La matrigna è sempre come quella di Biancaneve?

  • 16 05 2012

Fare la matrigna è un mestiere difficile: il Professor Pani ci spiega perché il rapporto tra matrigna figliastra è spesso così faticoso

Matrigna

Essere una matrigna non è un mestiere facile: il nome “matrigna”, del resto, suona già di per sé un po’ antipatico. Si aggiunge poi che, per forza di cose, le matrigne entrano in un famiglia di per sé già in difficoltà, in cui i figli probabilmente soffrono perché la famiglia di origine si è disgregata.

Il Professor Roberto Pani, psicologo e psicoanalista, ci ha guidati alla scoperta del difficile rapporto tra figliastra e matrigna, per scoprire cosa c’è dietro, e cosa si può fare, per renderlo meno complicato e conflittuale.  

Professor Pani, Cosa si nasconde dietro al rapporto “figliastra”-“matrigna” e lo rende così complicato?

Dipende da come si sono costruiti i rapporti con i genitori biologici.

Se, idealmente, fossero vissuti come, ottimi nella qualità, autentici, basati su un   clima di fiducia e di sincerità reciproca, la figlia che vede entrare nella casa del padre,  per esempio una donna, magari più giovane o più bella della propria madre di sangue, potrebbe tollerare bene la situazione. Potrebbe pensare e constatare che il padre è felice. La nuova situazione pertanto, se fosse anche tollerata dalla madre biologica separata, verrebbe ben accolta dalla figlia.

“Se, inoltre” – continua il Professor Pani – “la madre biologica si unisse a un altro uomo non antipatico per sua natura, la figlia vedrebbe con benevolenza la nuova situazione. I genitori biologici rimangono interiorizzati in lei e, matrigna o patrigno, sarebbero considerate figure alternative, ma non capaci di  distruggere la famiglia originale che resterebbe stabile a livello interiore della ipotetica ragazza. L’alternativa consisterebbe nella fantasia della figlia: assistere a un’ involuzione della famiglia originaria che non si separa, ma che potrebbe implodere.

Questa configurazione però è ideale e, di fatto, tra figliastra e matrigna, si sviluppa quasi sempre una inevitabile competitività e gelosia”.

Oltre ad una forma di competizione nei confronti del padre/marito, se di competizione si può parlare, c’è dell’altro, tipo invidia, per la giovinezza della “figliastra” ecc, come racconta ad esempio la favola di Biancaneve?

Se la figlia non è stata pronta ad accettare una persona perché vissuta come estranea, è probabile che la matrigna venga percepita come intrusa. In altre parole, inizialmente si potrebbe sviluppare nella donna, compagna del padre, un sentimento di diffidenza e ostilità per non essere ben accolta dalla figlia. In seguito, la donna sentendosi ospite e in secondo piano, cioè se la nuova coppia, donna-padre della ragazza, non attecchisse con una sorta di precedenza, ma la precedenza fosse mantenuta con la priorità della coppia padre-figlia, potrebbe provare emozioni d’invidia e gelosia.

Ci sono degli accorgimenti che possono consentire al rapporto di funzionare? Se sì, quali sono? A cosa bisogna fare attenzione?

Naturalmente occorre rispettare la maturità e il vissuto dei figli verso chi è considerabile, inizialmente, come un intruso. In altre parole, prima di chiedere alla persona con la quale  si desidera convivere occorre ben verificare, anche in base all’età dei figli, come funziona il loro immaginario. Non accelerare egoisticamente la convivenza di tutti insieme, quando potrebbe essere prematuro e compromettere il futuro. Spesso per ragioni molto complesse che riguardano gli antecedenti della prima famiglia, sono gli stessi figli che incoraggiano il padre o la madre nell’invitare a convivere la matrigna o il patrigno. Questo accade perché i nuovi partner sono stati capaci conquistare i ragazzi con il loro affetto e simpatia e perché mostrano di aggiungere tale affetto alla famiglia più che toglierlo. Il padre dovrebbe sorvegliare tutto ciò.

Quale è Professor Pani il ruolo del padre/marito in tutto questo?

L’uomo ha un ruolo importante. Deve essere consapevole e responsabile dei sentimenti di tutti i protagonisti e mediare, al fine di non imporre situazioni di convivenza non compatibili: saper rinunciare e non illudersi che con l’abitudine di stare insieme tutto possa passare.

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