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Pensione, arriva la busta arancione dell’Inps: cos’è, chi la riceve, a cosa serve

Sette milioni di italiani stanno per ricevere nella cassetta delle lettere la busta arancione dell'Inps. Cos'è? A cosa serve? A chi arriva?

A partire da aprile, 7 milioni di italiani si ritrovano nella cassetta delle lettere la busta arancione dell’Inps. Contiene una simulazione: ci dice a quanto ammonterebbe la nostra pensione, in base ai contributi che abbiamo già versato. Come funziona veramente?

Che cosa è?

Si chiama ‘busta arancione‘, proprio perché in Svezia, dove il servizio è ormai consolidato, la busta con l’ammontare stimato della pensione ha quel caratteristico colore. Una legge italiana del 1995 imponeva alle diverse casse previdenziali l’invio di una informativa previdenziale proprio per rendere i cittadini più consapevoli sull’assegno pensionistico che avrebbero percepito. Ci si arriva 21 anni dopo.

A chi arriva?

Viene recapitata inizialmente ai lavoratori del settore privato. Entro l’anno, arriverà anche ai dipendenti pubblici, abbinandola però al cedolino dello stipendio (e quindi per loro sarà digitale).

Che informazioni contiene?

Ci dà informazioni sul nostro ‘montante contributivo’, ovvero su quanti soldi abbiamo versato per le nostre pensioni. Da questa cifra, il documento indicherà anche una stima del nostro assegno pensionistico lordo. Si tratta di una previsione: calcolata con il montante e alcuni indicatori economici (Pil e inflazione). Essendo una previsione, il dato non è certo. Altra informazione contenuta: il cosìddetto ‘tasso di copertura’, cioè quanto è la nostra pensione rispetto all’ultima paga ricevuta, giusto per avere un’idea del tenore di vita che ci aspetta. Tutti questi dati sono già disponibili online, al sito dell’Inps, dove è possibile anche modificare diversi parametri, come l’età della quiescenza. Per accedere serve un Pin.

Perché l’Inps ci manda la busta?

L’Inps ha avviato l’operazione per rendere consapevoli gli italiani circa il proprio futuro pensionistico. Lo stesso Boeri qualche mese fa aveva lanciato l’allarme: stando al nostro modello previdenziale, chi era nato negli anni Ottanta avrebbe incassato un assegno da fame, una volta ritirato del mondo del lavoro. Fra l’altro, dice l’Inps, sono proprio i giovani quelli meno consapevoli del proprio destino previdenziale. C’è un altro aspetto: con la lettera arancione arriverà anche un invito a registrarsi a Spid, il Pin unico per accedere ai servizi online delle Pubbliche Amministrazioni. L’Inps è la prima ad utilizzarlo; entro giugno sarà la porta di accesso digitale di altri enti come Equitalia, Inail, Agenzia delle Entrate e sei regioni. Anche questa è una nota dolente: i possessori di Pin Inps (il vecchio sistema di accesso online) sono 18,5 milioni: mancano all’appello 12 milioni di contribuenti, il 42% dei quali ha meno di 40 anni. L’idea è anche quella di stimolare l’uso dei servizi digitali.

Nella pratica, quando dobbiamo preoccuparci della nostra futura pensione?

Da subito: dal momento in cui mettiamo piede nel mercato del lavoro. Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi Itinerari Previdenziali: “Oggi la maggior parte delle persone ha una pensione calcolata con il metodo contributivo. A differenza del vecchio metodo retributivo (che era una opzione sconsiderata perché non considerava nulla della vita lavorativa, ma prendeva solo gli ultimi 5 anni versati), la pensione è frutto dei contributi versati nell’intera vita lavorativa. Dobbiamo cambiare atteggiamento verso la nostra previdenza, come fanno gli olandesi o gli svedesi. Pensarci subito ed effettuare i versamenti contributivi regolari, e a quel punto si avrà una pensione decorosa”. Dalle simulazioni effettuate dal Centro studi presieduto da Brambilla, emerge che se un ragazzo comincia a 24 anni e ha, nella sua storia lavorativa, anche 7 anni di ‘buco’ (in cui non versa nulla), si è calcolato che va in pensione a 67 anni e avrà un assegno di circa il 70-72 % dell’ultima retribuzione.

Se nella busta arancione ci stimano una pensione bassa, cosa dobbiamo fare per aumentarla?

Ancora Brambilla: “Se uno si rende conto di avere avuto una storia contributiva poco buona, e vuole recuperare, ha la possibilità di versare i contributi alla previdenza complementare, privata. Ogni 3-4% del proprio reddito versato, dà un 10% in più di pensione. Tra l’altro questi contributi si possono anche scaricare dalle tasse”.

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