Lo stile di vita disfunzionale

Un appello a tutte le donne afflitte da carichi emotivi pesanti dal dottor Ferdinando Pellegrino: cominciate a riflettere sulla vostra vita, imparate a considerare i momenti di crisi e di ansia come segnali di disagio, come un invito a rivisitare e riorganizzare la vostra esistenza in termini di 'ben-essere'

Lo stile di vita disfunzionale

Il dottor Ferdinando Pellegrino è specializzato in Psichiatria e si occupa prevalentemente di disturbi dello spettro ansioso-depressivo. Relatore a numerose conferenze, ha scritto molti libri sulle tematiche inerenti la depressione, il burn-out, la biblioterapia, ecc. Oggi, ci parlerà dello stress e della promozione del “ben-essere”. Un appello a tutte le donne afflitte da carichi emotivi pesanti: cominciate a riflettere sulla vostra vita, imparate a considerare i momenti di crisi e di ansia come segnali di disagio, come un invito a rivisitare e riorganizzare la vostra esistenza in termini di “ben-essere”. Iniziate a credere nella possibilità di crearvi un presente e un futuro più sereno: “un minuto tutto per voi”, un piccolo investimento per un grande risultato può essere l’inizio di un nuovo modo di vivere.

Cosa ci può dire dell’attuale qualità della vita? Come stiamo realmente messi in quest’epoca moderna caratterizzata da caos, fretta e stress?
Un concetto che si va sempre più affermando nella cultura medica è quello di “qualità di vita”, tanto da rappresentare un tema sempre più dibattuto ed oggetto di interesse. L’età media della popolazione è aumentata e il concetto di salute, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è inteso come benessere complessivo dell’individuo. In medicina, ciò si traduce in un’attenzione maggiore e in un approccio psicosomatico caratterizzato da una visione globale della persona nei suoi bisogni fisici e psichici. Così, il compito del medico, oltre alla gestione delle patologie, è diventato più articolato, perché si estende anche alla cura della salute residua, alla cosiddetta “salutogenesi”.

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Cos’è la salutogenesi?
L’infartuato che un tempo veniva stroncato in età prematura oggi è diventato il coronaropatico portatore di by-pass e il cirrotico può avere un fegato nuovo e vivere molto più a lungo; tantissime altre malattie, comprese le neoplasie, oggi presentano una prognosi migliore. Questa salute residua diventa così l’oggetto dell’intervento del medico che deve salvaguardarla aiutando il paziente a scegliere la terapia più appropriata e lo stile di vita più consono alla sua situazione (compliance al trattamento, riduzione del peso, ecc).

Quindi, la parola d’ordine è: benessere!
Sì, infatti, l’altro aspetto che riguarda la promozione della salute in generale, è dovuto anche a noi stessi. Molte patologie fisiche o psichiche sono dovute al comportamento umano; si pensi agli incidenti automobilistici causati dall’alta velocità o dall’abuso di alcolici o alla correlazione tra fumo di sigarette e carcinoma polmonare, ecc. Questi comportamenti rappresentano uno “stile di vita disfunzionale” quale risposta disadattiva alle problematiche della vita. Sostanzialmente, è il “mal-essere” esistenziale, ovvero patologie che sono frutto di un inadeguato adattamento alle problematiche della vita.

Può definire meglio lo stress?
Lo stress è una parola “magica”, nel senso che la si usa in ogni circostanza; anche in medicina, quando si vuole interpretare un sintomo non altrimenti spiegabile, il medico pronuncia la formula: “non si preoccupi, è solo questione di stress, lei non ha niente, deve solo riposare un po’”. Lo stress è l’elemento vitale dell’esistenza, perché rappresenta la tensione con cui si affronta la vita ed è dato dall’equilibrio tra le richieste che provengono dal nostro intimo (ambizioni, desideri, ecc) o dall’ambiente esterno (necessità di acquistare una casa, di accudire i figli, ecc.) e la nostra capacità di farvi fronte in modo adeguato. Non sono solo gli eventi negativi che complicano la vita delle persone, dunque, ma anche quelli positivi, perché possono essere causa di una sintomatologia ansiosa. Lo stress, infatti, nasce dall’incertezza, dall’insicurezza, dalla paura del futuro, dalla sensazione che si ha quando si perde il controllo degli eventi della vita, quando si comincia a ritenere di non essere in grado di gestire con prontezza ed efficacia gli inevitabili cambiamenti, sia positivi sia negativi, della vita

