C’è un lago su Marte ed è una scoperta italiana

  • 25 07 2018

Per la prima volta si scopre acqua allo stato liquido su Marte: un lago del diametro di 20 km. L'sservazione è stata fatta dal radar italiano Marsis. Ma cosa può significare questa scoperta?

Fino ad oggi era un’ipotesi, ora è una certezza: c’è acqua allo stato liquido su Marte. E non si tratta di qualche goccia, ma di un lago di 20 chilometri di diametro, che si trova a 1500 metri dal suolo, poco lontano dal Polo Sud.

La notizia è stata pubblicata dalla rivista Science, a cura di un team composto da ricercatori appartenenti a centri di ricerca ed università italiane. A darne notizia urbi et orbi è stata l’Agenzia Spaziale Italiana, lusingata dal fatto che è stato uno strumento pensato e fatto nel nostro Paese a rivelarne la presenza.

MARSIS (Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding) è il nome del radar che è riuscito a scoprire l’enorme lago sotto lo strato di ghiaccio del pianeta. Fu ideato e proposto dal prof. Giovanni Picardi di dell’Università La Sapienza di Roma. La sua realizzazione venne affidata all’italiana Thales Alenia Space, con un piccolo contributo della NASA per quanto riguarda la parte elettronica e la speciale antenna visibile in tutte le foto della sonda Mars Express, sulla quale lo strumento venne montato. A bordo della sonda, ha lasciato la Terra il 2 giugno 2003. Ed ora, in orbita intorno al pianeta rosso, ha dato i primi strabilianti risultati. 

La “musica” che emette Marsis – frequenze tra 1,5 e 5 MHz – è in grado di penetrare nel terreno marziano e, quando trova l’acqua, riflette una eco insolitamente forte. “Marsis è uno strumento di concezione innovativa, completamente diverso dal suo precursore volato un quarto di secolo prima” commenta Enrico Flamini, Chief Scientist di ASI.

L’acqua trovata è allo stato liquido, nonostante le temperature sotto lo zero. Ma questo non è un mistero. Ciò è possibile grazie alla presenza di sali minerali che agiscono da antigelo, un po’ come quegli additivi che si aggiungono al carburante delle auto in inverno, soprattutto quando si va in alta montagna.

È dal 1976 che gli scienziati avevano capito che la superficie di Marte fosse un tempo coperta da mari, laghi e fiumi. “Il grande dilemma” racconta Roberto Orosei dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e primo autore dell’articolo pubblicato sulla rivista Science “era quindi quello di capire dove era finita tutta quell’acqua! Buona parte di questa è stata portata via dal vento solare. Un’altra significativa porzione è depositata sotto forma di ghiaccio nelle calotte. Ma una parte doveva essere intrappolata nelle profondità.” Ed eccola trovata, dopo ben 42 anni.

“I risultati indicano che ci troviamo probabilmente in presenza di un lago subglaciale” spiega Elena Pettinelli, responsabile del Laboratorio di Fisica Applicata alla Terra ed i Pianeti dell’Università Roma e co-investigatore di Marsis “simile ai laghi presenti al di sotto dei ghiacci antartici. In alternativa, potrebbe trattarsi di un acquifero profondo nel quale l’acqua liquida riempie i pori e le fratture della roccia.”

Ma perché ci esaltiamo tanto per un lago trovato sotto la superficie di Marte? Perché senza acqua nessuna forma di vita conosciuta è possibile. Nei poli terrestri esistono decine di laghi subglaciali simili, e in alcuni vivono colonie di batteri estremofili, capaci di sopravvivere anche al buio e al freddo. Acqua, sali, rocce e protezione delle mortali radiazioni cosmiche (che si trovano in superficie), sono ingredienti che fanno pensare a una nicchia biologica.

“I risultati di MARSIS” dichiara Roberto Battiston, Presidente ASI “confermano l’eccellenza dei nostri scienziati e della nostra tecnologia. Sono un’ulteriore riprova dell’importanza della missione ESA a leadership italiana ExoMars, che nel 2020 arriverà sul Pianeta Rosso alla ricerca di tracce di vita fino a due metri di profondità sotto la superfice”. In attesa di trovare “pinne, fucile ed occhiali” di qualche forma di vita marziana, magari fossilizzata su una roccia, noi ora guarderemo il cielo con una nuova speranza. Quella di non essere soli nell’universo.

Riproduzione riservata