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Boom di dimissioni in Italia, perché?

Il Ministero del Lavoro diffonde i dati delle dimissioni dei primi nove mesi del 2022: un boom. Quali i motivi?

Un boom: sono 1 milione e 600mila le dimissioni volontarie dello scorso anno. Tra le possibili motivazioni, la difficoltà nel conciliare vita e lavoro e la ricerca di lavori più agili.

Quante sono le dimissioni volontarie nel 2022

Oltre 1 milione e mezzo: questo il numero delle dimissioni volontarie date dagli italiani nei primi 9 mesi del 2022. I dati arrivano dal Ministero del Lavoro e certificano che, tra le cause delle cessazioni dei rapporti di lavoro, le dimissioni sono la quota più alta dopo la scadenza dei contratti a termine. Great resignation, le grandi dimissioni: così è stato battezzato il fenomeno del boom nato negli Stati Uniti durante la pandemia, dove a fine maggio 2022 ben 4,3 milioni di persone hanno lasciato il proprio lavoro. In Italia, tra gennaio e settembre, è del 22% l’aumento delle dimissioni volontarie rispetto allo stesso periodo del 2021, quando erano state 1,36 milioni. Nel solo terzo trimestre dell’anno scorso, le dimissioni sono state pari a 562mila, in crescita del 6,6% sul terzo trimestre 2021.

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Il perché del boom di dimissioni

Il boom di dimissioni si deve in parte alla ripresa di mobilità del mercato del lavoro. Sono state infatti superate le restrizioni da Covid e siamo usciti dal blocco dei licenziamenti, che era stato previsto in periodo di emergenza sanitaria. Non possiamo però fare a meno di interrogarci sul reale perché di tutte queste dimissioni. Le motivazioni principali sembrano essere due: cercare un posto di lavoro più soddisfacente oppure riuscire a conciliare meglio i tempi lavoro-famiglia. I lavoratori e le lavoratrici stanno riconsiderando l’equilibrio tra impiego e vita privata e ruoli di cura. La segretaria confederale della CGIL Tania Scacchetti spiega all’Ansa che «l’aumento delle dimissioni può avere spiegazioni molto differenti: da un lato può positivamente essere legata alla volontà, dopo la pandemia, di scommettere su un posto di lavoro più soddisfacente o più ‘agile’, dall’altro però, soprattutto per chi non ha già un altro lavoro verso il quale transitare, potrebbe essere legato a una crescita del malessere dovuta anche ad uno scarso coinvolgimento e ad una scarsa valorizzazione professionale da parte delle imprese».

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Le donne e il boom delle dimissioni

Il boom di dimissioni costringe a riflettere su una questione: le donne devono rinunciare al proprio impiego per poter trovare un equilibrio? È proprio di qualche giorno fa la notizia delle dimissioni di Jacinda Ardern, ormai ex premier neozelandese, che ha spiegato di essere “umana” ed “esausta”. Spesso le dimissioni derivano dal malessere delle lavoratrici, in cerca di prospettive di miglioramento personale e di un impiego migliore. Sono grandi trasferimenti perciò, oltre che grandi dimissioni. Per Ivana Veronese della UIL «molte le dimissioni volontarie, forse un segno di come le priorità si siano modificate anche nella testa delle lavoratrici e lavoratori: se da qualche parte c’è uno smart-working più flessibile, se la retribuzione è troppo bassa o gli orari troppo disagevoli (in realtà, ndr) se ho voglia di provarci davvero, un lavoro, magari anche sicuro, lo si può lasciare».

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