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Come può essere affrontato?
In linea di massima, ciascun individuo dovrebbe essere in grado di gestire adeguatamente lo stress quotidiano e di adattarsi ad esso nel migliore dei modi (“eustress”). Certo, il livello di tensione può salire in certi periodi della vita, quando uno o più problemi diventano motivo di preoccupazione, ma dovrebbe essere modulato e riportato in condizioni fisiologiche al più presto.

E per quanto concerne e lo stile di vita disfunzionale?
Un elevato e persistente grado di tensione comporta, nel tempo, lo sviluppo di una condizione di disadattamento (“distress”), con gravi conseguenze sul benessere fisico e psichico dell’individuo. L’idea (o errata convinzione) di non poter far nulla per evitare le conseguenze dello stress alimenta e sostiene uno “stile di vita disfunzionale”, che rappresenta un maldestro tentativo di autoterapia

In questi casi, che tipo di conseguenze possono verificarsi?
Una delle conseguenze più immediate e dirette dello stress è la somatizzazione in cui l’individuo sposta tutte le tensioni e i conflitti della vita. L’abnorme attivazione dello stato emozionale (iperarousal psicofisiologico) che contraddistingue una condizione di stress comporta, a lungo andare, un cedimento delle strutture difensive dell’organismo, un’usura prematura ed eccessiva dei tessuti, uno stato di tensione psichica che contribuisce, come in un circolo vizioso, ad alimentare ulteriormente il grado di tensione dell’organismo.

Il danno maggiore?
Lo stato d’allarme che ne consegue si associa frequentemente a una condizione di “alexitimia”, ovvero di incapacità del soggetto di vivere ed esprimere le proprie emozioni. Ogni situazione conflittuale, sia individuale che familiare o lavorativa, può indurre uno stato di tensione tale da determinare la comparsa di sintomi fisici funzionali che possono essere motivo di profonda sofferenza.

Che altro?
Oltre alla somatizzazione, un fenomeno di difficile gestione nella pratica clinica è rappresentato dai “comportamenti abnormi”, legati a vissuti di sofferenza interiore non riconosciuti e indice di una cattiva gestione delle proprie risorse e di una risposta disadattiva ai problemi della vita. Questi comportamenti, come il fumo, l’abuso di alcolici, l’alimentazione incontrollata, la non adesione a trattamenti farmacologici laddove necessari, la non osservanza dei consigli del medico, ecc., alimentano un senso di impotenza. Riconoscendosi incapaci di smettere di fumare o di bere alcolici si compromette, a volte seriamente, la qualità della vita e spesso, proprio per il sovrapporsi di più problemi, tali soggetti pensano di non essere più in grado di condurre una vita normale, inducendo in sé una forte tendenza ad alimentare queste condotte, proprio per il senso di rabbia legato alla supposta incapacità di cambiare stile di vita.

Può farci un esempio pratico?
Un paziente infartuato, ad esempio, può continuare a fumare, mangiare cibi grassi, sottoporsi a ritmi di vita stressanti (nonostante possa trovarsi nelle condizioni di scegliere una vita più tranquilla) e non attenersi alle prescrizioni mediche. Riterrà tutto inutile e continuerà a vivere in questo modo, nonostante il bisogno di apportare, nel suo interesse, sostanziali cambiamenti alla propria vita. Molte persone ricorrono al medico richiedendo certificati per malattia; si dicono stanche, irritabili, incapaci di concentrarsi sul lavoro; spesso queste persone vivono stati di tensione interna non riconosciuta e non trattata.

