Susanna Tamaro

Susanna Tamaro e l’Asperger dopo i 50 anni

Mentre la scrittrice si ritira dalle scene perché troppo affaticata, Greta Thumberg è protagonista delle piazze e trascina le folle. Eppure entrambe soffrono della stessa sindrome. Come evolve l'Asperger con l'avanzare dell'età?

«Finché ero giovane ho potuto gestirla, dopo i 50 anni ho cominciato a peggiorare. Non posso più muovermi, viaggiare, fare incontri, non ho più forza per farlo e dovendo scegliere scelgo di rimanere a casa per poter ancora scrivere». Parola di Susanna Tamaro che, giunta a 62 anni, ha annunciato il ritiro dalle scene (ma non l’addio ai libri) a causa dell’Asperger: «Soffro di una sindrome neurologica, quella di Asperger, che dà tanti vantaggi, come una memoria spaventosa, ma anche tanti svantaggi, soprattutto dopo i 50 anni». La scrittrice italiana, autrice di Và dove ti porta il cuore, ha dato l’annuncio in occasione del suo compleanno proprio mentre Greta Thumberg continua a essere protagonista delle piazze del mondo con le sue battaglie ecologiste. Eppure soffre dello stesso disturbo. Come può la sindrome di Asperger cambiare nel tempo? E come la si gestisce?

L’Asperger e una società che chiede “troppo”

Da Steve Jobs ad Alfred Hitchcock, passando per Albert Einstein, Charles Darwin, Andy Warhol, Stanley Kubrick o Anthony Hopkins: è lungo l’elenco dei protagonisti della storia più o meno contemporanea nonostante (e forse anche “grazie”) all’Asperger, una sindrome che rientra nello spettro dei disturbi dell’autismo.

Tra loro anche due personaggi femminili come l’attivista svedese Greta Thumberg e la scrittrice Susanna Tamaro, che ha riacceso i fari su questa patologia con le sue dichiarazioni, in particolare sulle difficoltà che si incontrano a convivere con l’Asperger dopo i 50 anni.

«Col passare degli anni per queste persone può diventare più difficile mantenere delle relazioni sociali perché la sindrome, di origine neurologica, si manifesta proprio nell’interazione con gli altri. Quando si è giovani si ha il supporto della famiglia o degli amici, che però man mano si riducono o vengono meno. Da qui l’aumento della chiusura e della voglia di ritiro, con il rischio di andare incontro alla depressione» spiega Carlo Lenti, già professore di neuropsichiatria infantile all’Università di Milano ed ex presidente della Sirfa, la Società italiana per la ricerca e formazione sull’autismo.

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«L’Asperger non è un disturbo che comporta la riduzione delle forze o difficoltà motorie. Ciò a cui fa riferimento Susanna Tamaro è piuttosto la difficoltà ad interagire con gli altri, perché la sindrome ha a che fare proprio con la fatica ad avere relazioni sociali, oltre a eventuali problemi che possono riguardare, a seconda dei casi, il fastidio a esporsi a particolari rumori, luci o contatti» spiega l’esperto.

«Io credo che la maggiore difficoltà stia nel fatto di vivere da neurodiversi in una società che non è pensata per chi ha queste caratteristiche, ma che anzi richiede molta socialità, molta esposizione in pubblico» spiega Simona Torlai, presidente di Casa Alfa, che sostiene le famiglie di persone Asperger a Lucca. «La grande richiesta di socializzazione è una enorme fonte di esaurimento, richiede molte energie. È come vivere da mancini in un mondo di destrimani. Insomma, non è un problema di autonomia o indipendenza fisica» aggiunge Torlai.

Greta Thumberg e la sovraesposizione

«Il caso di Greta Thumberg è un po’ diverso, subentra l’interesse dominante. Il forte impegno, nello specifico la battaglia ambientalista, ha il potere di annullare quella fatica che prova una persona con Asperger a mantenere alti livelli di socialità e permette anche di superare le difficoltà legate all’umore tipiche di questa sindrome» spiega la presidente di Casa Alfa. Questo disturbo infatti può presentarsi in una vasta gamma di aspetti: in genere si possono avere buone capacità linguistiche (ma magari non sempre si riescono a decifrare correttamente alcune espressioni altrui, come cogliere l’ironia o lo scherzo), eccellenti attitudini in alcuni campi come quello matematico, ingegneristico o fisico grazie anche a quozienti intellettivi elevati, ma anche grandi interessi e passioni, proprio come nel caso di Greta Thumberg. «Va comunque notato che l’attivista in realtà non ha alcuna relazione reale e concreta con l’esterno, lei parla alla gente, ma non in modo diretto o nel contesto di un dialogo e confronto: è sempre lei a parlare, quasi a se stessa, come se fosse sola. Questo tipo di approccio è visibile nel suo atteggiamento che può apparire distaccato, quasi freddo nei confronti di ciò che la circonda da vicino» spiega il neuropsichiatra infantile.  

Di cosa ha bisogno una persona con Asperger

«In generale queste persone vanno supportate in modo pratico, incoraggiate a impegnarsi nello studio e nel lavoro, convincendole delle loro capacità che in alcuni casi sono molto elevate» spiega ancora Lenti. Quando però passano gli anni o se le condizioni mutano, possono insorgere maggiori difficoltà. «Quando si ha un figlio con sindrome di Asperger ciò di cui si ha maggiore bisogno è la conoscenza e la diffusione delle informazioni, a partire dall’ambito scolastico. La scuola deve comprendere che il comportamento di quel bambino non è solo una bizzarria o un capriccio (a volte, per esempio, i soggetti Asperger ottengono ottimi risultati, ma in alcuni giorni, se infastiditi da rumori o altro, possono non essere in grado di portare avanti compiti molto semplici). Ciò vale anche nel mondo del lavoro da adulti. All’estero i soggetti Asperger sono molto richiesti per le loro doti in certi campi. In Italia siamo ancora indietro: soltanto a Milano ci sono aziende che ne hanno capito il potenziale. Noi come associazione siamo in contatto con la Confartigianato proprio per favorire l’inserimento di persone che possono eccellere in certe professioni per le quali non è richiesta particolare interazione con gli altri. Basti pensare che uno Steve Jobs è diventato il papà di Apple pur essendo Asperger, ma lavorando molto di notte, proprio perché in quelle ore era solo e poteva concentrarsi meglio senza dover gestire anche i rapporti con chi lo circondava, che gli avrebbero richiesto molta più fatica» spiega Torlai, che ribadisce: «Insomma, quello che serve è una sempre maggiore informazione».

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