Tradimento e risarcimento danni

L'infedeltà coniugale, il tradimento di uno dei coniugi insomma, legittima la richiesta di risarcimento del danno da parte della moglie o del marito tradito

Tradimento e risarcimento danni

Il tradimento del coniuge è una ragione sufficiente per chiedere il risarcimento dei danni. L'infedeltà coniugale è infatti punita non solo con un eventuale addebito della separazione, ma anche con il pagamento  dei danni che il coniuge vittima del tradimento ha subito.

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La violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio, se da un lato legittima la richiesta di addebito della separazione, dall’altro può integrare un illecito civile, vista la natura giuridica, oltre che morale, dei doveri derivanti da tale unione. E così accade, ad esempio, che il coniuge, confidando nella continuità del rapporto, si dedichi interamente alla famiglia, magari trascurando le occasioni lavorative (e quindi trascurando la propria carriera), salvo poi trovarsi, a seguito della separazione, nell’impossibilità di reinserirsi nel mondo del lavoro.  

Oppure, ancora, si pensi ai casi più gravi di violazione dei doveri di assistenza morale o materiale, dove viene meno anche il rispetto delle più elementari regole di convivenza. Certamente più frequente è l’ipotesi in cui il fallimento matrimoniale sia imputabile a una o più relazioni extraconiugali intraprese dal partner, lasciando l’altro in uno stato di oggettiva difficoltà, a fronte delle possibili ripercussioni di un simile comportamento sulla salute, privacy e reputazione di quest’ultimo.

Le situazioni appena descritte, se tali da comportare l’addebito della separazione, appaiono anche meritevoli di un trattamento risarcitorio, considerato il danno ingiusto spesso subito dal coniuge “incolpevole”. Limitando l’attenzione al dovere di fedeltà, è bene precisare che, in presenza di determinate condizioni, il tradimento di un partner può dar luogo ad un equo risarcimento in favore dell’altro, secondo i generali criteri della responsabilità civile (articoli 2043 e 2049 Codice Civile), laddove si dimostri che ciò abbia leso la salute e la dignità della persona tradita. 

Mentre, inizialmente, la giurisprudenza tendeva a negare questa possibilità, da qualche anno, invece, la Cassazione ha mostrato un ripensamento, riconoscendo, dunque, che il comportamento del consorte non solo può costituire causa di separazione o divorzio, ma può anche giustificare una domanda di risarcimento (sentenza Cassazione Civile, I Sezione, del 15.09.2011, n. 18853).

Ciò, peraltro, potrà avvenire a prescindere dal fatto che i coniugi abbiano optato per una separazione consensuale, e quindi senza che sia stata avanzata alcuna richiesta di addebito. Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte riguardava il ricorso proposto da una moglie intenzionata a chiedere la condanna del marito al ristoro dei danni (biologico ed esistenziale) causati dalla violazione dei doveri matrimoniali e, nello specifico, dall’infedeltà, realizzata, a suo dire, con modalità frustranti e denigranti, stante la notorietà della relazione intrattenuta dall’uomo con una donna anch’essa sposata.

Non si trattava, pertanto, di una “scappatella clandestina”, bensì di un rapporto extraconiugale “plateale”, ostentato pubblicamente, senza che il marito mostrasse il benché minimo riguardo per la moglie, la sua immagine e riservatezza. Infatti, affinché si possa ottenere la condanna al risarcimento dei danni, è necessario provare che il tradimento abbia causato al partner un pregiudizio ulteriore rispetto all’ovvia sofferenza psichica provocata dall’infedeltà, dimostrando di aver patito un’effettiva e grave lesione ai diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, vale a dire, ad esempio, alla reputazione, all’onore e alla dignità.

Il danno esistenziale

Ma l’azione di risarcimento del danno non patrimoniale può essere proposta anche nel giudizio di separazione unitamente alla domanda di addebito? Dopo un primo orientamento contrario della Corte di Cassazione, di recente, la giurisprudenza si è espressa in senso favorevole, affermando, quindi, che, in caso di separazione tra coniugi, la pronuncia di addebito e il risarcimento del danno possono sicuramente coesistere (sentenza Cassazione Civile, I Sezione, del 01.06.2012 n. 8862).

In definitiva, quando si è in presenza di una violazione di un dovere coniugale che abbia leso un diritto costituzionalmente tutelato della persona, marito o moglie che sia, è ipotizzabile richiedere, oltre ovviamente alla separazione con addebito, un risarcimento del danno subito a seguito dei comportamenti illeciti del coniuge, qualora essi siano incompatibili con il sano e normale andamento della vita di coppia e mostrino un evidente disinteresse nei confronti del partner.

Spetterà chiaramente al coniuge tradito dimostrare l’entità dei danni subiti, sia morali che economici, avvalendosi degli strumenti tipici delle azioni di risarcimento (perizie, certificazioni, testimonianze etc.).

A cura dell'Avvocato Francesca Oriali

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