Dimissioni di coscienza, una ragazza lascia il posto di lavoro

Lavoro, un dipendente su due scopre le “dimissioni di coscienza”

Un dipendente su due si dice pronto a lasciare il posto di lavoro se non si riconosce nei valori dell’azienda. Il tema delle "dimissioni di coscienza" è ancora più sentito tra i giovani

Il 2023 è stato definito l’anno delle “dimissioni di coscienza”, in inglese “conscious quitting”. Sempre più persone desiderano lavorare in aziende che abbiano un impatto positivo su società e ambiente. E quando non è così, sono disposte a lasciare il proprio posto.

I dati sulle “dimissioni di coscienza”

Gli ultimi dati sul fenomeno sono contenuti nella ricerca “From quiet quitting to conscious quitting”, condotta su 4.000 lavoratori americani e britannici dal team di Paul Polman, ex amministratore delegato di Unilever. Secondo l’indagine, un dipendente su due si dice pronto a lasciare il posto di lavoro se non si riconosce nei valori dell’azienda. Un intervistato su tre (il 35%), in passato, si è già licenziato per questo tipo di divergenza.

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La scelta della Generazione Z

Il tema è ancora più sentito tra i giovani: 4 su 10 della Generazione Z e dei Millennials hanno dichiarato di avere già dato le dimissioni per motivi etici. In effetti, una recente ricerca di Deloitte rivela che, dopo l’aumento del costo della vita, il cambiamento climatico è la principale preoccupazione del 24% della Generazione Z e del 25% dei lavoratori Millennials. Si parla in questo caso di “dimissioni a favore del clima” (“climate quitting”), da sempre un argomento che le nuove generazioni hanno a cuore.

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Le “dimissioni di coscienza” in Europa

Anche in Europa le “dimissioni di coscienza” sono diffuse: in base ai risultati di un sondaggio Odoxa per Oracle, un lavoratore europeo su quattro dice di essere disposto a lasciare il lavoro per un’azienda dai valori più in linea con i propri.

“Un tempo di crisi permanente”

Il fenomeno delle “dimissioni silenziose” innescate dalla pandemia ha aperto gli occhi a molti lavoratori, come sottolinea Paul Polman: “Stiamo vivendo un momento senza precedenti nella storia umana, un tempo di ‘crisi permanente‘, in cui pandemie, guerre, riscaldamento globale, turbolenze economiche e divisioni sociali minacciano, a vari livelli, la nostra stabilità e il nostro futuro. I dipendenti più giovani temono soprattutto per il mondo che erediteranno”. Per questo, secondo l’analista, “non dovrebbe sorprendere il fatto che molti vogliano dedicare il proprio tempo e il proprio talento alle aziende che si stanno impegnando per essere parte della soluzione”.

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