Meglio lavorare in fabbrica o fare l’artigiano?

È giusto spingere i ragazzi a laurearsi nei settori innovativi. Ma in Italia c'è un altro settore a caccia di giovani talenti. È l'artigianato artistico che, a differenza del lavoro in fabbrica o in ufficio, dà sfogo alla creatività e non conosce la routine

Oggi le imprese artigiane in Italia sono quasi 1 milione e 200mila, nel 2008 erano 1 milione e 5mila. Un calo dovuto senz’altro alle tre crisi economiche del 2008, 2011, 2020 (da quest’ultima non siamo ancora usciti), ma anche al poco appeal delle professioni artigiane agli occhi dei giovani. Lo confermano i dati ISTAT 2021: il 57,8% delle studentesse e degli studenti scelgono i licei. Seguono gli istituti tecnici con il 30,3% delle iscrizioni. In coda i professionali (fra cui c’è un istituto per il settore industria e artigianato), scelti dall’11,9% delle ragazze e dei ragazzi.

Occorre un cambio di passo e un rilancio degli istituti tecnici e delle scuole professionali. Si fa sempre il confronto con la Germania, un’eccellenza sotto questo punto di vista, dove la formazione professionale delle Fachhochschule (4 anni di cui due di stage in un’impresa artigiana o industriale) ha stessa dignità di quella liceale. Servono anche processi di alternanza scuola-lavoro che funzionino in modo efficace in tutta Italia, come accade appunto in Germania.

Artigianato artistico a caccia di giovani talenti

Poco più di una settimana fa la CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa) è scesa in campo per sostenere l’artigianato artistico, un settore in caduta libera a causa del crollo del turismo. Ha già perso più del 40% del fatturato e continua a perdere ricavi, mettendo in pericolo 60mila imprese e oltre 100mila dipendenti. Ci sono varie iniziative locali per dare linfa al settore artigianale e soprattutto per riavvicinare i giovani a mestieri a rischio scomparsa. Sandra Pelli, portavoce nazionale dei ceramisti, è fondatrice dello Studio Ceramico Giusti insieme al marito Stefano ed è una “Maestra Artigiana”. Il suo studio, in virtù della legge regionale toscana 53 del 2008, è accreditato come “Bottega Scuola”: ogni anno accoglie giovani tirocinanti che vogliono apprendere l’arte della lavorazione della ceramica. «In base alla mia esperienza, vedo i giovani attratti dai lavori di artigianato artistico perché, a differenza del classico lavoro in fabbrica o in ufficio, danno sfogo alla creatività e non conoscono la routine – spiega Pelli – La mia e le altre Botteghe Scuole riconosciute dalla Regione consentono di vivere una specie di esperienza rinascimentale: l’allievo apprende facendo e affiancando un maestro che ha competenze ed esperienze consolidate».

L’esempio della Toscana è stato seguito dalla Val d’Aosta, dove un bando recentemente approvato dalla Giunta regionale consente alle imprese di artigianato di tradizione di avviare le Botteghe Scuola per insegnare le tecniche di produzione. “Personalizzazione” è la parola chiave di questa iniziativa: i corsi, infatti, devono essere diretti e gestiti dal titolare o dal socio dell’impresa in possesso della qualifica di Maestro Artigiano e possono essere inseriti massimo due allievi che avranno un piano formativo personalizzato.

In provincia di Biella è stato lanciato il progetto “La scuola senza pareti” per riavvicinare i giovani alle tecniche di coltivazione, allevamento, recupero e trasformazione. A differenza delle scuole tradizionali, l’esperienza di formazione è “diffusa”: si svolgerà nella futura sede della scuola, l’Ecomuseo Valle Elvo e Serra ospitato dal Mulino Sordevolo, e in varie realtà agricole e artigianali della Valle Elvo e del Biellese, fra cui 35 produttori che fanno parte della comunità Slow Food Travel Montagne Biellesi. Gli allievi apprenderanno a recuperare e manutenere muri a secco, baite e antiche mulattiere, coltivare e produrre e conservare il cibo in modo ecologico.

In tempi di superbonus, mancano i lavoratori dell’edilizia e dell’impiantistica

Fare l’artigiano non significa solo intrecciare ceste di paglia pregiata, lavorare il ferro battuto o soffiare il vetro di Murano, ma anche impastare la calce o riparare le scarpe. È soprattutto qui che la presenza di giovani scarseggia. L’allarme è stato lanciato una decina di giorni fa dagli artigiani veneti del comparto edilizio: nonostante la disoccupazione giovanile ai massimi storici (nell’ultimo anno è arrivata al 31,6% tra i ragazzi di età compresa fra i 15 e i 24 anni), gli artigiani faticano a trovare personale da formare e inserire nelle loro aziende. Il paradosso è che a fronte del superbonus 110% che sta rilanciando il comparto casa, le ditte di edilizia e impiantistica artigianali hanno difficoltà a reperire personale, soprattutto giovane o perlomeno formato.

Le imprese rintracciano le cause di questa penuria di manodopera in una mentalità distorta, diffusa a livello nazionale, che ha svalutato il lavoro manuale e ha creato una frattura col lavoro intellettuale. Mattia Panazzolo, direttore di CNA territoriale di Treviso, ritiene che il mondo dell’artigianato rappresenti una grande opportunità per i giovani del territorio: oltre a far imparare un mestiere, è il primo passo per creare una impresa. E anche lui parla della necessità di un piano di valorizzazione delle scuole professionali “che negli ultimi decenni sono state svilite e considerate di serie B”.

La rivoluzione digitale riguarda anche l‘artigianato

Grazie alla tecnologia, alcune professioni tradizionali stanno vivendo una seconda giovinezza. La digitalizzazione ha cambiato il volto dell’artigianato e forse farà aumentare l’attrattività nei confronti di queste professioni. Nel Politecnico Calzaturiero di Capriccio di Vigonza, in provincia di Padova, c’è un Fablab – officina per la fabbricazione digitale basata sulla tecnica dell’additive manufacturing – dove si stampano in 3D prototipi di scarpe. Nel Politecnico c’è la “Scuola di Design e Tecnica della Calzatura e della Pelletteria”, dove si studia per diventare designer, tecnico e modellista di scarpe e borse. Le lezioni prevedono l’uso di nuove tecnologie per la progettazione. Sono centinaia i giovani che ogni anno si rivolgono ad associazioni e singoli artigiani per chiedere dove imparare il mestiere della riparazione delle scarpe, ma fino a un anno fa non esisteva neanche una scuola. Perciò nel settembre 2020 Politecnico Calzaturiero, Confartigianato, Calzolai 2.0 e Istituto Veneto per il Lavoro hanno fondato l’ “Academy nazionale dei calzolai” che organizza corsi di aggiornamento professionale e formazione per i nuovi tecnici della riparazione e manutenzione della calzatura.

Anche il settore sartoriale è rinnovato dalla tecnologia: l’immagine della sarta con gli spilli attaccati al vestito e il metro penzolante attorno al collo cede il posto alla sartoria digitalizzata. All’Its Moda di Pescara, ad esempio, si può seguire il corso di “Sartoria Digitale 4.0” dove gli studenti realizzano abiti ed accessori con la tecnica del “body scanner 3D”, usano software per il fashion design, tagliano i modelli con il laser anziché le forbici e realizzano accessori con le stampanti 3D.

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