complicato, che necessita di pazienza. Imparare a percepire la presenza dell’amore nella distanza è ciò che riesce a costruire quel senso di fiducia e sicurezza in grado di partecipare all’autostima… e che a molti di noi non è stato concesso di allenare con la dovuta calma da piccoli.

Vivi le separazioni con l’ansia?

Frettolosi di insegnare l’autonomia, da genitori non ci si dà tempo per costruire insieme al proprio bambino la percezione della distanza a poco a poco. Molte persone non danno peso alle esigenze dell’altro, pensando che un bambino debba abituarsi a stare solo e che il pianto sia un capriccio. I bambini di un tempo vengono sostituiti da adulti razionalmente competenti, ma emotivamente acerbi… e dentro continuiamo a avere le stesse ferite. Hai mai sentito l’ansia che prende alla gola per un messaggino a cui non arriva subito risposta? L’impulso a fare mille chiamate di seguito, o al contrario, considerare appiccicosa una persona che chiede rassicurazioni. Ci sono persone che provano un impulso irresistibile per la fuga di fronte a chi si espone con tutta la verità dei suoi sentimenti o, al contrario, altri entrano in uno stato di panico all’idea di perdere qualcuno anche se si tratta di una storia agli inizi. Il fatto è che ognuno di noi vive l’amore in modo diverso, eppure raramente ritorniamo con la memoria all’infanzia. Non ci chiediamo mai che forme d’amore abbiamo conosciuto all’inizio della nostra vita e come ci hanno cambiato, fatto crescere, abituato all’idea dell’amore.

Riavvicinamento

Tu quale confine metti fra te e l’altro? Siamo abituati a pensare alla distanza con una connotazione negativa: ci fa venire in mente freddezza, mancanza di empatia, non coinvolgimento. In realtà, questo non è l’unico modo per definirla: distanza è anche la salvifica misura fra noi e l’altro. Hai presente il fuoco? Quando è eccessivamente lontano il calore si disperde, al contrario troppo vicino brucia: la giusta distanza è il tempo di cui hai bisogno per seguire i progetti che riguardano la tua vita, curare le amicizie che ne fanno parte, seguire il lavoro e gli interessi a cui tieni o avere un hobby. Hai mai pensato alla misura di cui hai bisogno per esplorare il mondo e l’amore seguendo il tuo ritmo naturale? Il senso di vicinanza e di appartenenza parlano di quanto una storia sia importante nella propria esistenza, ma non ha solo a che fare con la quantità di tempo trascorso insieme.

Allontanamento e avvicinamento: come in una danza di corteggiamento impariamo i passi dell’amore. Il bambino scopre di poter gestire la lontananza, l’adulto misura i suoi bisogni e scopre quelli dell’altro arrivando a costruire un nuovo spazio, quello della coppia. La felicità in amore non ha semplicemente a che fare con il mettere in comune necessità e risorse, si tratta della difficile arte di dare vita a uno spazio condiviso. La capacità di sopportare la frustrazione, che un bambino impara intorno a un anno e mezzo sperimentando l’attesa, diventa capacità di integrare la distanza che non è solo fisica, bensì, in una coppia, anche mentale ed esistenziale. È ciò che ci serve per raggiungere un’altra fondamentale tappa: il riavvicinamento, possibile solo quando sappiamo percorrere la nostra solitudine, percepire come stabile e sicura la presenza dell’altro. Ovvero, trovare un compromesso fra i bisogni nostri e dell’altro, essere in grado di un dialogo.

Interdipendenza

Quello che per l’infanzia era stato definito costanza dell’oggetto libidico nel caso della coppia viene riconosciuto da Ellyn Bader e Peter Pearson come fase dell’interdipendenza. È l’amore maturo, che è stato capace di fondersi, ma anche di sopravvivere al processo di differenziazione. Ha attraversato le differenze e adesso concretizza, giorno per giorno, il senso autentico dello stare in relazione: capacità di stare-con, accompagnarsi. Nella prima tappa, la simbiosi, l’amore gioca con una figura dell’altro che non è reale: è il partner perfetto che ha abitato il nostro immaginario, è realtà che si mescola con la fantasia.

Amare consapevolmente significa renderci conto di chi abbiamo di fronte e decidere di prendere dimora nella stessa esistenza, insieme: conoscere i bisogni reciproci e… essere pronti a metterli di nuovo in discussione. Il punto è proprio questo, ognuno di noi cambia. Accade costantemente; rimettiamo in gioco valori, obiettivi, desideri ma di frequente nemmeno noi siamo disposti ad ammetterlo. Questo ci porta a volere rapporti immutabili, credendo di poter promettere all’altro che saremo sempre le stesse persone. No, non possiamo giurare che sarà tutto uguale per sempre. Però, possiamo prometterci che vogliamo cavalcare quest’onda e che ci saremo uno per l’altro, fianco a fianco nella burrasca. E forse questo è anche meglio.

Riproduzione riservata