La loro vita sembra essere una fonte di continua tensione e irritabilità nei confronti soprattutto dei congiunti o dei colleghi di lavoro; arrivano ad essere impulsivi e aggressivi, a rispondere in modo eccessivo anche a piccoli stimoli, perfino compromettendo le proprie performance familiari e professionali. Le donne sono spesso soggette a questo tipo di situazione, perché devono coniugare le proprie aspirazioni, con il rendimento lavorativo e con la crescita e l’educazione dei propri figli… Insomma, hanno un compito arduo.

Di fatto, esiste uno stress da lavoro e uno stress del quotidiano…
Il lavoro occupa molto tempo della vita di un individuo ed anche quando vissuto con entusiasmo non è esente dal causare ansia e tensione, ed è così che abbiamo lo stress da lavoro. Alcune indagini condotte su alcune categorie professionali (medici, insegnanti, giornalisti) hanno infatti evidenziato che lo stress lavorativo, indipendentemente dall’essere soddisfatto della propria professione, induce una serie di conseguenze sull’organismo che possono in alcuni casi sfociare in veri disturbi psicosomatici. Ansia, tensione emotiva, depressione, disturbi fisici, superficialità nel rapporto con gli utenti, irritabilità, insonnia, stanchezza, minore efficienza lavorativa sono i sintomi che tali professionisti correlano alla tensione lavorativa. Ciò, ci invita a riflettere sull’opportunità di dosare gli sforzi lavorativi attraverso una migliore gestione della propria qualità della vita. In altri casi, invece, i sintomi hanno a che fare con lo stress quotidiano. Piccoli e ripetuti traumi (“microtraumatismi della vita quotidiana”) possono favorire l’insorgenza di disturbi emotivi, come nel caso della casalinga che deve badare ai figli, ai suoceri, al marito e che nel tempo libero si reca a casa dei propri genitori anziani per aiutarli. Per quanto vada tutto bene, è sempre sottoposta a uno stato di tensione continua che la rende vulnerabile allo sviluppo di disturbi dello spettro ansioso-depressivo.

Dunque, parlare di psicologia del “ben-essere” o di “mal-essere” della vita non vuol dire avere problemi psichiatrici…
Esatto, però l’evidenza dell’esistenza pervasiva di stili di vita disfunzionali, non può essere messa in discussione. Il vero problema è la definizione della soglia del patologico: quando trattare un soggetto? Come? Quando un disturbo diventa clinicamente significativo? Quando richiedere l’aiuto di uno specialista? Lo stress può essere immaginato lungo una linea retta che si protrae dal fisiologico (“eustress”) al patologico (“distress”), e qui si riconosce l’eziologia di molti disturbi. Ma in quale punto della linea il medico deve cominciare a preoccuparsi? Evidentemente non esiste una risposta completa; alcuni indici possono aiutarci ad individuare la soglia del patologico e ad instaurare un idoneo trattamento. In molte delle situazioni descritte, però, non vi è consapevolezza del disagio, lo stile di vita disfunzionale è radicato profondamente nella personalità del soggetto e qualsiasi approccio clinico appare, purtroppo, di difficile attuazione. Viceversa, possono essere considerati validi indici clinici la forza motivazionale con cui una persona chiede aiuto, il grado di sofferenza indotta dalla sintomatologia e la conseguente compromissione del funzionamento globale rispetto al passato. Avere una crisi d’ansia, soffrire di stress e di tensione emotiva, curarsi, star bene, ma continuare a sostenere lo stile di vita che ha generato la crisi vuol dire favorire ben presto il ritorno dei sintomi, la loro strutturazione in disturbi più gravi e successiva cronicizzazione.

