Vivere con un disabile: l’importanza di scegliere in prima persona

Anche le persone disabili, se in molti casi non possono diventare autonome, possono però autodeterminarsi: vuol dire esercitare il diritto di decidere. Come racconta la storia bellissima di Paola, ospite del centro di Osimo della Lega del Filo d'Oro, dove ha deciso di vivere

Ci sono delle condizioni che determinano più dignità di altre? Qual è la dignità di una persona disabile? Di sicuro non può essere fonte di svantaggio l’avere un corpo in una condizione di dipendenza maggiore di quella di un altro. 

Nel tentativo di comprendere la disabilità, che è il senso del nostro viaggio per l’Italia insieme alla Lega del Filo d’Oro, ci aiuterà pensare che la nostra dignità non potrebbe essere posseduta da un essere che non fosse mortale e vulnerabile, proprio come la bellezza di un ciliegio in fiore non potrebbe essere quella di un diamante. Ecco allora che la condizione in cui si trovano tante persone con disabilità ci può apparire meno diversa dalla nostra. Non possiamo ignorare che il ciclo della vita umana inizia con un periodo di estrema dipendenza, in cui tutti noi siamo un po’ come le persone disabili. E che le malattie, l’età avanzata e gli incidenti possono trasformare le nostre vite e toglierci l’autonomia.

Ci penso incontrando Paola Rupilli a Osimo, nel centro della Lega del Filo d’Oro, dove ha scelto di abitare, lontana da casa sua dove risiede ancora la sua mamma. Paola ha 49 anni e da quando era ragazzina vive sulla sedia a rotelle a causa di una tetraparesi che la costringe a richiedere aiuto anche per le più piccole azioni quotidiane come mangiare, lavarsi, vestirsi. Una vita, la sua, in apparenza inerte, se non fosse per una mente lucidissima. E così, anche se con fatica, Paola racconta la sua condizione con un’autoconsapevolezza disarmante. Qui sta la sua dignità, pesante come una pietra, cristallina nelle sue certezze. «A 29 anni due eventi hanno sconvolto la mia vita: la morte del mio papà, con cui avevo uno splendido rapporto perché mi accettava in modo incondizionato, e la perdita della vista a causa di un distacco della retina».

Settimio Benedusi
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Paola passa ore al computer: compone poesie e scrive racconti, con l’aiuto di un sintetizzatore vocale e di una tastiera facilitata, con dei simboli in rilievo accanto a ogni lettera.

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Quando nella stanza del computer ci sono altre persone, Paola appoggia uno schermo nero davanti a quello del computer, per impedire agli altri di leggere quello che sta scrivendo. È molto gelosa della sua privacy.



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Fino a quel momento Paola leggeva e scriveva. Fino all’età delle scuole medie ha anche camminato, con ausili vari. Poi a poco a poco il suo raggio di movimento si è ristretto, è riuscita a fare un corso di informatica ma, dopo, si è man mano ritirata sempre di più in casa. «Avere un mondo dentro e non poterlo esprimere, non poterlo raccontare a nessuno, è una condanna. Abitavo in un piccolo paesino e quando la mamma mi portava fuori con la carrozzina la gente si chiudeva dentro e sbarrava le finestre. È proprio vero che quello che non conosci ti spaventa. Neanche da bambina, per questo, avevo tanti amici: la disabilità allontana. Le persone scappano perché non sanno come comunicare con te. E poi io sono sincera. E con la mia sincerità mi sono fatta tanti nemici».

Come spesso succede, il rapporto tra una persona disabile e il genitore rischia di implodere: il figlio prova rabbia verso chi l’ha fatto nascere così, ma anche amore e dedizione. Da parte sua, la mamma cercava a suo modo di migliorare la situazione: «La mamma mi ha spinta a partecipare alla vita di un’associazione attiva nel mio paese, Corropoli, in provincia di Teramo. A me però non piaceva. E così, un po’ per questo motivo, un po’ perché anche lei non era convinta, non ci sono più andata. Alla fine io, adulta e con una voglia di comunicare enorme, mi sono trovata rinchiusa tra le mura di casa».

Poi per quella magia che ancora oggi funziona – il passaparola -, la mamma di Paola viene a conoscenza della Lega del Filo d’Oro e accompagna la figlia nel centro di Osimo, punto di riferimento nazionale. «All’inizio avevo paura. Il confronto con gli altri, che tanto cercavo prima, mi spaventava. Ma mi sono rimboccata le maniche e ho affrontato le mie difficoltà». Oggi Paola è una degli ospiti del Centro di Riabilitazione. È sbocciata e ha ritrovato fiducia nella vita e negli altri. «Ora mi sento un’altra persona. Non camminerò mai, muoverò le mani in modo sempre poco coordinato ma non importa. Ora posso comunicare: ho scoperto il computer e col sintetizzatore vocale posso leggere e scrivere. Ho una tastiera facilitata e passo più tempo che posso a scrivere: poesie, racconti, email». Paola è anche nella compagnia teatrale della Lega del Filo d’Oro, una meravigliosa occasione per fare amicizie e sperimentare un modo diverso di esprimersi.

Se Paola nella sua condizione non potrà essere autonoma, nella sua scelta di vivere nel centro di Osimo sicuramente esercita il diritto – che è di ogni persona – all’autodeterminazione. Nonostante la sua disabilità, è in grado di decidere per se stessa e dimostra, con l’aiuto della Lega del Filo d’oro, di tendere a un obiettivo di crescita tutto suo, personale, che tenga conto delle sue difficoltà, ma in cui possa respirare il senso di un cammino, un percorso fatto di tanti piccoli passi, tutti importanti. Quei passi che trasformano le nostre esistenze in un’evoluzione continua, ma che spesso in queste storie non sono scontati.

Per saperne di più sulla Lega del Filo d’Oro

La Lega del Filo d’Oro, presente in 8 regioni con Centri Residenziali e Sedi territoriali, dal 1964 assiste e riabilita le persone sordocieche (189.000 in Italia) e con deficit psicosensoriali, cercando di accompagnarle all’autonomia. Quasi il 50 per cento di queste persone ha anche una disabilità motoria, 4 su 10 hanno danni permanenti legati a una disabilità intellettiva. In 7 casi su 10 le persone sordocieche hanno difficoltà ad essere autonome nelle più semplici attività quotidiane come lavarsi, vestirsi, mangiare, uscire da soli. Un “esercito” di invisibili con disabilità plurime di cui spesso s’ignora l’esistenza. Dal 2006 le risorse raccolte grazie al 5×1000 hanno permesso all’associazione di moltiplicare il suo aiuto: i centri sono diventati 5 in tutta Italia, le sedi territoriali 8, le persone assistite quasi 900.

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