Riforma del catasto: più tasse sulle seconde case?

I valori catastali, dai quali dipendono imposte come l’Imu e anche l’Isee, vanno aggiornati. È uno degli obiettivi del PNRR. Ecco perché

Se ne parla da qualche tempo, ma adesso sembra che la riforma del catasto non sia più rinviabile. Lo ha ribadito anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi, assicurando però che «Nessuno pagherà di più, nessuno pagherà di meno». «Ad essere riviste saranno le rendite, che sono ferme agli anni ’80 e si basano su criteri ormai obsoleti, come il numero di vani anziché i metri quadrati» come spiega Marco Ubaldi, esperto di catasto e vicepresidente dell’Associazione dei Visuristi italiani.
Ecco in cosa consiste la riforma, perché è diventata necessaria e cosa cambierà per i cittadini e proprietari di case.

Perché riformare il catasto

La riforma del catasto è prevista nel PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Se ne parla da molti anni, ma anche l’ultimo tentativo di mettere mano ai criteri con i quali sono pagate le tasse sugli immobili, con il Governo Renzi, si è arenato. Lo scopo ora è ridefinire il valore degli immobili ai fini fiscali in modo più aderente alla realtà del mercato.
Ad oggi, infatti, il calcolo delle imposte collegate agli immobili si basa su un sistema che risale alla fine degli anni ’80, quando venne introdotta l’Ici, la vecchia tassa sulla casa. «L’adeguamento è ormai necessario, perché gli estimi catastali sono ormai un terzo o un quarto dei valori immobiliari di mercato, in pressoché tutta Italia – spiega Ubaldi – Oltretutto non tengono conto dei metri quadrati, ma si considera ancora il numero di vani. Questo perché, all’epoca dell’istituzione del catasto un vano misurava 20/22 mq: oggi le misure sono all’incirca la metà e una camera è mediamente 12mq. Se un tempo tre camere avevano una superficie di 60 mq, oggi un interno appartamento ha quelle dimensioni, compreso bagno e cucina. Il risultato sono iniquità tra i diversi immobili».

Cosa cambia

La riforma dovrebbe prevedere una serie di revisioni, a partire dalla suddivisione degli immobili in categorie, per esempio ordinari, speciali e coperti dai Beni culturali, sulla base di specifici criteri da individuare. La modifica più consistente, però, riguarderà proprio il passaggio dal numero di vani ai metri quadrati. Un altro passaggio importante sarà quello della creazione di “zone”.

Cos’è il piano di zonizzazione

Oggi accade che all’interno di uno stesso Comune le rendite catastali non tengano conto del valore immobiliare, al quale contribuisce per esempio la presenza di servizi e infrastrutture (come mezzi pubblici, centro commerciali, scuole, ecc.). Può capitare e non di rado che abitazioni di pregio in centro abbiano un valore fiscale minore rispetto a case con la stessa superficie, ma nuove e che si trovano in periferia.
Con la riforma l’obiettivo è di creare una suddivisione in zone all’interno di uno stesso comune, come si ipotizza di fare da diversi anni.

Cosa sono gli “immobili fantasma”

Un altro obiettivo è quello di individuare i cosiddetti “immobili fantasma”, ossia quelli che sfuggono al fisco. L’Unione europea da tempo chiede all’Italia di aggiornare la mappa degli appartamenti, ville, negozi, edifici, ecc. per poter creare una banca dati aggiornata da confrontare con le dichiarazioni dei redditi. «In realtà la maggior parte degli immobili è già censita, il vero problema è adeguare le rendite ai valori reali, perché sono di un terzo o un quarto rispetto al mercato immobiliare» spiega l’esperto dei visuristi.

Si pagherà di più?

Il premier Draghi ha rassicurato che non ci saranno variazioni, ma in molti la pensano diversamente. Anche nel caso in cui non siano ritoccate le aliquote, infatti, riportando il valore dell’immobile al prezzo di mercato la tassazione finale crescerebbe, fino anche a raddoppiare nelle grandi città. Secondo alcuni calcoli del Corriere della Sera, ad esempio, chi abita a Milano sarebbe più colpito dalla revisione delle rendite, con un incremento del 174% sull’Imu. A seguire ci sarebbero gli abitanti di Roma, con una previsione di rincaro del 100%, dunque il doppio di quanto pagano oggi di Imposta comunale. A Bari l’aumento stimato è 33%.

Più tasse sulle seconde case?

«Le variazioni sono legate ai coefficienti comunali molto vecchi, che andrebbero comunque adeguati. Il Governo, però, ha annunciato che non ci saranno variazioni: il motivo, presumibilmente, potrebbe essere l’esenzione della tassazione sulla prima casa, quindi l’Imu stessa – spiega Ubaldi – Le cifre che circolano in questi giorni, quindi, si riferirebbero agli aumenti per chi è proprietario di seconde o terze case o anche di più immobili ancora».

Aumenteranno anche altre tasse?

Ciò che si teme è anche l’effetto “a catena”, con un rialzo di altre tasse e imposte. «Questo accadrebbe perché ci sono molte imposte, proprio come l’Imu, che sono calcolate sulla base del valore fiscale degli immobili di proprietà – chiarisce Ubaldi – Lo stesso varrebbe per le imposte di registro, l’imposta ipotecaria e quella catastale, previste all’atto di una compravendita. Anche il nuovo Isee è collegato al valore catastale, così come la tassa di successione e l’Irpef» per la seconda casa se sfitta e si trova in un comune in cui il contribuente possiede una casa di residenza. «Per questi motivi la riforma del catasto dovrebbe essere inserita in una più ampia riforma fiscale, che riveda i criteri attuali» aggiunge Ubaldi.

Quando entrerà in vigore

L’ipotesi è di poter arrivare a mettere a punto la riforma in tempi brevissimi. Il primo passo è l’approvazione della Legge delega che apre la strada proprio alla revisione del sistema fiscale attuale. Ma sembra difficile pensare che si riesca a intervenire sul catasto entro il 2022, come auspicato da qualcuno: «Occorrerà creare commissioni regionali e provinciali con tutti gli interlocutori di settore, dalle istituzioni come l’Agenzia delle Entrate, fino ai rappresentanti di artigiani, commerciali o agenzie immobiliari. Non credo che prima di due anni si possa arrivare alla riforma» conclude il vice presidente di Avi.

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