AltaRoma Gennaio 2016: diario (non convenzionale) dalle sfilate

Al via AltaRoma e con lei tutto il suo carico di aspettative e di speranze. Speranze, sì, quella che diventi un evento riconosciuto a livello internazionale, meno borghese e più aperto al nuovo, meno vecchio e più consapevole del proprio potenziale.

In questi anni sono cambiate tante cose, in primis la location, poi anche il calendario, che oltre ai classici  Borbone, Curiel, Balestra, Rani Zakhem offre sempre più attenzione ai talenti emergenti, ai giovani designer. Aldilà delle collezioni, quello che vorrei fare è portarvi con me nel dietro le quinte di una manifestazione di moda. L’immagine edulcorata che ne diamo, spesso, non corrisponde esattamente alla realtà, c’è molto di “non detto”, a volte per educazione, altre perché è meglio lasciar correre. Ecco cosa succede oltre la passerella (dal mio punto di vista).

AltaRoma 2016: day 1

Lavorando a Roma seguire le sfilate di AltaRoma è decisamente più facile. Il primo appuntamento della mia agenda è al Coin Excelsior di Via Cola di Rienzo, h19.

Il mio make-up, dopo una giornata al computer, non è all’altezza delle aspettative delle make-up artist dei corner griffati che mi guardano con aria circospetta mentre entro e cerco la scalinata che mi porterà al piano superiore, lì dove verranno presentate le creazioni di Federica Berardelli, Elena Ghisellini, L72, Quattromani, Avantblanc, Catherine de’ Medici 1953 e Giancarlo Petriglia.

Arrivo in anticipo e sulla scalinata, a fare muro, ci sono le ragazze di AltaRoma che gestiscono gli ingressi con meticolosa lista cartacea, da spulciare tra 4-5 pagine di cognomi con lente alla mano (l’iPad ed il fantastico tasto “cerca” per ora l’ho visto solo a Milano). Fortunatamente il mio nome c’è, perché capita anche che per qualche strana ragione – e lo dico in generale – non sia stato inserito. E allora è tutto un “ma ho ricevuto la mail”, e la ragazza che già ti guarda con maggiore sufficienza di prima ti dice, “Sì ma quello non è l’invito, è la mail che anticipa l’invito”, “ok, allora se l’ho ricevuta un motivo ci sarà!”.

Guarda il diario del primo giorno

Quando non sei in lista

E niente si va avanti così per una decina di minuti e intanto, gli altri che stanno dietro, ti guardano come se fossi Dan Aykroyd quando si nasconde il salmone nella giacca in Una Poltrona per due. È presto, prima delle 19 non si entra, e allora ne approfitto per spruzzarmi profumi da 200 euro realizzati da raffinati nasi francesi. Neanche il tempo di vaporizzare e vedo la commessa come un’ombra alle mie spalle: “Posso aiutarla?”, ed io “No sto cazzeggiando e scrocco lo scroccabile” – avrei voluto dire – ed invece mi limito ad un “no, grazie” – e fuggo – mentre lei mi guarda con la coda dell’occhio come se fossi uno della Banda Bassotti pronto a svaliggiare la Coin, con il mio cappottino cipria che non inganna nessuno.

Quando finalmente riesci ad entrare

Alle 19 finalmente posso salire le scale, ci sono tantissimi fotografi in piccionaia, lì da ore pronti ad accaparrarsi il loro angolino per avere la prospettiva migliore sulla sfilata. Vago in cerca dei designer e mi trovo davanti un cameriere con un vassoio, sopra degli spiedini di frutta con nell’ordine: una mora ed un alchengi, che ho riconosciuto perché ho guardato Il più grande pasticciere ed era uno dei frutti più cool per decorare i dolci: bavarese – tac – alchengi sopra; torta con ganache di cioccolato – tac – alchengi di lato. Glisso, non vorrei riempirmi troppo, e mi dirigo verso il corner degli stilisti.

L’incontro con i designers

Ammiro le creazioni di Federica Berardelli, Elena Ghisellini, Giuseppe Patriglia, vorrei quasi fare un selfie con una borsa di Avantblanc che si abbina perfettamente al mio cappotto, ma credo di aver sviluppato una sorta di repulsione a questo genere di scatto, tanto che desisto, vorrei solo intervistare qualcuno, fare domande, ma non trovo nessuno. I designers sono in giro con amici e conoscenti, le blogger si fanno fare le foto davanti photowall con le borse, ed io intanto mi schiaccio contro la balconata per poter riprendere la sfilata che, a quanto mi dicono, inizierà a breve. Ovviamente, passa un’ora, ma l’attesa vale al pena, Nicola Frau e Massimo Noli di Quattromani, finalisti della nona edizione di Who’s on next, propongono una capsule collection ispirata alla leggenda dell’argia, un ragno velenoso, composta da pochi abiti mixabili tra loro (quelli che renderebbero il nostro guardaroba perfetto insomma).