A tutte le utenti che leggeranno il suo intervento, può cortesemente riassumere i concetti chiave per la gestione dello stress?
1.    Qualsiasi evento, negativo o positivo, può essere fonte di stress; lo possono essere anche il nostro modo di pensare (pensieri) e di sentire (emozioni);
2.    In condizioni normali, è necessario avere un certo grado di tensione (stress) per affrontare i problemi della vita. Questa tensione è indispensabile per ottenere buoni risultati e per migliorare la qualità della vita (stress positivo); se la tensione diventa eccessiva si entra nell’area di rischio psicosomatico con conseguenze negative sull’individuo (stress negativo);
3.    Gran parte dei disturbi emotivi sono dovuti a una cattiva gestione della vita;
4.    La capacità del singolo di adattarsi in senso positivo alla vita (riuscire a comprendere e ad utilizzare al meglio le opportunità dell’esistenza) è alla base del benessere soggettivo;
5.    Una personalità matura, autonoma, solida e tenace ha una maggiore flessibilità rispetto ai problemi della vita; la migliore prevenzione al disagio psichico è il rafforzamento della struttura dell’Io;
6.    Un buona stima di sé (autostima) è garanzia di successo nella vita. Certo, non si acquisisce mai definitivamente, ma richiede uno sforzo continuo e costante nel tempo, per tutta la vita, e garantisce la migliore risoluzione di qualsiasi tipo di crisi;
7.    Lo stress della vita quotidiana può essere dovuto a: colleghi di lavoro insopportabili ; ritardo al lavoro;  preoccupazioni per lo stato di salute di un parente; perdita di documenti o del portafoglio; rottura dell’auto; pagamento di bollette salate o di multe; litigi con il coniuge o con i figli; fila in banca o alle poste; perdita dei dati nel pc; perdita di un appuntamento; mancanza nel rispettare gli impegni presi, ecc.

Quindi, i problemi della vita quotidiana possono avere un notevole peso nel provocare un disturbo psicosomatico rispetto agli eventi gravosi, ma più rari. La valutazione delle modalità di reazione di un soggetto nei confronti dei problemi quotidiani fornisce un’utile indicazione sulla sua capacità di gestire lo stress. Non scoraggiatevi, fortificate il vostro Io interiore.

In ultima istanza, le illogicità possono contribuire al logorio psico-fisico, come ad esempio le convinzioni o le idee irrazionali (“devo avere fortuna”); le pretese nevrotiche (“i miei figli devono avere sempre rispetto di me”); le teorie disfunzionali o disadattive (“sono vittima del destino”); le strategie nevrotiche (investire su una persona fino a dipenderne in tutto); i pensieri assolutistici o dogmatici (ritenere che bisogna comportarsi sempre ed esclusivamente allo stesso modo); i pensieri magici (affidarsi esclusivamente a forze esterne); la dittatura interiore (sentirsi obbligati, senza plausibile giustificazione, a pensare e a comportarsi in un certo modo); i pensiero bipolare o dicotomico (ritenere, ad esempio, che per essere vincenti nella vita bisogna avere tutto); i pensieri catastrofici (considerare un insuccesso momentaneo come una catastrofe personale definitiva e irrimediabile). Quindi, ricordatevi che nel valutare lo stile di vita disfunzionale bisogna soffermarsi sulla flessibilità e sulla sua capacità di affrontare i problemi in modo adeguato. La presenza di un pensiero rigido, illogico, favorisce lo sviluppo di disturbi da stress.

Per approfondire l’argomento:
Casolari L., Pellegrino F., Vivere bene, si può?, Positive Press, Verona, 2003
Lazarus A. A., Lazarus C. L., Fay A., La vita è già difficile, perché complicarsela?, Positive Press, Verona, 1996
Pellegrino F., I disturbi mentali in Medicina Generale, Giornale Italiano del Medico di Famiglia, N. 11, 2002
Pellegrino F., Essere o essere leader, Positive Press, Verona, 2002
Pellegrino F., Stress negativo, stress positivo, Positive Press, Verona 2000

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