Riesco a filmare, nonostante una dietro di me, arrivata all’ultimo momento, reclami spazio e continui a bofonchiare, urtando non poco il mio già compromesso sistema nervoso: “Quando inizia, non siamo mica a Milano”. È chiaro che nell’immaginario di molti Roma sia ancora serie B per gli eventi di moda, ma direi anche, in alcuni casi, ad iniziare dalle persone maleducate, che purtroppo non si camuffano neanche con una borsa Chanel sotto il braccio.

AltaRoma 2016: Giorno 2

Finalmente entriamo nel vivo delle sfilate e rompiamo il ghiaccio con la nuova location. L’ex Dogana di San Lorenzo. Ad accoglierci però, davanti ai cancelli, una manifestazione degli animalisti contro l’uso delle pellicce nella moda. Pochi minuti dopo tutto finisce, entrano anche le signore impellicciate, ormai poche bisogna ammetterlo, anche perché sembra Primavera tanto è caldo.

Apriamo le danze con gli accrediti, che ci daranno diritto ad entrare nella struttura delle sfilate, ma non alle sfilate; a parte pochi casi, ogni casa di moda richiede l’invito. Il nostro primo appuntamento è alle 12 con Curiel Couture. Entriamo nella sala buia ed io e l’operatore ci guardiamo un po’ interdetti. L’età media è molto alta e cerchiamo tra la folla un volto amico, qualcuno da intervistare, ma a parte la Contessa d’Aragona che riconosciamo perché ex concorrente di Pechino Express, per il resto, tabula rasa. Fissiamo bocche rifatte e apparecchi acustici, calze riposanti e dentiere smaltate pronte a sorriderci all’accendersi delle luci della telecamera. 

Guarda il video diario del secondo giorno

Il posto in 4a fila

Se sei un giornalista, o un editor per qualche sito web, stai tranquillo che non avrai il posto in prima fila, al massimo 3a o 4a, o peggio ancora standing, un modo carino per dire “in piedi”. Tutti gli altri, amici dell’ufficio stampa, delle Pr o blogger spesso improbabili, invece, sono in prima fila. Questi sono veri e propri misteri sulle logiche di disposizione dei posti. Perché la sensazione che hai quanto tu, addetto ai lavori, vai alle sfilate è di fastidio, non tanto di piacere nel sapere che parlerai della sfilata, rendendo pubblico e condivisibile il lavoro dello stilista e di tutto quello che c’è dietro, compreso l’evento stesso. Pena mista a tenerezza.

Se tu dici “stampa”, sei fregato, non sei “ospite” che significa andare lì per fare bella presenza, usare il comunicato stampa per farsi vento borbottando sul fatto che lo show non inizi ed il mascara stia colando. Non ti farai dei selfie, dimenticando anche il nome dello stilista che ti passa davanti. Eppure, è così. Tu stampa starai dietro ad una blogger di chissà quale pianeta con una strana palandrana in testa, che tutti fotografano mentre vorresti avere il collo allungabile per vedere le modelle dal busto in giù  e scrivere il tuo articolo. Ma non ci riuscirai ed ometterai qualsiasi riferiemento alle scarpe.

AltaRoma: Giorno 3

Una delle cose più fastidiose a cui deve assistere un addetto ai lavori, è essere trattato come persona di SERIE B, in quanto lavoratore. Come dicevo prima per le liste, idem per le file o i posti a sedere in passerella. Capita che, mentre tutti fanno la fila, il responsabile dell’ufficio stampa scelga a caso, scorgendo volti più o meno familiari dalle code in attesa e dicendo a questi fortunati: “Vieni-passa-entra”. Le tre paroline magiche salta attesa e anti-snervamento. Una sorta di Mangia-Prega-Ama delle sfilate.

Hai visto mai che qualcuno ti dica, tu devi lavorare, devi scrivere un articolo sulla sfilata, fare foto, un’intervista, non ti preoccupare ci penso io a non metterti dietro la signora con la parrucca e il cappello stile Queen Elisabeth. Mai successo. 

Guarda il diario del terzo giorno

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